Europa. Essere o non essere?

Europa Unita? L’incredibile sproporzione tra una idea-progetto così ambiziosa e complessa e la sfilacciata improvvisazione di parzialità con cui è stata pensata [Pierluigi Fagan]

Europa. Essere o non essere?
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22 Maggio 2019 - 20.26


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di Pierluigi Fagan.

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Stamane leggevo l’appello al voto de la Sinistra, contro le destre “nazionaliste, xenofobe, razziste, sessiste” che rischiano di minare il “sogno europeo” non meno di quanto già starebbe facendo la piega (piaga?) neoliberista.
“Sogno europeo” è definito in rapporto ad una presunta paternità dell’idea da parte degli “antifascisti di Ventotene fin dal lontano 1941”. Quel “fin dal lontano” mi ricorda molto alcune etichette di marche o negozi inglesi “since …” dove la longevità del tempo fa garanzia di serietà.
Allora, visto che siamo alla convocazione degli antenati, perché non il conte Kalergi il cui piano PanEuropa viene adesso radiografato a puntate dal da poco nato Osservatorio della Globalizzazione? Kelergi è addirittura “since 1922”. O perché non l’archeologia dei concetti fatta da Federico Chabod nel 1961 con il suo “Storia dell’idea di Europa” (Laterza)? Ma poi Kant ha mai davvero immaginato e scritto di una Europa unita, cosmopolita e pacificata? E l’Abbé de Saint-Pierre (1658-1743)? E cosa intendeva Victor Hugo proponendo la fatidica analogia degli “Stati Uniti d’Europa” e in che senso e contesto usò tale espressione Churchill? Cattaneo e Bakunin cosa intendevano con l’idea di Europa Unita? Einaudi che sembra l’unico che davvero s’era letto Kant (volete la pace in Europa? Facile, mettete in comune gli eserciti e così non avrete lo strumento per farvi guerra né tra voi, -né contro terzi visti che sarà molto improbabile vi metterete d’accordo per una intenzione comune in politica estera-) come si colloca? Aristide Briand davvero riprendeva l’idea di Kalergi e quale era l’influenza americana in tale progetto? E perché i francesi in particolare si fanno politicamente attori primi di vari tentativi di realizzazione dell’idea? E citare alla rinfusa tutti questi nobili padri è mimare la tecnica pubblicitaria del testimonial a prescindere da chi davvero ha detto cosa, rispetto a che?
 
Questa idea, l’idea di Europa Unita, ha quattro piloni da osservare per raccapezzarsi dentro questa matassa di idee a-sistematiche alla base di un progetto che -in pratica- sarebbe la costruzione a freddo del più grande sistema socio-storico-cultural-politico della Storia umana. A dire che la prima osservazione da fare è proprio l’incredibile sproporzione tra una idea-progetto così ambiziosa e complessa e la sfilacciata improvvisazione di parzialità con cui è stata pensata (forse, a parte il Kalergi che pare l’unico ad aver messo per scritto qualcosa di più che non una invocazione vaga). 
 
Il primo pilone muove dall’interno. Preso atto che la geo-storia europea è un interrotto fiume di sangue, sintomo di una indomabile competizione tra le parti, alcuni hanno giustamente pensato a come superare questo stato di cose foriero di sofferenze e drammi inumani. Potevano seguire il pratico Kant ed unire le forze armate ma al furore ideologico le idee pratiche non servono. Altri sono invece partiti dalla loro volontà di potenza (da Carlo Magno ad Hitler passando per Napoleone ovvero un franco-tedesco, un tedesco ed un franco) per unificare con la spada sottomettendo i competitor e realizzando un Impero infine pacificato, ovviamente con loro al comando. Messe nello stesso punto, si noti che comunque la seconda via è in contraddizione con la prima.
 
Il secondo pilone muove dal rapporto con l’esterno. Sin dai primi Novecento, alcuni (tra cui il bistrattato Kalergi) europei notano che Europa era destinata a non esser più il centro del mondo. A Pil nominale, il nuovo leader erano già gli Stati Uniti d’America, preoccupava la Russia diventata Unione Sovietica, ma preoccupava i più lungimiranti anche il Giappone ed il futuro dell’Asia. Oggi diremo Cina o India o Islam, insomma nel mentre gli europei continuavano la loro interminabile coazione al conflitto interno, Europa tutta rischiava di finire con l’esser vaso di coccio tra vasi di ferro. Questo prima della Seconda Guerra. Dopo, la profezia si è auto-avverata. 
 
Si ricordi che lo Stato in Europa nacque nel XVI secolo come risultante di queste duplici considerazioni tra la frammentazione interna ed il nemico esterno, in quel di una Francia dilaniata dalla Guerra dei Cent’Anni. 
 
Il terzo pilone muove dando per scontata sia la necessità, sia la realizzabilità dell’idea e disputa la sua configurazione. Ecco allora una Europa comunista (forse Trotsky) o cristiana (vari tra cui lo stesso Kalergi) o tedesca (Hitler) o democratica per quanto elitista (Spinelli) o neoliberale (vari) o junior partner della coalizione occidentale (anglo-americani) o equa e solidale o ecologista o post-nazionale. Per non parlare di quella piana nebbiosa in cui vagano i fantasmi di “federazione” e “confederazione” invocati per lo più a sproposito. Tutti queste idee sono singole frasi estrapolate qui e lì, nessuna ha uno straccio di testo che ne analizzi la consistenza. Solo quella neo-liberale, che infatti non ha niente a che vedere col “sogno europeo”, ha il suo blue-print. Sul piano logico, si dovrebbe partire dai primi due punti prima di discutere il carattere della cosa, ma alla rissosità idealista europea piace più andare direttamente ad usare i colori prima di imparare a disegnare. 
 
Il quarto pilone infine è ovviamente l’unico che non ha avuto seri frequentatori. Stabilito qualcosa sui punti 1,2,3 si dovrebbe procedere all’analisi di realizzabilità. Unire chi? Latini e germano-scandinavi, slavi ed anglosassoni, cristiani o ortodossi e protestanti, popoli con longeva antropologia storica assai eterogenea, con capitalismi strutturalmente differenti così come i sistemi giuridici e fiscali, con 24 lingue solo nella UE, con sistemi ed abitudini educative assai diverse, con interessi geopolitici che vanno dall’Africa e Medio oriente cioè Mediterraneo, alla paranoia anti-russa, alla prossima guerra per lo sfruttamento del Polo Nord? Partendo da Stati con 81 milioni di abitanti (Germania) ai 400.000 di Malta? Cioè nell’ipotetico parlamento degli SUd’E, i maltesi manderanno un deputato ed i tedeschi 202? Siamo sicuri che i maltesi si sentiranno a loro agio in tale euro-democrazia? O lo saranno i tedeschi quando l’ovvia maggioranza di Paesi non del Nord Europa voteranno la riforma dei Trattati con relativa modifica dell’impostazione monetaria? O dove gli olandesi con PIlPPP-pro capite di 56.000 US$, dovrebbero devolvere ricchezza ai bulgari che hanno esattamente la metà (23.000 US$)? 
 
La mia impressione è che per non sporcarsi le mani con la fanghiglia concreta del punto 4, molti si rifugiano nel gioco “facciamo finta che” che porta a dilatare i pronunciamenti sul punto 3, citando per dovere il punto 1. Altri, irritati dalla retorica falso-coscienziale di ottime intenzioni ma pessime pratiche, vorranno non fare i conti col punto 2 e resusciteranno la resistenza del fortino “nazionale”, manco si fosse nel XVI secolo. 
 
Insomma, mi sa che i popoli europei sono nel mezzo di una profonda crisi esistenziale la cui cura non potrà però prescindere da una onesta analisi di tutti e quattro i punti citati. Intanto, domenica, alcuni andranno a votare non tanto per dire a favore di cosa sono, ma contro chi. Quando non si sa dire cosa essere, aiuta quantomeno dichiarare forte il proprio non essere?

 

[Nella foto l’immagine del satellite gioviano Europa, un mondo liscio ed elegantemente sferico visto da lontano, con lame di ghiaccio alte 15 metri se visto da vicino]

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Fonte: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10217858309864997&set=a.1148876517679&type=3&theater.

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