La caduta di Bo Xilai: non riguarda solo la Cina, tocca anche noi/ 1

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19 Marzo 2012 - 20.27


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PRIMA PARTE

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di Aldo Giannuli.

Prima della mia prolungata ed involontaria assenza, avevo iniziato a parlare di quel che accade in Cina, dei rischi di crack e della tempestosa vigilia del Congresso. La destituzione di Bo Xilai è la conferma del carattere tutt”altro che tranquillo della transizione dall”attuale gruppo dirigente al prossimo ed obbliga a qualche riflessione. I quotidiani del 15 marzo ne hanno dato notizia con un certo rilievo, ma nelle pagine interne (evidentemente la politica interna della  Cina non è ancora ritenuta degna della prima pagina) e spesso con notevoli imprecisioni: i singoli personaggi sono spesso “spostati” da una corrente all”altra, le ragioni dello scontro sono spesso fraintese, si immaginano schieramenti ed alleanze molto fantasiose ecc,

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ma, soprattutto, quello che si legge in una testata è spesso contraddetto da quello che si legge in un”altra. La Cina è ancora un universo difficile da capire. Proviamo a mettere insieme un po” di notizie.


1- La mappa delle correnti del Partito.

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Il primo punto è capire quali siano le componenti del Pc cinese e come siano distribuiti i vari personaggi. Possiamo distinguere tre correnti principali (badando sempre al fatto che si tratta di schieramenti che si modificano nel tempo, anche se hanno una relativa durata):

a- i tuanpai : sono gli ex dirigenti della Lega dei Giovani Comunisti degli anni settanta ed ottanta che attualmente detengono le due principali cariche del partito: Presidenza dello Stato e Segreteria Generale del Partito (Hu Jintao) e Presidenza del Governo (Wen Jiabao).

Spesso si tratta di militanti che furono epurati durante la Rivoluzione Culturale (che, nella Cina del dopo-Mao, è una sorta di tabù, da evocare come la peggiore catastrofe della storia nazionale). Sono il gruppo di mediazione per eccellenza, spesso ostentano posizioni politicamente “liberal” (in particolare Wen Jiabao) ma senza che questo si traduca in atti concreti e sono i massimi custodi del primato del Partito (ad esempio sono difensori delle imprese pubbliche)

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b- la nuova cricca di Shanghai: si propongono come i prosecutori più diretti dell”opera di Deng Xiaoping ed il loro periodo d”oro è stato quello della segreteria generale di Jang Zemin (1989-2002). Il loro punto di forza è il controllo delle principali istituzioni economiche pubbliche del paese, a cominciare dalla Popular Bank of China (Pboc, la banca centrale) di cui è governatore Zhou Xiaochuan. 

Sono il gruppo dirigente che ha gestito la repressione della rivolta democratica di Tien An Men (1989) avviando nel contempo, le riforme liberiste e di integrazione nell”economia mondiale. Godono una immeritata fama di riformismo politico, perchè spesso si confonde (volutamente) fra liberismo economico e liberalismo politico.

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In realtà, dal punto di vista politico, sono su posizioni molto autoritarie (come ad esempio il Presidente dell”Assemblea Nazionale del Popolo Wu Bangguo assolutamente ostile ad ogni concessione in questo senso) mentre sono favorevoli alla parificazione delle aziende private rispetto a quelle pubbliche (e, qualcuno sospetta, ad una gradata privatizzazione di tutto il sistema d”impresa pubblico).

Ovviamente, sono i beniamini degli Usa, anche se, in materia di difesa e politica estera, non sono meno nazionalisti degli altri.

c- i principi rossi (taizi): sono i figli o (più spesso) i nipoti degli eroi della “lunga marcia” (1934) che siedono di diritto nel Comitato centrale e che si apprestano a conquistare la poltrona più importante con Xi Jinping che dovrebbe succedere ad Hu Jintao. Al di là della loro connotazione di casta, non è affatto chiaro quale sia il loro orientamento in materia di politica economica o riforme politiche (tuttavia, non sembrano molto favorevoli a riforme democratiche, tanto del partito quanto dello Stato).

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A differenza dei due gruppi precedenti, non tutti i principi rossi (anche per ragioni anagrafiche) sono stati colpiti dalle epurazioni della Rivoluzione Culturale, tuttavia, ugualmente esecrata.

Ai margini di queste componenti principali ci sono personaggi dotati di una propria autonomia come Zhou Yongkang (già ministro della Sicurezza nazionale, vicino ai tuanpai, ma più che altro espressione della comunità dell”intelligence cinese nell”Ufficio Politico) anche lui ostile a riforme di segno democratico.

All”esterno del “palazzo”, ma dotati di una certa influenza nel partito ci sono molteplici gruppi sbrigativamente definiti “neo maoisti” o “nostalgici” della Rivoluzione culturale. La realtà è ben più complessa. Ad esempio il segretario personale di Mao Zedong, Li Rui, che a rigore dovrebbe essere considerato il super-nostalgico per eccellenza, al contrario è stato il primo a firmare, insieme a  Jiang Ping (ex-presidente dell” Università di legge e scienze politiche) un appello contro la censura e per la libertà di pensiero.

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Più che altro, si può parlare di una complessa area di sinistra che ospita tanto effettivi “nostalgici” del maoismo, quanto una nuova sinistra che rilancia le istanze di libertà della protesta studentesca di ventitrè anni fa, poi repressa a Tien An Men.

Ci sono anche settori di quadro intermedio del partito che sono venuti allo scoperto in occasione della morte di Zhao Ziyang (il Presidente del Consiglio che cercò di mediare con gli studenti e, per questo venne estromesso) manifestando orientamenti favorevoli ad una riforma democratica del partito, se non anche dello Stato. E tutto è amalgamato da una latente ostilità verso i processi di privatizzazione in atto in Cina (ricordiamo l”opposizione emersa nell”Assemblea Nazionale del Popolo in occasione dell”inserimento in Costituzione del diritto di proprietà privata). Il richiamo al maoismo, spesso, ha una valenza meramente simbolica: il richiamo ad una Cina egualitaria (più immaginaria che reale) poi sovvertita dalle riforme liberiste di Deng Xiaoping. Ma è assai dubbio che dietro questo ci sia una effettiva adesione ideologica al pauperismo maoista o il desiderio di ritornare all”epoca della Rivoluzione culturale.


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2- Bo Xilai

In questo quadro occorre inserire il potente segretario del partito di Chongqing (città di 28 milioni di abitanti) Bo Xilai destituito in questi giorni. Dal punto di vista della sua estrazione Bo Xilai sarebbe un purissimo taizi (principe rosso) essendo il figlio di Boybo, uno degli “otto immortali” della lunga marcia, già vicepremier sotto Chou Enlai. Questo ha fatto pensare ad alcuni che la sua destituzione sia un attacco al gruppo dei taizi e, quindi a Xi Jinping  prima del suo insediamento. Analisi completamente sbagliata: in ottobre, durante una cena di taizi cui partecipò anche la sorella di Xi Jinping, venne approvato un documento contro chi manifestava nostalgia per i metodi della Rivoluzione culturale: il segnale dell” attacco a Bo Xilai cui si attribuivano quelle nostalgie.

In realtà, Bo si è mosso come un battitore libero: dopo essere stato ministro per il commercio estero (ottenendo discreti successi) divenne capo del partito a Chongqing dove promosse una violenta epurazione contro le triadi e la corruzione (furono arrestate oltre 3.000 persone e condannati a morte anche 14 dirigenti del partito locale). Questo procurò una vastissima popolarità a Bo, cui furono dedicate canzoni e poesie, mentre nelle strade della sua città campeggiavano scritte al neon che dicevano “Compagno Bo tu lavori duro” e ci fu anche una incipiente campagna a suo favore come futuro segretario del partito.

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Ma tutto questo gli conquistò anche eterne inimicizie: nel corso della campagna Bo fece arrestare anche un avvocato degli imputati che era un “principe rosso” come lui, quel che venne visto come un insopportabile affronto e, da quel momento, il gruppo taizi gli è stato costantemente ostile.

Ancor più ostile gli è stato il gruppo di Shangai e non solo perché fra il 2006 ed il 2088 venne ripetutamente colpito per casi di corruzione (una campagna voluta da Hu Jintao per liberarsi dell”influenza del suo predecessore), ma anche perché vicino al loro gruppo è anche  Wang Yang (di origine tuanpai), il predecessore di Bo a Chongqing: la purga di Bo suonava come una indiretta sconfessione per lui che avrebbe consentito l”estendersi della corruzione e della malavita.

Anche il gruppo tuanpai non ha mostrato alcuna simpatia per il “modello Chongqing” inaugurato da Bo: come molti hanno notato, né Wen Jibao né Hu Jintao si sono mai recati in quella città durante il periodo di reggenza di Bo, un chiaro segnale di mancato gradimento.

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(segue)


Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2012/03/la-caduta-di-bo-xilai/.

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VEDI LA SECONDA PARTE.


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