La città deve sapere!

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21 Febbraio 2013 - 20.10


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Perché l”informazione è la scintilla del cambiamento

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di Daniele Mallamaci*

Sabato 23 febbraio 2013, il movimento NOTAV organizzerà presso il Cinema Massimo di Torino un”assemblea per denunciare pubblicamente una truffa: quella del Treno Alta Velocità e del processo a carico di alcuni dei manifestanti che si oppongono alla sua realizzazione. Una truffa che non riguarda i valsusini soltanto bensì ognuno di noi, perché riguarda la tenuta democratica del Paese e il Paese non è dei valsusini ma di noi tutti.

Il titolo dell”assemblea sarà “La città deve sapere!” e non è casuale: nel 1971, i sindacati organizzarono al Teatro Alfieri di Torino un”assemblea pubblica dallo stesso titolo, per denunciare la sistematica schedatura da parte della FIAT dei suoi lavoratori, con la complicità e la copertura di apparati istituzionali dello Stato d”ogni ordine e grado incluse le forze dell”ordine.

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La “grande fabbrica” che produceva e vendeva la merce-sogno degli italiani e garantiva magnanimamente reddito e benessere per tutti, si rivelava dunque essere una truffa: ai danni dei lavoratori e della tenuta democratica del Paese. La denuncia dei sindacati sfociò in un processo, conclusosi con una sentenza storica poiché mai un tribunale della Repubblica aveva inflitto alla FIAT una condanna penale.

Dagli eventi precedenti e successivi all”organizzazione di “La città deve sapere!” del 1971 si può trarre una lezione fondamentale per cogliere appieno il significato e la potenzialità di “La città deve sapere!” del 2013, ovvero che l”informazione e il cambiamento sono l”una la scintilla dell”altra.

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A Torino, nelle elezioni comunali del 1975, il Partito Comunista Italiano conseguì la maggioranza e fu eletto sindaco Diego Novelli, giornalista caporedattore dell”Unità piemontese ed autore nel 1970 e 1972 dei libri “Dossier FIAT” e “Spionaggio FIAT”: prima del cambiamento, l”assemblea pubblica all”Alfieri per informare la cittadinanza che “Agnelli ha paura e paga la questura”.

In Italia, a partire dall”inizio degli anni ”70, nelle elezioni amministrative iniziarono ad affermarsi numerose giunte comuniste e socialiste. Questi “cambi di giunta” furono il risultato di un”opera d”informazione capillare e continua, condotta dai partiti di sinistra, formazioni extra-parlamentari e associazioni d”ogni genere per diffondere avanguardiste concezioni dell”urbanistica, della salute, della scuola, della mobilità, dell”ambiente e della cultura, contemporaneamente spiegando le contraddizioni, le ingiustizie e le illegalità del capitalismo.

Forti d”un consenso consapevole e partecipato, i neo-eletti sindaci, presidenti di Provincia e di Regione inaugurarono un nuovo corso di politiche pubbliche, incentrate sulla promozione degli interessi dei cittadini e del territorio.

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Né il PCI, né la sinistra in generale riuscirono a tradurre queste vittorie e il relativo consolidamento della loro egemonia a livello locale nel ribaltamento dei rapporti di forza a livello centrale, in un Parlamento che già esercitava una sovranità sempre più limitata da ingerenze straniere e influenzata da potentati nostrani, come Ferdinando Imposimato documenta nel suo libro “La Repubblica delle stragi impunite”.

Tuttavia, nell”immaginario collettivo italico dell”epoca, il fenomeno del “cambio di giunta” dimostrò che lo strumento del voto come espressione della volontà popolare potesse e dovesse tradursi in un cambiamento, un cambiamento alternativo a quello che con la violenza e la persuasione stava imponendo la transizione antidemocratica del terrorismo, dall”inflazione e dalla pubblicità. Analogamente, soprattutto alcuni sindaci comunisti incarnarono l”idea di un modo d”amministrare la cosa pubblica e di vivere la società in alternativa ai modelli imposti dal carrierismo, del consumismo e dell”individualismo.

Molti di quei tentativi circoscritti di cambiamento generale ebbero successo.

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Chi non votava a sinistra o non votava tout court, concorderà che al di là delle critiche ancora legittime e valide agli esponenti e alle dinamiche di quei partiti, i pur insoddisfacenti benefici che quella parte di classe politica riuscì a realizzare non sono minimamente paragonabili a ciò che l”intera classe politica odierna sta realizzando. In altri termini: le infrastrutture (fognature, case, scuole, ospedali, strade, parchi, ecc.), i servizi (sociali, ricreativi, culturali, ecc.) e i sussidi (famigliari, personali, ecc.) che si concepirono e implementarono durante il “cambio di giunta” sono esattamente quei beni comuni che adesso privatizzati e finanziarizzati, oppure in corso di privatizzazione se non in via di smantellamento e soppressione.

Quarant”anni dopo, infatti, il quadro politico è completamente cambiato: ça va sans dire, in peggio.

Un esempio su tutti: il processo di trasformazione del PCI e in particolare del PCI torinese.

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Effettivamente, pur nelle sue documentate e gravi contraddizioni, il PCI riuniva tra le sue componenti alcune delle forze che lavoravano per esprimere e affermare il meglio della società italiana, non solo a parole ma anche nelle donne e negli uomini che si candidavano nelle sue liste.

Oggi, il figlio del figlio del figlio di quel partito Рe in senso lato di quel modo di pensare e fare politica che non era certo patrimonio esclusivo Р̬ il Partito Democratico.

Nel 2013, Diego Novelli si chiama Piero Fassino, sindaco dal 2011: quando il primo fu eletto sindaco, il secondo (figlio d”un celebre comandante partigiano comunista) fu eletto consigliere comunale ad appena ventisei anni. Ebbene, mentre la giunta Novelli di cui era esponente si rifiutò di costruire la metropolitana perché troppo costosa ed impattante preferendole la rete integrata e adattabile della “metropolitana leggera” (cioè tram, bus e filobus), la sua giunta odierna è ufficialmente pro-TAV. Da quasi due decenni ovvero fin dalla giunta Chiamparino, il PD sta governando Torino non certo aumentando la qualità della vita dei cittadini e la sostenibilità della città; al contrario, ha indebitato i cittadini, ridotto o cancellato loro l”accesso ai servizi essenziali e consumato il loro territorio.

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Nell”ultimo anno, il PD nazionale che governa il Paese ha imposto sacrifici e tagli a molti per assicurare i vantaggi di pochi. A breve, quel Pierluigi Bersani che fu consigliere regionale di quell”Emilia-Romagna che assurse a modello europeo per il suo sistema d”asili nido dovrebbe esser eletto primo ministro dal Parlamento, senza tuttavia prospettare alternativa alcuna all”imperio della crisi e dell”austerity sulla popolazione impoverita e sul territorio depredato, così da garantire ancor maggiori profitti ai proprietari di banche, fondi e multinazionali.

Nel 1971, “La città deve sapere!” rappresentò un simbolico, consapevole momento d”informazione e partecipazione pubblica: fu quindi uno dei momenti-scintilla del cambiamento, uno dei momenti-costituenti dalla cui somma scaturì quella parabola politica che nel 2013 sta attraversando la sua ultima fase discendente ed prossima ad esaurirsi, forse già con il prossimo governo.

In tale contesto di avanzato declino civile che è sempre più dissoluzione di civiltà, in primis dissoluzione della nostra capacità di resistenza e sopravvivenza e dissoluzione del regime democratico del nostro Paese, il movimento NOTAV è allo stesso tempo un soggetto sociale vittima ed un soggetto politico cosciente della transizione in atto.

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Perciò ha organizzato un momento d”informazione e partecipazione pubblica dal titolo non megalomane ma evocativo, atto a spronare al cambiamento innescandone la scintilla, tramite la denuncia della transizione di cui è vittima cosciente a partire da una delle sue manifestazioni più emblematiche: il TAV.

Il TAV è una truffa!

Da una parte, lo Stato utilizza decine di miliardi di euro provenienti dalle tasse dei cittadini non per affrontare la crisi in atto creando occupazione e aiutando i disoccupati e i lavoratori in difficoltà, oppure per risolvere la crisi in atto investendo in salute, scuola, ricerca e socialità: lo Stato utilizza invece quel denaro per realizzare un”infrastruttura non sostenibile, dannosa e inutile.

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Non sostenibile poiché i lavori consumano territorio in una valle alpina il cui ecosistema è già irrimediabilmente compromesso da una linea ferroviaria, un”autostrada e due strade statali, inquinando ed esponendo la popolazione locale ad un comprovato rischio-amianto.

Dannosa essendo una spesa che alimenta un giro d”affari a esclusivo beneficio delle imprese appaltanti, sub-appaltanti e fornitrici e non per la comunità valsusina e italiana.

Inutile perché sebbene sia stata costosamente rammodernata, la linea ferroviaria esistente è ampiamente sotto-utilizzata e ormai da anni registra un decremento del volume di traffico passeggeri e merci.

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Oltre ad essere una truffa in sé, il TAV è anche e soprattutto una truffa per sé: è la truffa della democrazia. Non è democratica, infatti, una società che taglia servizi vitali per i cittadini e spende per opere non sostenibili, dannose e inutili. Non è democratica una società che spende per arerei militari mentre aumenta le tasse addirittura tassando un bene primario come la casa. Non è democratica una società che costringe ogni generazione a sacrifici e austerità mascherandoli con nomi diversi quali “precariato” o “pensioni minime”, spendendo allo stesso tempo la ricchezza prodotta dai cittadini per pagare gli interessi d”un debito non contratto da loro e del quale neanche si conoscono i creditori.

I responsabili arricchiti e impunti di questa truffa chiamano “violenza” e “disordine pubblico” il dissenso e la manifestazione del dissenso, reprimendo con la militarizzazione i cittadini che in sempre di più denunciano la truffa del TAV opponendosi alla sua costruzione perché decisione dannosa per l”uomo, l”ambiente e soprattutto contraria alla volontà del popolo, benché assunta da chi il popolo dovrebbe rappresentarlo: il Parlamento.

Parlamento che dopo un anno d”occupazione da parte d”un governo non eletto e quindi illegittimo, grazie alla “truffa delle truffe” della “legge elettorale” sta apprestandosi con le imminenti elezioni nazionali ad essere nuovamente occupato, da una maggioranza forse diversa nella forma che non muterà però nella sostanza: per esempio, continuando ed intensificando l”occupazione militare della Valle di Susa per reprimerne il dissenso e l”opposizione al TAV che costituiscono una lotta per la democrazia, una lotta per tutti noi e alla quale noi se siamo informati dobbiamo partecipare.

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A pochi giorni dalla richiesta avanzata per la prima volta nella storia repubblicana dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e da alcuni Ministeri del Governo Italiano di costituirsi “parte civile” nel processo dei NOTAV per “danno all”immagine”, sabato prossimo, dalle ore 9.30, al Cinema Massimo di Torino i magistrati Livio Pepino e Ferdinando Imposimato discuteranno di truffe, di lotta e di futuro con alcuni esponenti del movimento NOTAV – tra cui Alberto Perino.

Tutti coloro che vogliono essere informati per poter agire nel nome della difesa dei popoli, dei territori e della democrazia.

La città deve sapere! L”informazione è la scintilla del cambiamento!

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* Daniele Mallamaci è membro dell”Ufficio Centrale di Alternativa e Coordinatore di Alternativa Torino.


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