Disperato quel popolo che non ha cittadini e politici ma soltanto eroi

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8 Ottobre 2009 - 08.22


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di Riccardo Orioles – «U Cuntu» n. 53/2009.

 

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Una tragedia da terzo mondo in Sicilia. Non è la prima. E ci sono tutte le condizioni (per esempio a Letojanni) perché non sia l”ultima. Eppure nessuno interviene. E se qualcuno denuncia non viene ascoltato. Perché in Sicilia i politici sono così irresponsabili, e il popolo così disattento? E” Bangladesh o è Italia? E di chi è la colpa?

 

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Non c”è molto da dire. Ha piovuto, tutto qua. Nel Bangladesh quando piove più di tanto è una tragedia. Anche qui, in Europa. Almeno nel nostro pezzo d”Europa. “La colpa è dei politici”: certamente. A Messina c”è stato un centrosinistra e un centrodestra, entrambi (per ragioni locali) padronali.

 

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Non sembra che nessuno dei due abbia pensato – prima – a Giampilieri o in generale a cosa può succedere alle borgate. Adesso pateticamente si discolpano; alcuni, forse parecchi, in buona fede. Chiedono, in buona fede, funerali di Stato. Saranno eletti di nuovo, alle prossime elezioni.

 

E questo, qui in Bangladesh, è abbastanza normale. I politici sono notabili che rappresentano semplicemente i più ricchi del paese, imprenditori e costruttori.

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L”elettorato, del resto, non ha le risorse culturali necessarie a controllarli. Non perché sia analfabeta; al contrario: perché è fin troppo acculturato. “Politici? Tutti uguali”. “Io? E io che c”entro, che ci posso fare?”. “A mia m”interessa ”u travagghiu ppi mme figghiu e basta”.

 

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Il Bangladesh dei politici alimenta il Bangladesh culturale. Entrambi, prima o poi, producono il Bangladesh fisico, quello che i popoli fortunati guardano alla tivvù. Noi siciliani di solito siamo dal lato sbagliato del televisore, quello delle vittime da intervistare in tono commosso. In gran parte, per libera scelta nostra.

 

Non abbiamo politici in Sicilia, e forse non abbiamo neanche elettori. Invero abbiamo eroi, questo sì: i Falcone, i Borsellino, i Fava, i Pio La Torre; e oggi i Simone Neri, il giovane che spontaneamente s”è gettato a salvare sei, sette vittime – e all”ottava non è riuscito più a tornare indietro ed è morto. Non è mai mancato il coraggio, in Sicilia.

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Ma sarebbe meglio se Simone fosse ancora vivo, se non avesse mai avuto occasione di misurarsi con una tragedia così disperata, da tempo di guerra. Sarebbe bastato poco. Ma quel poco, qui in Sicilia, non è stato fatto. Così tocca a Simone, e agli altri come lui.

 

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* * *

 

Sarà la magistratura, speriamo, a dire le responsabilità dei politici, che sono individuali, anche se infine riflettono l”intero sistema; e degli amministratori, dei funzionari, delle varie categorie della società che avrebbero dovuto intervenire e non l”hanno fatto.

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Ma una categoria ci sentiamo, moralmente, di condannare anche subito senza aspettare nessuno: quella dei nostri colleghi giornalisti dell”unico e ricco quotidiano locale, la Gazzetta del Sud. Perché non hanno scritto? Non dopo, con la commozione; ma prima, freddamente, da giornalisti.

 

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Dare l”allarme in tempo, era loro dovere; giornalisti minuscoli (quelli di Tempostretto, di Terrelibere, della rete No Ponte) l”hanno pur fatto. Eppure, se a Messina incontraste un giornalista di Tempostretto o un “politico” dei No Ponte, lo guardereste dall”alto in basso, con degnazione.

 

Davanti a un caposervizio della Gazzetta o a un segretario di Forza Italia o dei Ds o di An, invece, v”inchinereste umilmente e con gran rispetto, pronti a applaudire e a votare senza esitare un momento.

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Ci sono, a Messina e altrove, giornalisti e “politici” che sono degni di stima, di essere ascoltati. Il loro dovere, di fronte a Simone e a tutti gli altri morti di Giampilieri, è di non scoraggiarsi mai, di essere coerenti, di stare il più possibile uniti; e di non disprezzare mai neanche per un istante il popolo che hanno scelto di servire. Quel popolo un giorno, forse, si sveglierà.

 

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Ma fino a quel momento tocca a loro e soltanto a loro tenere botta, ai pochi, ai consapevoli, ai liberi cittadini.

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