La Polonia distratta da una croce di troppo

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18 Agosto 2010 - 23.07


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di Zeno Leoni – Megachip.

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VARSAVIA – Il loro grido di battaglia, è Akcja krzyz. Azione per la Croce. I fedeli più intransigenti della cattolicissima Polonia, confermando l”attaccamento ai simboli patriottico-religiosi rafforzato negli ultimi anni, si mobilitano in massa per difendere una croce di legno, in memoria del suo defunto presidente. E il metodo Kaczynski può mostrare al mondo intero la propria efficacia, grazie alla martellante campagna populista che ha caratterizzato la gestione del potere di questa famiglia, che negli ultimi anni, all”insegna di un”ideologia reazionaria, è riuscita a soffocare ogni rigurgito di socio-diversità,

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a partire dall”omosessualità, pubblicamente rappresentata come una patologia, per arrivare ai comunisti e alla messa fuori legge delle t-shirt con la faccia di Ernesto “Che” Guevara.

La bagarre popolare – partita cioè dalla strada e non dal palazzo – intorno alla croce, è scoppiata all”inizio di agosto e si è conclusa sabato 14 agosto – dopo la decisione del neo presidente Bronislaw Komoroski di smantellare la grossa croce di legno eretta di fronte al palazzo presidenziale a Varsavia.

Un emblema, voluto dagli scout polacchi ad aprile, durante la celebrazione dei Quattro giorni di lutto nazionale, in memoria alla tragedia del volo di Stato schiantatosi in territorio russo, che aveva provocato la morte di Lech Kaczynski e la decapitazione del vertice politico-militare. Ma né i poveri scout in buona fede né il presidente Komorowski potevano immaginare che le loro iniziative avrebbero provocato tanto rumore di piazza.

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All”annuncio della rimozione del simbolo religioso, si è scatenata la rabbia di un gruppo di anziani ultra-cattolici, divenuto via via sempre più numeroso, disposto a tutto pur di impedire la spostamento della croce dentro una chiesa. Gli animatori della protesta hanno fin da subito organizzato un presidio permanente con tanto di ronde notturne per impedire che quel pezzo di legno fosse furtivamente portato via dalle forze dale autorità.

E poco importa se a qualche ora di macchina da Varsavia, nella regione di Katowice, decine di famiglie perdevano tutto, sotto i colpi delle violente alluvioni di luglio e agosto. “Cross action” è la parola d”ordine. La cieca irrazionalità e il bisogno di certezze, portano alla ricerca di un appiglio, di un simbolo.

Nella piazza si materializza così un fermo immagine che sa di guerra civile – in verità, non si è registrata alcuna manifestazione di violenza – grazie alla contrapposizione di due schieramenti netti, spontanei e separati soltanto da un cordone blu. Da un lato, la folla chiede di rimuovere la croce. «Viviamo in uno Stato laico – protesta un polacco sceso in strada – il posto per una croce è dentro la chiesa». Mentre dall”altro lato, si incoraggiano gli anziani asserragliati attorno al monumento a resistere e si gridano slogan di rabbia verso il fronte più laico della cittadinanza, accusato di “tradimento della patria”. “Giuda!”, “Giuda!”, “Giuda!”, urlano gli insorti conservatori, ai quali nella protetsta, si unisce il partito dell”ex presidente Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwosc, PiS). La situazione rientra nella normalità sabato mattina, con l”intervento della polizia.

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Quale posizione sostenere? Nessuna. Oppure, quella dei deboli, che di certo non sono a Varsavia, ne da una parte ne dall”altra, a combattere per una croce. E che subiscono le ingiustizie sociali di un”economia che, da tempo, ha scelto di dire addio al sostegno delle fasce indigenti. Basta una croce – per quanto elevato sia il valore simbolico -per dimenticarsi non solo degli alluvionati, ma anche di quelle migliaia di mendicanti, barboni, storpi e suonatori improvvisati di ottoni arriggiuniti e zingarate che si umiliano per qualche spicciolo di carità nelle strade di Varsavia, Cracovia, Breslavia e Lódz.

E proprio a Lódz il regista David Lynch ha girato il film Inland Empire e ha scelto, per i suoi futuri lavori, di allestire qui uno studio, fra grattacieli sovietici e fatiscenti capannoni industriali dismessi da anni. Mentre in piazza, sui media e dentro i salotti della politica benestante si litiga per un pezzo di legno, i dresiarz, bande di giovani con teste rasate, tute e scarponcini sportivi, girano per le città come apprendisti “Guerrieri della notte” – spesso affiancati da fidanzate ossigenate come Barbie, con l”atteggiamento di Lolite un po” cresciute – terrorizzando in stile “Arancia meccanica” i malcapitati che di notte attraversano sottopassaggi, parchi, vie senza illuminazione. Con buona pace di “Che” Guevara.

 

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