PIVOT TO EUROPE. Il Piano che non c'è ma si vede

Staccare l’Europa dalla Russia accerchiata ed isolata: è un piano che le cerchie più alte della geopolitica anglosassone vogliono applicare definitivamente [P.L. Fagan]

PIVOT TO EUROPE. Il Piano che non c'è ma si vede
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30 Novembre 2015 - 05.56


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di Pier Luigi Fagan

“Al fine di assicurare a una
popolazione una fetta sproporzionata di benefici (di crescita e
prosperità) venne fatto ogni sforzo per escludere gli altri, sia
attraverso mezzi legislativi pacifici di monopolio, di regolamentazioni o
divieti, o, se questi mezzi fallivano, attraverso la violenza diretta
”


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(Ammiraglio A. Mahan, The Influence of Sea Power upon Hitory, 1890, pg.1)


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Nell’Ottobre 2011, l’allora Segretario di
Stato americano Hillary Clinton, pubblicava un articolo su Foreign
Policy
dal titolo: “America’s Pacific Century” [1]

L’articolo tratteggiava le linee del riorientamento strategico USA, in direzione dell’Asia. Tale dottrina venne battezzata
“pivot to Asia” ed è comunemente citata come l’asse principale della
geopolitica obamiana. La geopolitica è l’aspetto più importante della
vita degli Stati poiché è l’ambito in cui si determinano i rapporti di
forza tra gli stessi. Ogni Stato è un sistema ed ogni sistema dipende
strutturalmente da una serie di condizioni esterne che ne determinano la
sicurezza, la forza, la salute. 

La parte “politica” di geo-politica,
serve a risolvere i problemi determinati dalla parte “geo”, cioè della
geografia. 

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Ogni stato ha una sua condizione geografica alla quale è
fisicamente vincolato, tale condizione presenta problemi ed opportunità,
la politica serve appunto per minimizzare i problemi e dilatare le
opportunità date dal vincolo geografico. Ne discende che mentre la parte
politica della geopolitica ha una sua variabilità interpretativa, la
parte geo è in un certo senso “fissa”.


La parte fissa, la geo di geopolitica,
vede sin dalla nascita della disciplina, il mondo diviso in due aree:
l’area di terra cioè il continente detto isola-mondo euroasiatico che va
dal Portogallo alla punta estremo orientale siberiana e l’area di mare.
Dell’area di mare fanno parte il Regno Unito da cui provenne uno dei
fondatori della disciplina Halford Mackinder (1861-1947) [2] e gli Stati Uniti d’America da cui provenne sia Nicholas J. Spykman (1893-1943) [3], sia Zbigniew Brzezinski (1955) [4],
entrambi significativi studiosi della disciplina. Tutti e tre, in vario
modo, sostenevano che l’interesse geopolitico fondamentale degli
stati-isola (il Regno Unito prima, gli Stati Uniti poi, al limite anche
il Giappone) fosse quello di evitare si formasse un macrosistema
nell’isola- mondo poiché questo avrebbe relegato i sistemi-isola ad un
ruolo periferico e marginale. 

La dottrina geopolitica di fondo
americana, per quanto attiene alla pertinenza di geo, è quindi sempre
stata quella di evitare il formarsi di questo meta sistema continentale. 

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La dottrina Clinton-Obama del “pivot to Asia” invece, era di pertinenza
della politica ovvero di come praticare oggi la dottrina geopolitica di
fondo. Dacché sorge un problema: se Clinton-Obama hanno parlato solo di
Asia, che ne è dell’altra metà della dottrina fondamentale,
dell’Europa? Dov’è il Pivot to Europe?


Storicamente infatti, gli Stati Uniti si
sono certo occupati del Pacifico, occidentalizzando il nemico giapponese
che avevano appena atomizzato, poi provando a ricavarsi un pied à terre
con la Guerra di Corea (1950-53), poi riprovandoci con la Guerra del
Vietnam (1960-1975), poi portando prima una squadra di ping pong e poi
il Presidente in persona (Nixon 1972)
a Pechino per abbracciare i cinesi di modo che questi non
abbracciassero i russi, poi favorendo la crescita delle Tigri asiatiche e
via di questo passo. 

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Però, questo quadrante geopolitico era solo la
metà della strategia complessiva. L’altra metà, quella atlantica, la
risolsero con l’interdizione al contatto tra Europa ed il resto
dell’isola mondo favoriti dalla presenza di un nemico ideologico, il
comunismo sovietico. Una bella cortina di ferro, fece dormire sonni
tranquilli per più di quaranta anni fino a che, tra l’89 ed il ’91, non
crollò. 

Se guardate un mappamondo dalla verticale del Polo Nord,
noterete facilmente che l’esatto opposto terrestre dell’America del Nord
è la Russia. La Russia è sempre stata il centro del problema degli Stati–isola perché è il centro dell’isola mondo

Se la Russia si
allacciasse all’Asia da una parte ed all’Europa dall’altra, voilà,
comparirebbe l’incubo geopolitico degli isolani: l’Eurasia.


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Dopo l’89, per un po’, gli americani si
illusero di poter pasteggiare con le dilaniate carni dell’Unione
sovietica dalla quale si andavano separando non solo tutti i paesi
dell’ex Patto di Varsavia ma anche una serie di repubbliche dei confini. 

 In Russia sponsorizzarono una oligarchia capitalistico – predatoria
fino a che non arrivò V. Putin (2000). 

Ecco allora che gli americani
corrono subito al riparo e grazie anche al movimento del gigante cinese
che tramite Deng Xiaoping aveva dichiarato che “la miseria non è il
socialismo”, invitano
prontamente i cinesi al WTO (2001). 

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Una Cina integrata nel sistema
della moderna economia di produzione e scambio, era una Cina attratta
dagli USA ed infatti l’import-export tra i due avanzò a ritmi crescenti,
così le delocalizzazioni e così gli investimenti reciproci tra cui la
vendita di ampie porzioni di debito pubblico americano ai cinesi stessi. 

Nel frattempo, poco dopo il crollo della cortina di ferro e la
dissoluzione dell’URSS (1991), gli europei avevano scoperto una afflato
unionista (1992) che certo gli americani videro di buon occhio poiché
ricondotti i singoli ed intemperanti stati europei ad un sistema
interdipendente, sarebbe stato più facile contenere la loro storica
tendenza a far ognuno un po’ come gli pareva. Nel 2004, l’UE assorbe
baltici, polacchi, cechi e slovacchi, sloveni ed ungheresi, nel 2007
arrivano anche bulgari e rumeni, infine i croati. In tre puntate dal ’99
al ’09 con il quarto, quinto e senso allargamento, entrano tutti anche
nella NATO. Sarà un caso ma proprio mentre l’unione politico-economica e
quella militare si allargano per inghiottire l’est Europa affiorato
dallo scioglimento dei ghiacci sovietici, gli euro-occidentali fanno una
unione nell’unione, adottando la moneta unica, l’euro.


Provvidenzialmente, un gruppo di
sofisticati montanari afgano-pakistani, usando come manovalanza un
gruppo di astuti pastori del nord dell’Arabia Saudita, dichiara guerra
agli Stati Uniti (11/9) i quali giustamente accettano di buon grado
recandosi in gran forze in Afghanistan (2001), lo storico perno
centro-meridionale dell’Eurasia, già tomba dell’Unione Sovietica [5]. L’Iraq è lì ad un passo ed infatti seguendo le misteriose tracce degli
imprendibili terroristi ci fanno un salto nel 2003. A dieci anni
dall’11 Settembre, esplode il mondo arabo ed ecco a filotto rovesciarsi
il governo tunisino ed egiziano, la guerra civile poi anche guerra
anglo-francese contro Gheddafi e la Libia, l’inizio della guerra civile
in Siria. Cadono o s’insidiano tutti i governi laici, certo dittatoriali
ma non è che il Medio Oriente preveda altro che non governi
dittatoriali. In verità rivolte ce ne sono in tutto il mondo arabo,
sistematicamente soffocate nel sangue e con gli arresti ma chissà
perché, quelle in Bahrein [6]
o nello Yemen, quelle in Kuwait, Gibuti e Arabia Saudita interessano
poco gli occidentali e così muoiono sul nascere. L’onda lunga arriverà
nel 2013 in Turchia con imponenti manifestazioni ma il paese essendo
NATO è immune da critiche e la copertura mediatica, distratta.
 Evidentemente lì qualcuno ha equivocato. Saputo che c’era un party
aveva deciso di partecipare spontaneamente ma non sapeva che l’ingresso
era riservato, l’operazione “democrazia e modernità nell’islam” era ad
inviti.


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E’ da poco stato deposto Mubarak in
Egitto quando inizia la Guerra civile siriana. Sette mesi dopo viene
ucciso Gheddafi. E’ l’Ottobre 2011, il mese in cui esce FP con
l’articolo della Clinton. Gli Stati Uniti d’America, nel bel mezzo del
più grande ed importante rimescolamento politico e quindi geopolitico
del mondo arabo-mediorientale a cui si sono dedicati per decenni ,
annunciano che la loro dottrina di orientamento geopolitico se ne frega
assai di questo mondo perché guarda all’Oriente. Resa figurata, la scena
sarebbe quella per cui il poliziotto di quartiere, proprio nel momento
in cui inizia una hobbesiana rissa tra gang rivali, si volta dall’altra
parte magneticamente rapito dalla gracchiante voce alla radio che gli
ordina di recarsi urgentemente in un altro quartiere in cui per altro
non sta succedendo assolutamente nulla.


Gli Stati Uniti, sembrano rinunciare al
decisivo fronte della loro storica dottrina geopolitica che deve isolare
le terre di mezzo da quelle occidentali per dedicarsi armi e bagagli a
quelle orientali. In verità succede ben poco a seguito di questo tanto
declamato riorientamento. Qualche soldato in più e qualche palazzina
riverniciata nella base australiana Darwin, la tessitura di un trattato
commerciale (Tpp) che include stati (11 + USA) che s’affacciano sul
Pacifico col fine di sottrarli all’interrelazione economica con la Cina.
Qualche viaggio della speranza del presidente che sfoggiando sorrisi e
camicette colorate d’Oriente, stringe mani, fa promesse e richieste di
amicizia.


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Il progetto di gasdotto South Stream


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Nel mentre, nell’Agosto 2013, c’è un
proditorio attacco chimico a Damasco, Obama sta per far decollare i
bombardieri per punire il sospetto presidente siriano quando Putin fa
sapere che non è cosa. 

Il Febbraio successivo (2014) gli abitanti di
Kiev che volevano ardentemente diventare europei cacciano il presidente
Janucovyc che invece era fedele alla Russia. Il mese dopo, a Marzo 2014,
la penisola della Crimea secessiona dall’Ucraina in base ad un
referendum e viene annessa alla Federazione russa. Sanzioni! La Russia
sta tornando ad una verve imperiale? Tre mesi dopo, a Giugno 2014, una
organizzazione derivata dall’arcipelago al Qa”ida in Iraq che si era
chiamata Stato Islamico dell’Iraq e che poi si era infilata in Siria
conquistandone una parte in cui aveva fatto sua capitale Raqqa,
cambiando nome in Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (o del Levante,
insomma l’Isis), proclama il califfato. 

Sebbene il califfato fosse
stato l’unica forma politica di governo lungo tutta la storia dei
musulmani, dal 632 al 1924, si fecero tutti delle gran risate.  

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Un mese
dopo il divertente califfato siro-iracheno, qualcuno butta giù un ignaro
aeroplano malese che ha la sventura di sorvolare il confine russo –
ucraino, lì dove alcuni ribelli russofoni-ucrainici armati, vorrebbero
seguire la Crimea in Russia. Tra le risate califfali ed i pianti per i
bambini olandesi morti nello schianto del volo malese, Barroso scrive
alla Bulgaria dicendogli che l’accordo per il passaggio del nuovo
gasdotto russo South stream, contravviene le regole concorrenziali di
Bruxelles [7] e nun se po’ fà.  Accidenti.


L’Europa, in seguito ai fatti ucraini, ha
già elevato sanzioni contro la Russia. Improvvisamente tutte le tele di
interscambio energia vs tecnologia che si erano tessute tra banche ed
imprese tedesche, francesi, italiane ed i russi, vengono tagliate di
netto. Il gasdotto bulgaro, il South Stream che doveva esser fatto da
ENI e Gazprom e che sarebbe stato una alternativa a quello che passa per
l’Ucraina ed a quello che passa nel Baltico ed arriva in Germania, non
si farà più. Siamo a Dicembre di un anno in cui prima è scoppiata la
rivoluzione colorata ucraina, poi è secessionata la Crimea, poi è
iniziata la guerra del Donbass ed è caduto l’aereo, poi si è presentato
uno sconosciuto col Rolex che dichiara di essere il “califfo”, poi è
saltato il South Stream così che infine, dopo aver perso i contatti con
l’Europa, aver ricevuto le sanzioni, esser stato minacciato di
espulsione dal circuito interbancario SWIFT, dopo aver perso due
portaerei che gli dovevano consegnare i francesi già belle e pronte con
tutti i comandi in cirillico, dopo aver capito che il gas all’Europa mai
più sarebbe passato per l’Ucraina e la Bulgaria, Putin annuncia con
Erdogan il Turkish stream, l’ultima possibilità di rimanere attaccato
all’ovest dell’Eurasia, l’Europa.


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I paesi della NATO


Scopriamo così piano piano che, senza
alcun piano pregresso, senza alcun articolo di annuncio strategico, nel
totale disinteresse americano tutto concentrato verso Oriente o meglio
tutto concentrato a far sapere che è concentrato verso Oriente, prima si
è portato tutto il Patto di Varsavia nella UE e nella NATO, poi
provvidenzialmente, l’avamposto ucraino è saltato dalla nostra parte, è
iniziata una guerra fredda con la Russia, il gasdotto alternativo
bulgaro è saltato ed a Putin non è rimasto altro che affidarsi ad
Erdogan. 

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Erdogan però è un birichino, è un paese NATO e aspira ad
entrare nell’UE sponsorizzato prima dai francesi poi da i tedeschi che
Erdogan ricatta aprendo e chiudendo flussi di disgraziati che scappano
dalla Siria immortalando qualche povero bambino morto sulla spiaggia di
modo che i cuori teneri europei allarghino le frontiere cantando l’Inno
alla Gioia mentre piangono e si sentono buoni  ma nel frattempo è
inciampato in una elezione in cui ha perso la maggioranza assoluta in
favore di un partito curdo e così non può incoronarsi sultano. Già
perché il segreto sogno del turco è farsi sultano che poi sarebbe un
califfo versione ottomana [8].
Per fortuna, rifà le elezioni e questa volta le vince. Certo rimangono i
curdi sia in parlamento che nella società civile che oltre i bordi
confinari, soprattutto quelli siriani ma ecco che un bel giorno,
l’aspirante sultano, spara un bel missile su un jet russo buttandolo
giù. E’ impazzito? Ma come, neanche un anno fa firma le carte per il
Turkish Stream, firma contratti per 44 miliardi  di interscambio con i
russi subentrando a gli europei paralizzati dalle sanzioni ed ora si
volta alle spalle dell’orso moscovita e lo pugnala alle spalle sapendo
che anche gli orsi, nel loro piccolo, s’incazzano? Perché?


Per
rispondere dobbiamo tornare al mondo arabo-mediorientale. 

Qui la storia
susseguente le primavere arabe vede un protagonista assoluto, nuovo di
zecca: l’Isis. 

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Nato in sordina, ingaggiato nella guerra irachena poi
guerra sciiti-sunniti iracheni, poi allargatosi alla Siria, poi
allargatosi al nord Africa, alla Nigeria, al Mali, alla Somalia, alla
Cecenia, al Pakistan e forse anche oltre, inclusi gli uiguri cinesi, gli
islamisti del califfo, occupano un territorio in proprio che ci tengono
a far sapere che è grande come la Gran Bretagna sebbene sei volte meno
popoloso e per lo più fatto di sabbia.


Più di mezzo Iraq e di mezza Siria ormai è
in loro mani. 

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La Libia è balcanizzata, l’Egitto è fuori gioco essendo
stato messo nelle mani di un generale che sopravvive grazie ai
finanziamenti degli emirati, emirati e sauditi che furono i primi a
bombardare la Libia di Gheddafi,
emirati e sauditi che ormai tutti sanno essere i finanziatori e gli
strateghi dell’Isis, sauditi ed emirati che bombardano anche lo Yemen.

Poi c’è il Qatar che finanzia altre formazioni che assieme all’Isis
balcanizzano la Siria e che avrebbe un programmino che prevede un
gasdotto che arriverebbe in Turchia, Turchia che è anche sponsor
logistico dell’Isis poiché tra sultano e califfo ci s’intende. Assad,
pressato dai russi non firma l’accordo per il gasdotto qatariota ma
accetta un concorrente che origina dall’Iran (il gasdotto sciita Iran
sciita-Iraq sciita-Siria alawita cioè sciita).


Dopo che l’Isis ha finalmente bucato la
nostra disattenzione venendoci a mitragliare nei boulevard parigini
chiamando mezza Europa a bombardarli visto che i russi sembravano troppo
timidi, tutto l’Occidente in preda ad una ansia paranoide, si domanda
che fare? Ecco allora che qui e là sulla stampa che conta [9],
escono fuori cartine colorate risolvi-Isis. La ricetta è omeopatica:
per battere lo stato islamico, bisogna fare un bello stato islamico! Poi
anche uno curdo, uno alawita, uno sciita iracheno, l’importante è
dividere et … ! Oh, finalmente idee
nuove ? Non proprio perché queste cartine e le sottostanti idee,
risalgono a molti, molti anni fa. 

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Si potrebbe partire addirittura dal
Ynon plan [10]
sionista nel 1982 ma basterebbe anche un più solido progettino redatto
da Richard Perle per Bibi Nethanyahu nel 1996 (ma Perle chi? quello che
aveva presentato un sobrio piano fantasies in geopolitic all’Università
di Gerusalemme nel 1999 in cui sosteneva che per abbattere Saddam. che
finanziava i palestinesi, si sarebbe dovuto attaccare gli Stati Uniti
a casa loro e poi dargli la colpa perché altrimenti gli americani non si
sarebbero mai mossi? il capo del Defense Policy Board Adivisory
Committee sotto l’amministrazione Bush dal 2001? il membro di punta del
PNAC, del Jewish Institute for National Security Affairs, dell’American
Enterprise Institute e dell’Hudson Institute e dello Steering Committee
del Bilderberg Group? già sì, proprio lui…) [11].

Oppure, ci si potrebbe riferire ai piani del 1997 proprio di quel
Zbigniew Brzezinski che abbiamo incontrato all’inizio di questo articolo
nell’elenco dei geopolitici con la paranoia euroasiatica. Oppure
capire  cosa volesse intendere Condoleezza Rice quando nel 2006 coniò il
termine “Nuovo Medio Oriente”, un’altra fulminata dalla paranoia
euroasiatica visto che si specializzò in geopolitica del Centro Asia. 

Tutta la genealogia di questa idea che ha altre puntate, la trovate in
un come al solito molto ben informato e serio articolo di M.G. Bruzzone [12] .

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Ma torniamo alla nostra strada
principale. Sembrerebbe legittimo pensare che poiché la geo di
geopolitica è sempre quella, le strategie ad essa relative siano
costanti nel tempo. La strategia dell’isola americana è sempre la stessa
da quando si è cominciato a ragionare di questi fatti: isolare il
centro dell’Eurasia di modo che il Centro Asia (Russia) non si connetta
all’Asia ma soprattutto all’Europa. La politica di geopolitica è variata
a seconda
delle amministrazioni. Quella Obama ha pubblicizzato un segno forte
rivolto alla Cina e concretizzatosi poi finalmente in vari modi. Si va
dal TTP (firmato quest’anno), alle manovre del RIMPAC, la più grande
esercitazione navale del mondo che si tiene ogni due anni nel Pacifico,
dal superamento della costituzione pacifista imposta da Mc Arthur al
Giappone che ora procede all’intenso riarmo, a nuovi allerta confinari
tra le due Coree, alle contese isole sino-nipponiche Diaoyu-Senkaku, a
quelle più a sud dove ogni tanto s’affacciano navi americane che
sbirciano i lavori in corso sugli atolli che i cinesi rivendicano a sé, i
vari accordi con Vietnam, India, Malaysia, Filippine, i piagnistei sul
Tibet, i crolli di Shanghai, le primavere di Hong Kong, i cyber
attacchi, lo yuan tenuto in castigo all’IMF ed un bel po’ d’altro,
insomma il pivot to Asia.


Ma oltre al fascicolo pubblico sull’Asia,
ce n’era forse un altro perché non c’è strategia euroasiatica che non
si occupi anche e soprattutto dell’Europa. Ecco allora l’Ucraina, lo
scendere sempre più a Sud dell’ultima pipeline che tiene attaccata la
Russia al grosso dell’Europa, fino al Turkish stream del sultano
Erdogan. Ma ecco che Erdogan fa uno sgarbo ai russi e taglia
implicitamente anche l’ultima pipeline rimasta. Rimangono due problemi:
1) dove prenderà l’energia l’Europa se non dalla Russia? Cosa dare in
cambio al sultano Erdogan per il suo sacrificio tenuto conto che nel
frattempo avendo elettrizzato il nazionalismo turco eccitato dalle
sanzioni russe, Erdogan può finalmente spazzar via i curdi di ogni
ordine e grado dalla terra anatolica preparandosi al suo nuovo ruolo di
capo dei sunniti turchici?


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La prima domanda ha risposta semplice, l’Europa prenderà l’energia, petrolio o gas, dalle monarchie del Golfo [13]

Le monarchie del Golfo ormai egemonizzano tutto il Medio Oriente
sunnita, tengono in scacco l’Egitto e la Libia, possono disturbare
ovunque e chiunque nell’Islam del dar-al-Islam e della diaspora, avendo
raggiunto il quasi pieno controllo dell’islamismo sunnita, tanto quello
armato. quanto quello teologico-giuridico. Le monarchie del Golfo sono
benevole perché reinvestono
parte dei profitti energetici ritornandoli riconoscenti a gli USA sotto
forma di acquisto armamenti (l’Arabia Saudita è il primo importatore di
armi al mondo
, fonte SIPRI), all’Europa di cui stanno comprando interi
quartieri, pacchetti azionari, linee aeree e molto altro che fa gola ai
loro fondi sovrani, all’Islam stesso in cui ormai hanno il monopolio di
costruzione e gestione tanto delle scuole coraniche quanto delle
moschee. 

Così come stanno facendo in Egitto, sono poi pronte ad
accollarsi buona parte degli oneri di ricostruzione di tutto ciò che
primavere, rivoluzioni, guerriglia e Stato Islamico hanno distrutto,
puro Schumpeter [14]

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Una volta che l’Europa non avrà interdipendenza con la Russia, la Russia verrà cucinata con la continuazione del Primo Conflitto Globale (ampliato
a tutto il mondo, ampliato all’economia, alla finanza, al terrorismo e
migrazioni, a guerre fredde-tepide-calde, a rovesciare regimi etc.) che è
esattamente ciò che stiamo vivendo. Manca ancora la Germania ma dopo VW
e Deutsche bank, le intercettazioni alla Merkel e qualche altro
giochino prossimamente su i vostri schermi, vedrete che anche i tedeschi
rinunceranno al North Stream e se non lo faranno rimarranno al freddo
quando inizierà la prossima crisi annunciata: la Grande Crisi Baltica.
Per tutti, un bel TTIP per scambiare merci e denaro tra noi occidentali
tutti votati al gioco delle plusvalenze di borsa racchiuse in bolle
alimentate da generosi QE e diretti dai cani pastore del rating.


La seconda domanda viene incontro alla
soluzione della prima. L’Isis verrà infine normalizzato, si farà uno
stato sunnita siriano light-islamico in cui correrà il gasdotto
qatariota che arriverà in Turchia e sarà uno dei bocchettoni a cui si
attaccheranno gli europei, soprattutto orientali. Questo stato sarà in
orbita Erdogan che potrà scaldarsi con energia sunnita e padroneggiare
le sue nuove terre concedendo forse a gli americani di
realizzare il famoso Stato curdo in cui, a quel punto, potrà espellere
con le buone ma più probabilmente con le cattive, tutti gli indesiderati
curdi turchi. Si farà poi uno stato sunnita iracheno che rimarrà in
orbita arabo saudita felice di poter mettere uno spazio ulteriore tra sé
e gli sciiti. Il generoso Erdogan che gli europei hanno disdegnato
potrà anche riprendersi un po’ di profughi. Tutti gli occidentali ora
accorrenti al –bombarda anche tu il tuo Isis– avranno di che
ricostruire. Non è detto che una improvvisamente violenta guerriglia nel
Sinai prima di mandare i tagliagole da altri parti, non sottragga la
penisola all’Egitto (in cui al-Sisi è in prossima scadenza) permettendo
così il passaggio di un secondo bocchettone questa volta saudi-emirates
rivolto a gli europei occidentali. 

Il poco più del 4% della popolazione mondiale potrà continuare a beneficiare del 22% del Pil mondiale…

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Il pivot to Europe, il
piano che non c’è ma si vede, ovvero staccare l’Europa dalla Russia
accerchiata ed isolata, sarà così definitivamente implementato. Missili
nel nuovo Kurdistan, nel Caucaso turco, in Georgia, in Ucraina, in
Polonia, nelle repubbliche baltiche terranno occupati russi ed iraniani.
Ai cinesi abbiamo già pensato e possiamo poi mandargli anche un po’ di
uiguri affamati di martirio nonché mandare qualche tagliagole ad
islamizzare le repubbliche centro asiatiche alleate della Russia in cui i
cinesi sognano di far passare le loro Vie della Seta (quella di mare
sarà ben difficile espletarla tra i conflitti nel Mar della Cina, il
controllo di Aden e Gibuti conseguenti la soppressione degli houti e
l’installazione di un governo sunnita saudi-friends) e quindi eccovi
servito, ricco ed invitante il famoso “Nuovo Secolo Americano”. Il poco
più del 4% della popolazione mondiale potrà continuare a beneficiare del
22% del Pil mondiale. 

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Anche questa volta, l’Eurasia non si farà.
 Enjoy?


= = = = = = = = = =


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[L’ARTICOLO SEGUE QUESTA PRIMA PUNTATA]

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NOTE

[2] Geographical Pivot of History (1904)

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[3]
“Chi controlla il rimland (rim=orlo, rimland le terre sull’orlo del
bordo euroasiatico) controlla l’Eurasia; chi domina l’Eurasia controlla i
destini del mondo” (N.J.Spykman, The Geography of Peace, Harcourt, Brace and Company, New York, 1944)

[4] http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49182 . L’opera citata è The Great Chessboard 1998 (c’è anche in italiano ma è difficile da trovare)

[5]
L’Afghanistan è un’altra delle grandi invenzioni dei geografi politici
inglesi. Impegnati in quel lungo braccio di ferro geopolitico coi russi
che venne chiamato “il Grande Gioco”, dopo aver tentato inutilmente nel
1839 e nel 1878 di impossessarsi di quelle terre, anche per impedire ai
russi di possedere il centro dell’Eurasia, stabilirono i confini del
nuovo soggetto nel 1893, separando con la linea Durand (l’attuale
confine afghano-pakistano) le tribù pashtun. Dal 1839 ad oggi, inglesi,
russi, sovietici, americani hanno fatto le loro mosse su questo pezzo di
scacchiera, ennesima dimostrazione che la geo di geopolitica non è
sensibile al tempo.

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[6]
Monarchia sunnita che governa su maggioranza sciita. Sede della V
flotta USA. Per sedare la rivolta, l’Arabia Saudita manda il suo
esercito.

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[9]
Foreign Affairs, la Stampa (a firma Molinari qualche giorno prima che
ne diventasse, inaspettatamente direttore) Corriere della Sera, New York
Times. Trovate tutti i link in fondo la paragrafo. Poiché è improbabile
che tutta la stampa si sia volta sincronicamente verso le stesse fonti,
si deve ipotizzare un “lancio stampa” sincronico da unica fonte?
“Shaping the opinion” si chiama, dar forma alle opinioni.

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[14]
Economista famoso, tra l’altro, per aver capito che il capitalismo si
vivifica con cicli di distruzione che permettono nuova creazione. La
versione micro è l’obsolescenza programmata.

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