Dalla parte dei NoTav con il cuore

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26 Febbraio 2012 - 13.39


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di Luisa Martini

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25 febbraio 2012

Stiamo per partire, Alberto ed io, e sul binario fa veramente caldo. Abbiamo appuntamento con gli altri a Bussoleno. Siamo senza biglietto, perché non c”è modo di acquistarlo: tutto chiuso o fuori servizio. I vagoni a due piani sono affollati di persone che – basta uno sguardo – stanno andando alla manifestazione come noi. Il controllore non passa, il viaggio di andata è gratis. Non incontriamo polizia.

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A Bussoleno la folla è già tanta, non è facile localizzare gli amici e in quel mare di bandiere la nostra fa presto a scomparire. Il frastuono degli altoparlanti riempie il piazzale. Mi stupisco per tutto questo inquinamento acustico, mi sembra un po” paradossale in una manifestazione che, tra le altre cose, protesta contro il rischio di ulteriore inquinamento. Ci facciamo largo tra un gruppo di manifestanti che di primo acchito sembra uscito più da un centro sociale okkupato che da una valle alpina, calamitato dai decibel e dal contenuto di vari tipi di bottiglie. Ma finalmente ecco gli amici di Coscienza Comune. Attirata dalla nostra bandiera, si avvicina anche una coppia che ci saluta calorosamente: sorpresa, sono “Alternativi” di Roma che ancora non conoscevamo. In attesa che la folla si muova, incontri e chiacchiere si trasformano in conversazioni sui temi della manifestazione. La gente qui ha un”espressione schietta, è di buon umore, però non parla di sciocchezze, ha voglia di condividere cose importanti, anche con chi arriva da fuori.
 
Ci inseriamo nel corteo verso la metà circa. Alberto ed io ci diamo il cambio con la bandiera, mentre sudiamo sempre di più. Davanti a noi si intravede un fiume di gente. Usciamo dall”abitato lungo la statale chiusa al traffico, e man mano la valle ci si apre davanti in tutta la sua bellezza. Oggi poi, con questo sole, è davvero emozionante. Mentre la contemplo sento di condividere la resistenza dei No Tav non solo intellettualmente, ma con il cuore. Fin qui, nemmeno un poliziotto: soltanto un elicottero piccolino lassù, a quota piuttosto alta. E tanti colori e persone rumorose, però tranquille.
 
Lungo il percorso la bandiera di Alternativa risale il corteo, sospinta dalla falcata lunga di Alberto, mentre io resto nelle retrovie immersa in conversazioni e nuove conoscenze. Tocco con mano che il corteo No Tav non è solo una manifestazione di protesta, ma è un terreno di incontro, confronto, scambio, creatività, contaminazione di idee, curiosità, voglia di fare, progetti concreti, storie di vita e di pensiero arricchiti da vent”anni di esperienza. Quando la strada davanti a noi sale, vedo gente e bandiere fin dove arriva lo sguardo. Chissà quanti siamo, a occhio direi che il corteo è lungo qualche kilometro. Mentre cammino, si muovono intorno a me persone di tutte le età, famiglie, bambini in bicicletta, adolescenti, gruppi musicali e gruppi in maschera, e parecchi cani di ogni taglia e colore. Il corteo si allarga un po” sui prati ai lati della strada, dove alcuni si fermano per mangiare, scrivere, guardare le montagne. Lungo il percorso ci sono volontari che distribuiscono gratuitamente l”acqua ai manifestanti.
 
Intanto dagli amplificatori sparpagliati lungo il corteo continuano a rimbombare ritmi vagamente metal a volume assordante. Questo mi sollecita a riprendere il ragionamento iniziato all”arrivo e rifletto sul fatto che in effetti anche questo volume e questi suoni aggressivi portano un messaggio. Parlano di sentimenti umanissimi come la rabbia, la paura, la voglia di ribellarsi, di reagire e difendere la propria vita. Anche questo c”è, nel No Tav. Mentre penso a queste cose cerco comunque di sottrarmi al fracasso, guadagno terreno e raggiungo una parte più silenziosa dove quattro uomini con il semitoun e un ragazzino con il tamburo suonano musiche tradizionali, raggiunti poi da un ragazzo più grande con la cornamusa. Questi sono i suoni che preferisco ascoltare tra le montagne. Continuo a camminare nei paraggi di questa musica, che mi aiuta a contemplare con una sensazione di pace i primi colori del tramonto sul nostro ingresso a Susa.
 
Davanti alla stazione ci ricompattiamo e da un megafono arrivano i primi dati sulla partecipazione, con l”invito a confluire nella piazza della cattedrale. Scopriamo così che la testa del corteo è arrivata un”ora e mezza prima di noi, mentre alle nostre spalle c”è ancora molta gente. In piazza l”uditorio è più ridotto, anche perché da un piccolo palco ormai da oltre un”ora si susseguono gli interventi dei vari rappresentanti politici. Ascolto e osservo con interesse questi oratori. Quasi tutti gridano con intonazione enfatica. C”è chi sventola la fotografia del proprio figlio. C”è chi trema mentre parla e lancia accuse. Appaiono certamente molto coinvolti emotivamente, ma sono un po” meravigliata, perché molti di loro sembrano più arrabbiati degli stessi Valsusini. Ma perché fanno così? I Valsusini non hanno certo bisogno di essere caricati emotivamente, lo sono già. I problemi che questi interventi sottolineano sono reali, ma ben noti al pubblico dei No Tav: andrebbero piuttosto declamati altrove, alle orecchie ignare o refrattarie. Altrimenti semplicemente si esasperano le emozioni delle persone coinvolte caricandole di una grande energia che però non trasforma nulla: aumenta solo la tensione, rischiando di offuscare la lucidità. E” come preparare un tazzone di caffè forte per tenere sveglio uno che invece ha bisogno di dormire un po” su un buon materasso. Mi chiedo quindi a che cosa e a chi serva questo modo di comunicare. In ogni caso la mia domanda lì per lì rimane senza risposta. Mentre ascolto, sul palco dietro agli oratori vedo seduto Alberto Perino, che mi sembra molto pensieroso. Chiedo e ottengo di intervenire brevemente per portare il saluto di Giulietto Chiesa e di Alternativa. Capisco dall”applauso dei presenti che i Valsusini hanno affetto e stima per Giulietto.
 
Al termine della manifestazione ripercorriamo a ritroso la strada verso la stazione. Sono quasi le sette, è praticamente buio, c”è ancora in giro un sacco di gente. Gli altri se ne sono già andati, Alberto decide di rientrare a Torino, mentre io resto e raggiungo gli amici di Coscienza Comune che stanno parlando del progetto S.U.S.A. (Sentiero Umano di Sostenibilità Ambientale), al quale è interessata anche Alternativa. Mi unisco alla conversazione e sono circa le 20.30 quando apprendiamo via Twitter che a Porta Nuova sarebbero in corso scontri tra Polizia e No Tav e che i treni per Susa sarebbero bloccati. Lo sguardo che ci scambiamo è pieno di dolore: oggi eravamo certamente decine di migliaia, ma non c”è stato il minimo disordine, tantomeno gesti di violenza. Facciamo fatica a credere che sia potuto succedere improvvisamente proprio a Torino. In ogni caso, chi ha interesse a rovinare così una giornata, una manifestazione veramente ben riuscita? Ci dirigiamo in stazione, per verificare la situazione dei collegamenti ferroviari. Per strada incontriamo un gruppo di ragazzi che dicono di avere notizie dirette da Torino tramite un amico: sostengono che a Porta Nuova un gran numero di poliziotti attendesse in tenuta antisommossa, e che lo scontro sia scattato per la mancanza del biglietto. Raggiungiamo la stazione di Susa: pare che il treno stia per arrivare regolarmente, ripartirà dopo alcuni minuti. Nessuna possibilità di acquistare il biglietto a terra: a quanto pare possiamo soltanto augurarci che durante il viaggio passi un controllore, oppure, se dobbiamo basarci sul raconto di quei ragazzi, di non incontrare nessun poliziotto. Al binario ci sono ormai pochissime persone.
 
Partiamo, e naturalmente si parla ancora degli eventi della giornata. Riprediamo insieme il discorso su quella domanda che era rimasta in sospeso qualche ora prima, e approdiamo a una risposta. Lo stile comunicativo di quegli interventi, centrato sulla carica emotiva, serve a mantenere una presa dell”oratore sul pubblico, ovvero a conservare la propria posizione. Quindi, sebbene in buona fede e con le migliori intenzioni, questo è ancora e sempre un gioco di potere, in cui invece di fare spazio all”altro io cerco di prendere per me il suo spazio. In fondo, il vecchio meccanismo della sopraffazione, sottilmente camuffato da sostegno. Questo è il meccanismo che noi come Alternativa vogliamo cambiare, introducendo nella politica principi nuovi, basati sul concetto di decrescita anche nelle relazioni: fare spazio all”altro per collaborare nel rispetto reciproco e trasformare la realtà esistente. Per questo ho voluto pronunciare a Susa poche parole che hanno questo significato: non salgo sul vostro palco per fare un discorso, ovvero per togliervi spazio dicendovi quel che già sapete e per di più nel giorno in cui raccogliete un meritato successo. Oggi, qui, i protagonisti siete voi, io vengo a salutarvi come è giusto fare con chi ti invita a casa sua e dico soltanto che, se volete, Alternativa c”è per contribuire a raccontare, in questa impasse dell”informazione, la verità di quello che sta accadendo.
 
Mentre parliamo di queste cose la concentrazione è tale che nessuno di noi si accorge di aver già superato la fermata dove avrei dovuto scendere per recuperare la macchina. Proseguiamo quindi insieme fino a Porta Nuova che ormai, verso le 22.30, è tranquilla e quasi deserta. Nessun controllore è passato, abbiamo viaggiato gratis anche al ritorno. Per fortuna non ci sono più poliziotti, perché oggi, pur volendo, comprare il biglietto non è stato possibile. Prendo dalla cappelliera la bandiera arrotolata: ho dimenticato di recuperare la macchina, ma la bandiera di Alternativa non la dimentico.

http://www.alternativa-politica.it

http://www.sentieroumanodisolidarieta.org/home.html
 
http://www.coscienzacomune.com/Movimento/index.php

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