Un eroismo "banale", la forza di Rosa Parks

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26 Maggio 2010 - 22.36


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“Stand up for your rights!”

di Dafni Ruscetta.

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Non è consuetudine ormai, in Italia, assistere a episodi di solidarietà umana, o anche soltanto a comportamenti di reciproca comprensione in scene di vita quotidiana, specie nei grandi centri urbani. D”altra parte ammalarsi e, per questo, sentirsi esclusi dalla vita sociale pare ormai cosa ordinaria, se per ordinaria intendiamo accettata dalla maggior parte di chi partecipa alle relazioni sociali.

 

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Nonostante l”evidente incapacità delle élite al potere di gestire il paese, esistono dei residui di sensibilità democratica, di senso civico e umanità. Ma, al contempo, sono presenti realtà sempre più preoccupanti, esempi di individualismo egoistico e di totale mancanza di elaborazione personale. Esempi che, spesso, evidenziano una grande sofferenza morale, di valori e di buon senso comune che il nostro paese sta attraversando da alcuni anni.

In una siffatta atmosfera di generale decadenza sociale e individuale non ci sorprende la notizia, ad esempio, che la politica – specchio della cultura di un intero paese e non solo della sua élite al potere – continui a dedicarsi all””autoreferenzialità legislativa” attraverso il tentativo di garantire un vitalizio non più soltanto ai parlamentari, ma a tutti coloro che svolgono – o hanno svolto – attività politica a qualsiasi livello (comunale, provinciale, regionale etc.). Inoltre, la cosa che sorprende di più – ma non troppo a dire il vero – di questo esempio è che la proposta sia giunta proprio da alcuni parlamentari di quella parte politica, il Partito Democratico, che con retoriche e slogan ormai noti persiste nel denunciare i vizi evidenti del berlusconismo.

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Nei giorni scorsi, ancora una volta, ho avuto la sensazione che la decisione di tornare a vivere nel contesto nazionale – dopo un lungo soggiorno danese – con l”intenzione di contribuire a cambiarlo anche attraverso le banali azioni quotidiane, sia stata forse una scelta azzardata, benché coraggiosa e carica di speranza. Questo rinnovato pessimismo nasce dall”ennesimo episodio degradante di cui sono stato indirettamente testimone e che qui riporto.

La commovente vicenda in questione è accaduta solo qualche giorno fa in un ufficio postale in pieno centro a Cagliari. E” Francesca a raccontarmela, una giovane cagliaritana di 34 anni, la vera protagonista di questa storia. E” venerdì mattina, 14 maggio, sono le 9.40. Si fa la fila per consegnare pacchi e lettere, un uomo sulla quarantina, che chiameremo Andrea, entra e si siede per attendere il suo turno allo sportello numero 14, che apre alle 10. Dopo qualche minuto Francesca osserva il giovane uomo e si rende conto che è in difficoltà, gli tremano le mani ed è molto sudato, probabilmente affetto da morbo di Parkinson. La ragazza, preoccupata, si avvicina ad uno sportello qualunque e invita l”impiegata a servire il giovane, anche se l”orologio segna ancora le 9.45. La dipendente risponde che si dovrà attendere l”arrivo della collega, all”orario indicato nel cartello. Il povero Andrea continua a sudare, si lamenta, dice di non farcela più ad aspettare. Alle 9.50 Francesca ci riprova, le pare che l”evidenza sia ormai chiara e che qualcuno dovrà pur prestare attenzione alla sofferenza di un giovane che sta male e che è in attesa semplicemente di ritirare il suo pacco. L”incaricata dello sportello 14, preso possesso della postazione, sostiene di essere impegnata in un altro lavoro e che il signore, se realmente in difficoltà, avrebbe dovuto delegare qualcun altro al ritiro. Sono le 9.52 e lo sportello rimane ancora chiuso. Francesca si avvicina ad Andrea, che la ringrazia per l”attenzione e per la cura nei suoi confronti, mentre tutti i presenti osservano immobili senza intervenire nella circostanza. Andrea guarda ancora la ragazza e, con uno sguardo di paura mista ad imbarazzo, confessa di non essere riuscito a trattenere le feci. Francesca reclama nuovamente l”urgenza di servire il ragazzo ma, sentendo ancora negata tale assistenza dalla dipendente dell”ufficio, si allontana dallo sportello dando le spalle al giovane. L”indifferenza dei presenti e la totale mancanza di senso umano del personale delle Poste le provocano una forte rabbia, che riesce ad esprimere solo con un silenzioso pianto, perché Andrea non possa vederla nel frattempo.

Questa storia rappresenta l”ennesimo evento che merita l”attenzione di chi ha il compito – i media fra tutti – di diffondere una nuova visione della democrazia, dei diritti di ogni cittadino a prescindere dalla sua appartenenza etnica, religiosa, di genere o dalla condizione sociale e di salute.

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La “massa critica” può certamente rappresentare una modalità operativa per risolvere l”emergenza democratica di questo delicato momento del paese, nell”immediato, ma da sola non basta per pensare e per realizzare una società migliore nel lungo periodo. Il vero problema, la vera emergenza da affrontare da subito risiede nella dimensione personale del singolo individuo, nella sua coscienza e capacità di porsi in maniera “consapevole” verso tutti gli altri esseri umani. La radice del problema è culturale e occorre sradicarla con diversi strumenti, con nuove metodologie educative, non tanto nella collettività ma a livello personale.

Abbiamo bisogno di un uomo nuovo prima che di una società nuova, la società è fatta di singoli individui, i quali dovrebbero essere consapevoli delle conseguenze delle proprie scelte e degli atteggiamenti. Ho l”impressione che, finché continueremo a guardare al cambiamento come a un impulso che parte dalle masse, l”errore si ripeterà all”infinito. Una nuova società, una nuova educazione alla convivenza, nascono proprio dai piccoli esempi, dalla “banalità” delle singole azioni verso il mondo che ci circonda, anzitutto nei confronti delle altre persone.

E” dunque importante cominciare a pensare a un microcosmo socio-culturale come a una sorta di laboratorio del futuro di questo paese.

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In fondo, se Rosa Parks, attivista statunitense afroamericana e simbolo del movimento americano per i diritti civili il cui motto era “stand up for your rights”  (in America, paese pur dai mille volti e dalle altrettante contraddizioni, negli ultimi decenni la lotta contro le discriminazioni è stata molto energica), a un certo punto ha avuto il coraggio di non cedere il posto ad un bianco su un autobus in cui dominava la scritta “solo per bianchi”, forse la forza di quell”atto quasi “eroico” le sarà derivata proprio dall”aver osservato un bianco piangere per lei…

Senza quelle lacrime, insieme di rabbia, sensibilità e pietà umana, questa energia non può emergere, perché essa nasce proprio dalla sofferenza e dalla liberazione. Quello di Francesca è solo un esempio.

 

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