Egitto: i salafiti vincono già sui rivoluzionari col culo al caldo

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27 Marzo 2011 - 12.01


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di Sherif El Sebaye.

Lasciamo da parte, per un attimo, il caos libico e torniamo a ciò che rischia di diventare il caos egiziano. L”altro giorno vi ho riferito che un influente Imam salafita ha fatto una predica molto eloquente che ha conquistato le prime pagine di tutti i media egiziani e arabi, in cui ha invitato chi non era d”accordo con l”intromissione della religione nella vita pubblica ad andarsene altrove. Il riferimento a “coloro che hanno i visti per l”America e il Canada” e che quindi possono facilmente “cambiare paese” era specificatamente rivolto, come ben intepretato anche da Aljazeera, ai cittadini copti.

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E proprio l”altro giorno, un gruppo di Salafiti ha tagliato le orecchie di un copto a Qena, nell”Alto Egitto, in applicazione delle “pene coraniche” previste per gli atti di immoralità: un episodio che ha suscitato grande clamore sui quotidiani egiziani e la riprovazione di tutte le forze religiose e politiche in un momento che vede la distensione dei rapporti fra Chiesa Copta e Fratelli Musulmani. Ma chi sono i Salafiti? Sono i concorrenti intrasigenti dei Fratelli Musulmani, da loro definiti “fallimentari” (per un”analisi dettagliata, leggere questo editoriale de Le Monde Diplomatique).

I Salafiti, per tutto il regno di Mubarak, si erano saggiamente definiti “apolitici” e tenuti lontano dai riflettori ma ora molti di loro sono usciti dalle prigioni e sono risaliti sui pulpiti benedetti da cui erano banditi e si apprestano a scendere democraticamente in campo. Infatti l”altro giorno un imponente gruppo di salafiti ha attaccato ad Alessandria, perché diretti verso una moschea locale, 5000 giovani manifestanti appartenenti al gruppo denominato “25 gennaio” – uno dei motori della rivoluzione di Piazza Tahrir – impartendo loro una lezione che non dimenticheranno presto.

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Su Al Masri Al Yaum, uno dei giornali di riferimento dell”opposizione laica, un giovane studente protesta: “Eravamo uniti fino a poco tempo fa ma adesso il movimento salafita sta imponendo il suo modo di pensare contro di noi”. Ebbene, se vi ricordate quello che scrissi mentre era ancora in corso la manifestazione di Piazza Tahrir, dissi chiaramente che era molto pericoloso presentare Piazza Tahrir come “una piazza unita”. Non lo era, nonostante le apparenze, e non lo sarà mai più. Perché ora che l”obiettivo finale, la cacciata di Mubarak, è stato raggiunto, emergeranno in tutta la loro drammaticità tutte le divisioni che prima sembravano inesistenti, facendo entusiasmare qualche rivoluzionario col culo al caldo.

Ricordatevi ciò che scrissi quando i manifestanti erano ancora in piazza: “in questo frangente, spesso e volentieri gli antidemocratici sembrano essere proprio i laici, anche se non se ne rendono conto: a più riprese giovani manifestanti hanno dichiarato che “non accetteremo di essere governati da una corrente islamista”. E se a volerla fosse il Popolo? Leggo su La Stampa che un gruppo di manifestanti che intonava “L”islam è la soluzione” è stato accerchiato e costretto a scandire lo slogan “Musulmani e cristiani per l”Egitto”. Non so voi, ma a me non sembra tanto democratico, tecnicamente parlando: obbligare la gente a gridare ciò che tranquillizza l”occidente e i laici egiziani non è democrazia e maschera quella che potrebbe essere la volontà del popolo. Se la vuoi davvero, la democrazia, devi essere diposto ad accettare anche ciò che non ti piace”. Aveva quindi ragione l”Imam salafita, quando ha dichiarato a voce alta: “Tra noi e loro ci sono le urne. E le urne hanno detto che abbiamo vinto. Ora la gente della fede sa quanto vale e loro sanno quanto valgono”.

Infatti l”invito ad andarsene era chiaramente rivolto anche a tutti coloro che avevano votato “No” al referendum per le modifiche costituzionali e che quindi si erano schierati dalla parte della miscredenza. L”esito del referendum sulle modifiche costituzionali, un 77% di “Si” contro un 22% del “No” a favore del quale avevano combattutto proprio i giovani laici, è stato la pietra tombale sulle loro aspettative.

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Su un altro quotidiano egiziano, un giovane rivoluzionario, appartenente al gruppo 6 aprile, dà sfogo alla sua delusione, sentimento che invece io avevo correttamente anticipato quando erano ancora in piazza e le “esperte” Aljazeera-dipendenti tambureggiavano senza capirci niente. I laici dovevano organizzarsi meglio se volevano che il loro successo, la loro rivoluzione avesse successo anche nel dopo Mubarak perché loro non rappresentavano affatto la maggioranza degli egiziani. Ma quando la affermavo io, questa ovvietà, qualcuno diceva che provava “disgusto” per le mie posizioni.

Ora andate a dirlo ai ragazzi di Tahrir che affermano testualmente che: “Purtroppo i cervelli di quelli che erano in fila per votare erano pieni di idee che non erano le loro, e l”aspetto più pericoloso era che erano idee pericolosissime. E” forse corretto votare “Si” perché sono musulmano e “No” perché sono cristiano? Purtroppo questo è stato il risultato deludente del referendum. La nostra felicità per l”affluenza alle urne è proporzionale alla nostra tristezza per coloro che hanno consegnato i propri cervelli ai predicatori delle moschee. Ciò che è successo conferma che l”Egitto ha bisogno di un dialogo continuo da cui la gente semplice possa imparare come esercitare la democrazia perché ciò che verrà potrebbe essere molto pericoloso”.

Eh no, caro mio giovanotto: non puoi ricomporre le uova a frittata fatta.

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L”Imam salafita aveva ragione da vendere: “Non è questa la democrazia che volevate?”.


Fonte: http://salamelik.blogspot.com/2011/03/tahrir-la-vittoria-benedetta-dei.html.

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