Oltre il solito "fare Rete". È l'ora della responsabilità

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21 Novembre 2010 - 22.07


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di Simona Barba – Megachip.

Il 6 novembre scorso a Grottammare (AP) si è svolto l”incontro DEMOCRAZIA KM ZERO, presenti numerose associazioni tra le quali: Comunità delle Piagge di Firenze; Per Unaltracittà; No Dal Molin; No TAV; Altre Marche; Cantieri Sociali di Napoli; Luoghi Comuni di Ascoli Piceno, Forum italiano dei movimenti per l” acqua bene comune . Tema della discussione :Perché è necessario passare dal tempo dell”indignazione a quello della responsabilità, ATTO SECONDO LA RETE. Le associazioni che si battono per la difesa del bene comune a livello territoriale sentono ogni giorno di più la necessità di conoscersi e scambiarsi informazioni su quanto l”Italia dei cittadini organizzati spontaneamente sta cercando di fare: ogni Regione ha la sua battaglia portata avanti da volontari diventati custodi di un bagaglio ricco di esperienza e conoscenza.

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Tali momenti di riunione, come quelli di Grottammare, sono importanti proprio per la circolazione di questo sapere, tanto che è stato adottato un lessico che contraddistingue in poche parole i concetti fondamentali che si sono sviluppati dalle discussioni negli anni, una cultura che fa da punto di partenza comune a tutti gli ulteriori confronti delle Associazioni:

in questi luoghi si fa Rete e si costruiscono le basi per una crescita sempre più forte di queste connessioni, nelle quali emergono le buone pratiche”, che dal basso cercano di incidere la società , fino ad influenzare i “decisori” che ci amministrano, una ricostruzione chiamata democrazia dal basso che passa attraverso la soluzione dei problemi che affliggono il singolo territorio.

La parola “Rete” porta in sé un concetto strategico per le associazioni: essendo le lotte a livello locale, il rischio è quello di rimanere isolati; la Rete offre invece l”opportunità di conoscere quanti sono impegnati nello stesso tipo di lotta, quali metodi sono stati utilizzati e quali i risultati raggiunti.

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Un bagaglio di informazioni che tramite la comunicazione può essere messo in opera.

Strumento attraverso il quale creare la connessione è essenzialmente il web, che diventa la nuova agorà.

Limite però della Rete è questa sua essenza di ”contenitore”: mette sì in collegamento associazioni, metodi e strategie, però non viene superato il limite geografico, nel senso che viene condiviso il metodo e l”esperienza ma non si entra a livello di discussione del pensiero.

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La base tematica è la difesa del bene comune ma non c”è l”elaborazione di un tavolo di valori comuni che traguardi la singola emergenza territoriale verso una progettualità .

Nella Rete si rispetta il lavoro che il gruppo sta facendo nel suo territorio, se ne parla per utilizzarne le affinità eventuali, ma essenzialmente l”azione dell”associazione rimane solitaria e locale, mancando una crescita comune per un obiettivo generale.

Anche il concetto di “democrazia dal basso” è fortemente legato al locale, perché è il modo in cui il singolo cittadino, appartenente ad una comunità, esprime la sua partecipazione attiva e democratica nella lotta, attraverso una serie di azioni denominate “buone pratiche“: sono azioni a livello territoriale utili per cercare di coinvolgere più persone possibili, con l”intento finale di cambiare insieme ai comportamenti anche le idee.

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Tutto si svolge a livello orizzontale, sarà la massa critica dei partecipanti a influenzare chi ha il compito di prendere le decisioni.

Tale democrazia partecipata di azioni e persone è sicuramente di alto valore, però si infrange sullo scoglio del “decisore” politico, che è altro dal cittadino, è altro dal modus operandi associativo.

Esercitare democrazia dal basso porta con sé il significato di non volere esercitare direttamente il potere decisionale, che viene demandato alla politica amministratrice, la quale però ha ormai perso nel tempo la sua dignità di valore ed è colpevole del degrado contro il quale si lotta.

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Nasce qui una contraddizione: se al decisore e alla politica, nella sua accezione negativa, non viene più riconosciuta valenza democratica, come può essere verso di essi trasferito questo valore dall”azione della “democrazia dal basso“?

Quante sono le possibilità che il decisore cambi le sue scelte, le sue leggi, visto che il suo modo di pensare e di leggere la realtà è opposto a quello della Rete?

Se la democrazia dal basso viene usata anche come virtuoso scudo per proteggersi dal del rischio contagio dei partiti, è logico pensare anche il contrario, che la politica non possa essere a sua volta contagiata in modo virtuoso.

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Le lotte ventennali delle quali siamo messi a conoscenza dalle relazioni di Grottammare dimostrano infatti che è un percorso estremamente difficile.

Le narrazioni portate in assemblea ,sulle varie lotte locali o sui tentativi di contrastare i danni, segnalano spesso l”incapacità di riuscire a fare massa critica per raggiungere i risultati:la maggior parte delle volte ci si ritrova a dover rincorrere l”emergenza, che a sua volta corre sempre più veloce, fluida nelle sue molteplici dinamiche politiche ed economiche.

Allora forse si potrebbe cercare di ribaltare il problema, cercare quindi non di persuadere il decisore ma di diventarlo…

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Questa ipotesi è molto lontana oggi dalla posizione della Rete riunitasi a Grottammare per i motivi già detti di estraniamento dalla pratica politica, che nel tempo è diventata sinonimo di interesse personale a discapito di quello pubblico.

D”altro canto è vero che molte associazioni stanno comunque lavorando in un percorso ibrido, cercando, senza buttarsi nell”agone politico, di cambiare alcuni strumenti che la democrazia attuale offre, come il cambiamento degli statuti comunali, come le liste civiche,come le petizioni popolari per richieste di leggi e referendum.

Perciò fino a che punto è lecito spingersi?

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E” solo un problema di “distanza di sicurezza”?

Invece che demandare le decisioni agli altri, che essere responsabili solo nei comportamenti, non si potrebbe pensare di assumersi la responsabilità del nostro pensiero e di utilizzare appieno tutti gli strumenti della democrazia, fino a quello della rappresentanza democratica attraverso i consigli comunali, regionali, fino al parlamento?

La prima reazione che si intuisce è di perplessità e soprattutto di sfiducia, forse anche paura di essere inadeguati.

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Se non si ha paura di lottare contro le multinazionali (come nel caso del movimento No TAV), contro le mafie (Libera), contro la NATO (No Dal Molin), non si può anche osare di immaginare di essere responsabili di una buona pratica politica e non solo utenti e deleganti a persone e gruppi di cui si dice di non avere alcuna fiducia?

ALTERNATIVA crede di sì e si sta impegnando in questa diversa visione: il nuovo pensiero che attraversa i territori può ambire non più solo a persuadere ma a portare in prima persona la diversa idea di sostenibilità e tutti i valori che sono comuni al mondo delle associazioni, utilizzando le diverse competenze e conoscenze che negli anni si sono formate nelle fucine di lotte ed esperimenti delle persone che hanno lavorato alle cause comuni.

Un sapere prezioso che possa essere utilizzato per decidere per il bene di tutti.

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Una nuova evoluzione della Rete, che è un passo, anche, oltre la Rete.

 

 

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