Su Dilma le attese disattese di un paese in corsa

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5 Novembre 2010 - 22.45


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di Zeno Leoni – Megachip.

Avanti dove Lula ha fallito. Le reazioni della società civile e di alcune organizzazioni movimentiste brasiliane, all”elezione della prima “Presidenta” della repubblica carioca, sono di giubilo per la vittoria della sinistra e di sollievo per la sconfitta di una destra ultracattolica e conservatrice. Tuttavia, lasciano trasparire un malumore per quegli obiettivi storici mancati dal predecessore della Rousseff. Lacune e ritardi sui quali Dilma, che ha ricevuto un testimone bollente, è già chiamata dagli strati inferiori ad esprimersi. Per ora, infatti, la sua vittoria è stata accolta con un “nì”, un sì con riserva, in attesa di vedere le prime mosse del governo su questioni cruciali.

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L”analisi più lucida su meriti e defaillance di Ignacio Lula, e sulle sfide ereditate dalla sua delfina, la fa Leonardo Boff, già fra i massimi esponenti della Teologia della Liberazione.

«Abbiamo condiviso la tesi di chi ha visto nel governo Lula una transizione di paradigma – spiega Boff – da uno Stato privatizzatore, ispirato ai dogmi neoliberisti a uno Stato repubblicano che mette il sociale al centro, per rispondere alle richieste della popolazione più povera.

Ogni transizione però, possiede un elemento di continuità e un altro di rottura.

La continuità è stata rappresentata dal mantenimento del progetto macroeconomico, finalizzato a fornire la base per la stabilità politica e esorcizzare i fantasmi del sistema.

La rottura – la novità – è quella dell”avvio di sostanziali politiche sociali, destinate all”integrazione di milioni di brasiliani poveri, tra le quali particolarmente importante è stato il progetto della “borsa famiglia”. Lula ha incluso socialmente una Francia intera in una situazione di decenza.

Ma, dall”inizio, gli analisti hanno segnalato lo squilibrio tra il progetto economico e il progetto sociale, perché il primo riceve dallo Stato alcuni miliardi di reais all”anno, in forma di interessi, mentre il progetto sociale deve accontentarsi di molto meno. Nonostante questa disparità, il fossato tra ricchi e poveri è diminuito, il che ha procurato a Lula uno straordinario consenso».

Dunque, se l”ex presidente del Brasile – in ogni caso meritevolmente, come dimostrano anche i complimenti di Hugo Chavez – non è riuscito ad abbattere alcuni scogli politici, a Dilma Rousseff spetta ora il compito di portare a compimento quegli interventi «strutturali che il governo Lula ci ha lasciato»: la riforma politica, «contrastata da interessi corporativi di partiti privi di ideologia e assetati di benefici»; fiscale, poiché fino ad ora «il fisco favorisce i ricchi e pesa gravemente sui salariati»; agraria, che dovrà «essere integrale e popolare, portando la democrazia nelle campagne e alleggerendo la “favelizzazione” delle città».

Anche Gilmar Mauro, del coordinamento nazionale del Movimento Sem Terra, festeggia la vittoria della Rousseff ma ricorda come «in campagna elettorale non si sia discusso di riforma agraria».

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«La nostra battaglia vuole intervenire su tre aspetti: l”uso del suolo e delle risorse naturali, che non devono essere trasformate in merci; il tipo di alimenti che la popolazione sta consumando; al servizio di chi saranno utilizzate le tecnologie nelle campagna».

Douglas Belchior, membro del consiglio federale del Movimento Negro, denuncia un brutto razzismo istituzionale e promette battaglia sulla «revisione delle politiche di sicurezza pubblica, che troppo spesso colpiscono la popolazione negra in tutti gli stati», rilanciando quelle per l”approfondimento «delle politiche di educazione» e per lo «Statuto di Uguaglianza Razziale».

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Il sindacalista Milton Viario, della Federazione Metalmeccanici del Rio Grande do Sul e della Cut (Central Unica Trabalhadores), riconosce a Lula di aver «stimolato la creazione di posti di lavoro e arginato la flessibilità diffusa dal Governo Cardoso», ma adesso c”è bisogno di «più democrazia in campo sindacale, di migliori condizioni di lavoro e delle 40 ore settimanali».

Artur Henrique (Presidente Cut) e Luisa Erundina (Parlamentare) esprimono preoccupazioni per l”egemonia «della destra in campo mediatico», mentre Darli Sampaio (Lotte delle donne e per i diritti) promette pressione pubblica su «l”unione civile degli omosessuali, l”inserimento della donna nel mondo della politica» come «sfide nel dibattito di genere». Senza dimenticare la battaglia per l”aborto – strumentalizzato in campagna elettorale dai più integralisti – che «consideriamo una questione di salute pubblica».

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