Andiamo al voto? I problemi tecnici per andare a dicembre

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3 Settembre 2010 - 22.30


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di Aldo Giannuli.

Giochi fatti? Nuove elezioni e nuova vittoria del Cavaliere?
Non è detto, la situazione è aperta a molti sbocchi.
Il primo punto da stabilire è: su quanti parlamentari può contare il Cavaliere dopo la scissione finiana e l”esodo dalla maggioranza del Mpa? Realisticamente siamo un po sotto i 316 richiesti per la maggioranza alla Camera anche se, per ora c”è qualcosa in più del 165 richiesti al Senato.
Ma, con questi numeri non governa nessuno e si va sparati a nuove elezioni.
Però è chiarissimo il tentativo di Berlusconi di recuperare un po” di finiani o magari imbarcare l”Udc. Gli basterebbe trovare una decina di deputati per rifare una risicata maggioranza.

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Ma anche dall”altra parte sono iniziate le grandi manovre per una nuova scissione del PdL: Caldoro e Rotondi hanno indirizzato una lettera al Cavaliere, a nome di una decina di parlamentari, che sembra preludere ad un possibile distacco. Inoltre ci sono i 4 senatori legati a Beppe Pisanu che sembrano sul punto di lasciare casa e c”è da considerare anche i parlamentari a rischio rielezione (o addirittura sicuri di non farcela) che, pur di restare ancora 1 o 2 anni in Parlamento, potrebbero unirsi agli scissionisti per un nuovo governo sul modello del governo Dini del 1995, un nuovo ribaltone.

D”altro canto, una seconda scissione dopo poco tempo da quella dei finiani avrebbe effetti di immagine disastrosi sul PdL dando la sensazione di un partito che si sta sbriciolando.

Alla fine si farà una somma algebrica di chi entra e chi esce per cui:

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A- Berlusconi riesce a rimettere insieme 320 deputati e 165-6 senatori ed allora va avanti (anche se non si capisce per quanto)
oppure
B- gli altri riescono a mettere insieme 316 deputati e 165 senatori ed allora si fa il ribaltone
oppure
C- nessuno dei due ce la fa a mettere insieme i numeri o alla Camera vince uno ed al Senato vince l”altro ed allora si va ad elezioni.

Già ma quando si dovrebbe votare?
Nulla impedisce che si voti in inverno, anche se ci sono criteri di opportunità che possono sconsigliarlo. Ad esempio il freddo e la possibilità di neve, nelle zone di montagna ed al Nord, potrebbe viziare il risultato favorendo i partiti più presenti nel centro sud, dove l”affluenza risulterebbe maggiore. Per la stessa ragione i partiti con un elettorato mediamente più anziano sarebbero svantaggiati rispetto a quelli con maggiore seguito giovanile. Ovviamente è escluso dal buon senso che si possa votare a ridosso di Natale o di Capodanno.

Ma soprattutto, delle elezioni in periodo di vendite natalizie irriterebbero molto i commercianti: durante le elezioni gli spazi pubblicitari costano di più, i manifesti politici finiscono con il coprire quelli commerciali, la gente potrebbe essere intimorita dall”incertezza o comunque distratta dal sacro rito degli acquisti natalizi ed essere meno propensa a spendere, ecc. Insomma, per non rompere troppo le uova nel paniere dei commercianti (che potrebbero vendicarsi in cabina) la data ultima possibile è domenica 5 dicembre.

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Stando alla Costituzione (art. 61 c. 1) le votazioni si tengono “entro 70 giorni dalla fine delle precedenti”, per cui, in caso di elezioni anticipate, entro 70 giorni dal decreto di scioglimento. Ma non possono svolgersi prima del 45° giorno dalla pubblicazione del decreto che le indice sulla Gazzetta Ufficiale (art. 11 TU Leggi per l a elezione della Camera dei Deputati, Dpr 30.3.1957 n 361). Dunque, questo significa che la decisione di sciogliere le Camere ed andare a nuove elezioni, per votare il 5 dicembre, deve essere assunta fra non prima del 26 settembre e non oltre il 21 ottobre.

Ma non c”è una norma che obblighi il Presidente della Repubblica a sciogliere il Parlamento entro una determinata data: ci si rimette alla sua valutazione. Per cui, non è sufficiente che il governo si dimetta. Il Capo dello Stato può aprire consultazioni la cui durata non è predeterminata dalla Costituzione. Negli anni settanta ci furono crisi di governo che durarono anche più di 50 giorni (5° governo Rumor e 3° governo Andreotti). Nell”attuale situazione politico istituzionale, con solo 6 gruppi parlamentari da consultare, questo è poco probabile che accada, ma in teoria nulla lo impedisce.

Ad esempio il Capo dello Stato apre le consultazioni dopo le dimissioni del Governo e magari le estende anche ad altre personalità istituzionali (ad esempio, il governatore della Banca d”Italia in considerazione della particolare situazione economica) impiegandoci 4-5 giorni, quindi si prende una pausa di riflessione di un paio di giorni. Poi affida ad una personalità esterna ai partiti (lo stesso Governatore della Banca d”Italia, il Presidente della Corte Costituzionale o un ex Presidente di essa, o il Primo Presidente della Corte di Cassazione o del Consiglio di Stato) il mandato esplorativo per cercare una composizione della crisi.

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L”incaricato, come da consuetudine, accetta con riserva ed impiega 8-9 giorni per il suo sondaggio, dopo di che si presenta al Capo dello Stato sciogliendo la riserva e dicendosi in grado di formare un nuovo esecutivo. Quindi riceve formalmente l”incarico dal Presidente della Repubblica ed impiega 4-5 giorni per formare il governo.

All”indomani, il giuramento e la prima riunione per la nomina dei sottosegretari, quindi comunicazione ai Presidenti delle Camere che debbono fissare il dibattito parlamentare non prima di tre giorni. Il dibattito di solito dura uno o due giorni in base agli iscritti a parlare (anche se è costume che parlino solo i capigruppo e/o i segretari di partito) quindi le votazioni. Abbiamo già totalizzato 25 giorni. Immaginiamo che il governo non ottenga la fiducia già nella votazione della prima delle due camere, il Presidente del Consiglio si reca dal Capo dello Stato a rassegnare il mandato.

Potrebbe però accadere che il governo abbia la fiducia nella prima delle due camere e magari cada nella seconda, il che significa altri 2-3 giorni. Nulla impedisce che il Capo dello Stato affidi un secondo mandato esplorativo ad altra personalità, ma non è probabile che accada e immaginiamo che sciolga immediatamente le camere.

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Dunque, per votare il 5 dicembre, ultima data utile, la crisi di governo dovrebbe, per sicurezza, essere dichiarata entro il 22-23 settembre. Ma è ragionevole che, nel tentativo di arrivare ad elezioni già a fine novembre (cosa più consigliabile), la crisi maturi fra il 7 ed il 18 settembre e che magari il Presidente della Repubblica si decida a firmare il decreto di scioglimento, già dopo pochi giorni dalle dimissioni del governo. In quel caso, ipotizzando uno scioglimento intorno al 20 settembre, si potrebbe votare anche il 7 novembre, ma a quel punto, si potrebbe allungare il termine di una o due settimane per dare più tempo ai partiti di prepararsi alle elezioni.
Questi sono i tempi tecnici.

 

Fonte: http://www.aldogiannuli.it/?p=1199#more-1199.

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