Boris Nemtsov: un delitto ancora pieno di ombre

Il Punto di Giulietto Chiesa - Gli inquirenti stanno ricostruendo le trame intorno ai mandanti. Collegamenti tra Yarosh, leader di Settore Destro e altri oscuri soggetti

Boris Nemtsov: un delitto ancora pieno di ombre
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10 Marzo 2015 - 10.35


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Pandora TV – Il punto di Giulietto Chiesa.

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A che punto è l’indagine
sull’assassinio di Boris Nemtsov? Stiamo ai fatti, che sono in movimento. Ad
oggi si può dire che la squadra degli esecutori è stata “individuata” (dagli
inquirenti e dai servizi segreti del Cremlino) e “neutralizzata” (con azione
congiunta di investigatori e anche di qualcuno dei committenti).

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Aslan Alkhanov è stato
trovato morto alla periferia di Mosca fin dalla notte dell’assassinio. Pare non
abbia partecipato direttamente, ma era un anello cruciale. Beslan Shabanov è
morto nel corso del suo arresto a Groznij, Cecenia (e pare fosse l’ufficiale
pagatore). Pare abbia lanciato una bomba a mano, che è esplosa però troppo
vicino a lui.  Arrestato (e ancora vivo)
il probabile esecutore materiale dell’uccisione: Anzor Gubashev, ex poliziotto
ceceno.  Insieme a Zaur Dadaev (anche lui
ex poliziotto) . Anche altri killer della squadra, arrestati, sono ancora vivi.
 Tamerlan Ekserkhanov e Khamsat
Bakhaev,  e altri quattro di cui ancora
non si conoscono i nomi. Gli arresti sono avvenuti nei dintorni di Mosca, in
Ingushetia e in Cecenia.

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Chi ha ideato l’assassinio?
E, subito dopo, chi ha messo insieme la squadra e ha dato l’ordine
dell’esecuzione? Gl’inquirenti russi hanno informazioni di un incontro tra
Aslan Alkhanov e uno dei più stretti collaboratori di Dmitrij Jarosh, capo di
“Settore Destro”. Sanno che l’incontro è avvenuto a Kiev. Sanno il nome
dell’intermediario. Ma non lo dicono. Sanno che il denaro, abbondante, servito
per pagare la squadra degli esecutori, proveniva da uno stato estero. In
particolare gl’inquirenti sanno che il passaggio del denaro è avvenuto
attraverso una delle compagnie private americane che gestiscono il grande
business dei “contractors”, cioè dei mercenari, presenti in numero consistente
sia sul teatro di guerra dei Donbass, sia nei servizi segreti e nell’esercito
ucraino.

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La faccenda rivela competenze
politiche raffinate. Colpisce, e non appare secondaria, la circostanza che la
squadra degli esecutori fosse tutta composta di ceceni. Che, in quanto
cittadini russi ,potevano muoversi senza problemi, con un normale passaporto
russo. Cosa molto utile ai fini della realizzazione del piano. Ma è singolare
che alcuni di costoro facessero parte dell’entourage di Ramzan Kadyrov,
presidente della Repubblica di Cecenia.  Alcuni
siti caucasici, e diversi commentatori anti-Cremlino, puntano in questa
direzione per interpretare l’assassinio di Nemtsov come la prova di uno scontro
interno alla Russia. Così diventa evidente che uno dei compiti dell’operazione
era non solo di far fuori Nemtsov (e provocare l’ondata di accuse
internazionali contro Putin) ma anche di mettere Putin contro Kadyrov.

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Che Ramzan Kadyrov sia stato
il promotore dell’operazione è invece assai improbabile. Le sue prime
dichiarazioni, dopo i primi arresti, sono state di evidente sconcerto e
sorpresa, ma anche di preoccupazione per i sospetti di una sua qualche
responsabilità. La nuvola è stata fulmineamente dissipata da Putin, che ha
concesso a Kadyrov, con ostentazione studiata, un’importante onorificenza di
stato. Dunque un chiarimento tra Kadyrov e Putin è già avvenuto, e sostanzioso.
E non è escluso che sia stato lo stesso Kadyrov a fornire i nomi dei sospetti
annidati nei suoi servizi di sicurezza. Così si spiegherebbero i rapidi arresti
di altri elementi in Cecenia e in Ingushetia.

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Si tratta ore di vedere se
gl’inquirenti di Putin riusciranno a individuare le connessioni di ordine
superiore che si sono create a Kiev: tra “Settore Destro”, la corporation
Vanguard (questo il nome che viene fatto circolare) e il gruppo ceceno. E’ noto
che numerosi ceceni hanno continuato la guerra contro Mosca trasferendosi armi
e bagagli nelle formazioni naziste ucraine. Ed è altrettanto noto che tra le
diverse bande cecene esistono collegamenti trasversali molto complessi, specie
di ordine familiare più che ideologico. Aggiungi grosse somme di denaro in
transito ed ecco stabiliti i collegamenti necessari.
Vale
la pena citare, in proposito, quanto ha detto Sergej Goncharov, presidente
dell’Associazione dei Veterani della squadra antiterrorismo Alfa. “Ogni volta
che ci succede una disgrazia siamo abituati a pensare che siano stati gli
americani. Ma io non posso sospettare solo gli americani. A me colpisce la
storia della ragazza ucraina, rimasta stranamente viva. Solo molto raramente
accade che un assassino lasci  di sé un
testimone vivo. Bisogna dire senza esitazioni che – oltre ai soldi ricevuti,
che hanno certo svolto un ruolo decisivo 
– molti ceceni, e più in generale, molti emigrati
dal Caucaso del nord, combattono adesso contro i russi dalla parte ucraina.
Cioè continuano la guerra cecena, la prima e la seconda.”.

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Certo ben poco si saprà interrogando i sopravvissuti.
E’ perfino possibile che qualcuno di loro, ignorando la complessità del piano,
abbia pensato di lavorare per conto di Kadyrov. Oppure sia stato convinto ad
uccidere un “nemico dell’Islam”. Ma Geidar Gemal, presidente del Comitato
Islamico di Russia, ha stroncato questa interpretazione dichiarando alla Radio
Komsomolskaja Pravda: “Penso che Zaur Dadaev non abbia nemmeno letto ciò che
Nemtsov aveva detto a proposito dell’Islam. A me pare che siamo di fronte a una
versione preventivamente preparata per deviare l’attenzione dell’indagine”.

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L’indagine prosegue, ma non
sarà facile salire la scala delle connessioni. Molti passaggi cruciali sono
avvenuti a Kiev, nel campo di Agramante. E altri ancora si sono giocati ben più
in là di Kiev.

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