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di Simona Barba – Megachip.
Mi trovo a passeggiare sulla spiaggia pescarese, complice un terso pomeriggio.
Il mare è tranquillo, poche le onde che riescono ad incresparsi, tutto sembra trasportare gli animi a rilassarsi, invece la mia immaginazione comincia a costruire sul pelo dell”acqua una grossa piattaforma, una nave lunga 350 metri: ecco, dovrebbe essere lunga da questa a quella scogliera frangiflutti, anzi no, forse arriverà fino alla successiva?
Non sto vaneggiando. Sto cercando di visualizzare l”ultimo scellerato progetto approvato dal nostro governo uscente, reso possibile dal “Decreto Sviluppo 2012â€, con approvazione della Valutazione Impatto Ambientale del Ministero dell”Ambiente il 25 gennaio scorso: il progetto Ombrina Mare 2 della ditta inglese Mediterranean Oil and Gas.
Con questo favolistico nome si dà l”autorizzazione alla costruzione di una piattaforma per estrazione di petrolio con annessa nave FPSO (http://www.sbmoffshore.com/what-we-do/our-products/fpso/ ), un vero e proprio centro oli galleggiante lungo 350 metri per la desolforazione sul posto del petrolio e del gas estratto dai fondali marini a soli 7 chilometri circa dalla costa abruzzese: una raffineria in mare.
L”impatto ambientale sarà devastante: ogni giorno immissioni in atmosfera di circa 200 tonnellate di fumi. A causa delle perforazioni in pochi mesi saranno prodotti 14000 tonnellate di rifiuti dai fanghi perforanti.
L”economia della zona, legata al turismo e all”agricoltura, sarà letteralmente annientata.
La richiesta della Medoil risale a qualche anno fa, e trovò una ferma battuta d”arresto nel 2010, quando Ombrina Mare venne bocciata dalla commissione VIA, grazie anche alle numerose osservazioni pervenute dalle associazioni e dai cittadini.
Si pensava che la bocciatura fosse definitiva, finché il governo tecnico, nella figura del ministro Passera, senza riaprire alcun contraddittorio con la cittadinanza, come previsto normalmente , riabilitò l”iter di richiesta autorizzazione della Medoil, fino alla decisione di approvazione del progetto.
L”Abruzzo si trova cosi nuovamente sotto attacco petrolizzazione, l”ennesimo. È una guerra iniziata da anni contro un fragile ambiente marino e costiero, in uno dei tratti più belli della costa adriatica, la Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti,di fronte al Parco Nazionale della Costa Teatina, in una riserva di pesca UE e in prossimità di diversi “Siti di Importanza Comunitariaâ€.
Tale situazione è anche dovuta all”insipienza di chi la governa, infatti la Regione Abruzzo (giunta Chiodi), sollecitata per ben 2 volte dal ministero dell”ambiente a rendere il proprio parere sul progetto, non si è espressa al riguardo.
Ora la salvaguardia di questo tratto di costa è legata alla popolazione attiva che si sta mobilitando nel movimento organizzato EAA (Emergenza Ambiente Abruzzo, http://blog.libero.it/emergenzambiente/ ) che raccoglie cittadini, associazioni regionali e nazionali, amministrazioni comunali, scienziati, come Maria Rita D”Orsogna (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mrdorsogna/), e che da tempo è impegnato a divulgare e contrastare la deriva petrolifera abruzzese.
Solo che il problema oramai supera i limiti regionali: in caso di incidente ,non raro in questo tipo di estrazione e con queste modalità di raffinazione, sarebbe tutto il mare Adriatico ad esserne coinvolto, un mare chiuso, dove un incidente petrolifero potrebbe avere conseguenze devastanti.
Naturalmente la notizia non ha superato i confini abruzzesi, come l”altra, quella dello sversamento in mare dal campo petrolifero offshore di Rospo Mare situato a circa 12 miglia dal porto di Termoli avvenuto appena un mese fa.
Dicono che il contenimento del petrolio in mare è stato effettuato in modo ottimale.
Quello che è certo è che in modo ottimale è stata coperta la notizia della rottura che ha causato lo sversamento e di quello che è avvenuto dopo.
L”Abruzzo, la regione più verde d”Europa, si appresta a cambiare tonalità : in verde petrolio.
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ARCHIVIO
Una manifestazione di protesta del 2010 contro la petrolizzazione dell”Abruzzo:
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