Inoltrarsi nel “laboratorio segreto di produzioneâ€, spezzare i 
feticci. Scoprire il mondo sporco e tremendo che sta dietro lo splendore
 della merce esibita sugli scaffali lucenti di un supermercato. E 
scoprire che la fatica bestiale che c’è dietro non è “naturaleâ€, solo 
perché su spalle romene o africane. Il testo di Marco Rovelli per Ghetto
 economy
di Marco Rovelli.
C’è un’arancia sul tavolo. Mi appare come un semplice, elementare 
oggetto che ho acquistato col denaro, in base al suo valore. Ciò di cui 
non mi accorgo, però, è che essa nasconde rapporti sociali tra persone.
Si tratta dunque di inoltrarsi nel “laboratorio segreto di 
produzione†– come scriveva Marx, che di questo sguardo indagatore è 
maestro. Spezzare i feticci, e scoprire il mondo sporco e tremendo che 
sta dietro lo splendore della merce esibita sugli scaffali lucenti di un
 supermercato. Risalire la catena (ovvero: la filiera produttiva), fino a
 conoscere i nomi di chi ha “lavorato†quei prodotti. Capire che il vero
 nome di quell’arancia è un nome africano, magari, o bulgaro. E poi 
arrivare a immaginare, possibilmente, la fatica di quel corpo occultato,
 negletto.
Che poi, negli ultimi anni, quel laboratorio segreto non è più così 
segreto: libri e reportage lo hanno svelato, se n’è fatto scandalo. 
Eppure tutto continua come prima, immutato. Anzi, semmai, le cose 
peggiorano.
La “ghetto economyâ€, come giustamente sintetizza Antonello Mangano, 
prospera. Viene da pensare che quello scandalo sia stato funzionale al 
massimo occultamento: rendere normale questa modalità di produrre. Non 
c’è più niente di cui scandalizzarsi, se tutto avviene alla luce del 
sole. Ci siamo abituati. È normale, se in un settore così labour-intensive
 come l’agricoltura, ci siano uomini e donne sfruttati: nel nostro 
immaginario, essi sono “uomini naturali†come quella natura che essi 
lavorano, uomini che vengono da condizioni di vita primordiali, e la 
loro fatica, in fondo, mica vale la nostra. Del resto siamo in crisi, e 
nella crisi tutto è lecito.
Si tratta allora, come viene fatto in questo libro, di tenere fisso 
lo sguardo su quelle merci. Sulle arance, i pomodori, i mandarini, le 
mele. Continuare a raccontare, per non cedere al loro incantesimo: non 
ci sono cose, cose e nient’altro, ma ci sono persone, che continuamente 
rimuoviamo. Le nostre parole saranno allora come formule anti-magiche, 
per spezzare l’incantesimo, per tornare a vedere, dietro quello schermo 
astratto, la concretezza dei rapporti sociali, la materialità del 
vivere, la carne e il sangue di uomini e donne. E da lì, da questo bagno
 di realtà, ripartire.
IL LIBRO:
Antonello Mangano, Ghetto Economy. Dietro l’etichetta del supermercato,
 terrelibere.org, Roma 2014, Isbn eBook 9786050330090, Isbn cartaceo 
9781502975140, 114 pagine. Prefazione di Marco Rovelli, postfazione di 
Yvan Sagnet, € 4.99.
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Fonte: [url”http://www.terrelibere.org/un-bagno-di-realta/”]http://www.terrelibere.org/un-bagno-di-realta/[/url]
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