Capitalismo Woke: l'impensabile convergenza

Il progressismo contemporaneo, basato su istanze sociali e ambientali, è in sintonia con gli interessi delle multinazionali, che lo usano per migliorare la propria immagine. [G. Masala]

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4 Ottobre 2023 - 23.46


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di Giuseppe Masala.

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In futuro, quando gli storici si interrogheranno sull’assetto economico delle società occidentali, non potranno fare a meno di notare l’esistenza di quella che appare come una “impensabile convergenza” tra il capitalismo rapace contemporaneo delle grandi multinazionali (a patto di credere che sia mai esistito, e possa esistere, un capitalismo non rapace) e il progressismo contemporaneo.

Progressismo contemporaneo, è bene ricordarlo, che ha soppiantato nel sentire comune qualsiasi istanza di giustizia sociale classica e di rivendicazioni di cambiamento radicale della società, quali erano le mille sfumature del marxismo. Un progressismo che nasce dalla riflessione prima della Scuola di Francoforte e poi – a mio avviso – dal costruttivismo e dal post modernismo che vedeva nel pensiero di Foucault e di Deleuze i fari fondamentali. Dunque non più una rivendicazione di cambiamento sociale incentrata su una netta separazione tra capitalisti e proletari di stampo marxista, ma mille istanze e mille rivendicazioni di ordine non solo economico ma anche sociale ed etico, e basate su razza, sesso, genere, ecologismo e via discorrendo fino ad arrivare al fenomeno dell’intersezionalità dove si intersecano – generando mille tribù (o se preferite mille bolle) – diverse istanze, per esempio quelle delle donne di colore dove si intersecano, appunto, femminismo e questioni razziali.

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Una logica questa che i nostri nonni non avrebbero esitato a definire come incentrata sul “cercare il pelo nell’uovo” eppure profondamente efficace nel disinnescare il marxismo classico (questa è la mia interpretazione); e certamente anche una logica che al capitalismo delle grandi multinazionali non poteva dispiacere perché non contestava più lo stato di cose presenti e che, anzi, era particolarmente efficace per imbastire campagne di comunicazione tali da far apparire le multinazionali come degli enti caritatevoli.

A tale proposito pensiamo alla protesta antirazzista del giocatore di Football americano della NFL Colin Kaepernick nella stagione 2016, che scatenò enormi polemiche negli Stati Uniti e che costò il contratto nella NFL allo stesso giocatore ma che ne fece una star della comunicazione quando la Nike lo scelse come testimonial dì una pubblicità con lo slogan “Believe in Something. Even if it means sacrificing everything” [traduzione: “Credi in qualcosa. Anche a costo di sacrificare tutto”].  Nike che apparve come una multinazionale interessata al progresso sociale e dunque a favore della minoranza nera discriminata negli USA ma che in realtà era molto meno interessata contro il lavoro forzato nelle piantagioni di cotone dello Xinijang cinese o al lavoro minorile per la produzione di capi d’abbigliamento in Indonesia e Vietnam.

Insomma una ideologia progressista che ben si coniuga con gli interessi delle grandi multinazionali e che infatti la utilizzano a piene mani per le loro campagne promozionali.

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La star di Fox News (ora giornalista indipendente) Tucker Carlson ha ben sintetizzato la situazione: “Qual è dunque il messaggio? Adesso i ricchi sono molto progressisti e il motivo lo si può comprendere. Adorano l’immigrazione di massa: fornisce loro dei servi. Sostengono lo snobismo imposto dal governo federale, mascherato da ambientalismo. Per loro l’aborto è fondamentalmente un sacramento, soprattutto se praticato nei quartieri poveri” (1)

 Un fenomeno questo ben descritto nell’opera di Carl Rhodes “Capitalismo Woke”, finalmente tradotto in italiano e che individua anche nelle idee *dell’economista americano Howard Bowen sulla responsabilità sociale d’impresa l’origine del Capitalismo Woke*; teoria della responsabilità sociale d’impresa secondo cui l’azienda non è responsabile solo nei confronti degli azionisti e dei dipendenti ma che vi è anche una responsabilità generale verso la società, verso tutte le sue minoranze e verso l’ambiente.

Un’opera dunque molto consigliata anche ai giovani economisti interessati a sporcarsi le mani e dunque interessati a comprendere i fenomeni reali del capitalismo contemporaneo anziché ripetere di continuo le vecchie giaculatorie totalmente sterili che hanno trasformato le scienze economiche in scienze eunuche.

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Un libro che consiglio vivamente!

(1) Carl Rhodes, Capitalismo Woke, Fazi Editore 2023. Cap 7, pag 136.

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Fonte: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-capitalismo_woke_limpensabile_convergenza/47311_51089/

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