Il nuovo “maanchismo” del Pd: “sì critico” e “rivoluzioncina”

La senatrice Puppato (PD) prima va alla manifestazione in difesa della Costituzione, poi vota la devastazione dell’art. 138. Ma con struggimento... [Andrea Scanzi]

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27 Ottobre 2013 - 19.34


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di Andrea Scanzi.

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È l’ultima frontiera del maanchismo piddino: il “sì critico”. Lo ha
sdoganato la senatrice Laura Puppato. Prima è andata alla manifestazione
di Roma in difesa della Costituzione, accanto a Rodotà e Zagrebelsky.
Poi, con coerenza capezzoniana, due giorni fa ha votato la devastazione
dell’articolo 138. Ha detto “sì”, come 100 suoi colleghi (su 107). Però
lo ha fatto con struggimento: il “sì critico”, che è poi più che altro
un “sì pavido”.

Nella sua instancabile opera di autodemolizione, il Pd
non ha mai smarrito quel gusto sbarazzino per promettere una cosa e
compierne un’altra
. Se dice che non farà le larghe intese, le farà
(dissociandosi però da se stesso, vittima di un perenne bipolarismo
politico). Quando poi si allea con il centrodestra, lo fa “suo
malgrado”, esprimendo sbigottimento per “le gravi anomalie” giudiziarie
che caratterizzano il suo leader. E di cui il Pd si stupisce ogni volta.
Come se, invece di avere per sodale Berlusconi, notoriamente mosso
dallo stesso rispetto per le regole che nutriva Tyson per i lobi di
Holyfield, avesse Gandhi.

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Chi non si fida del Pd non pecca in
malafede, casomai in realismo spicciolo
. Gli stessi dissidenti piddini,
categoria ormai iscritta alla Siae con tanto di diritti d’autore (il
marchio l’ha depositato Civati, sempre più Mogol dei quasi-ribelli),
rispettano codici precisi e orgogliosamente cerchiobottisti. La
ribellione deve essere sempre vaga, accennata, disinnescata. Modica e
parsimoniosa, ben pettinata e mai granché disturbante
. Se partecipassero
alla rivoluzione, i dissidenti piddini lo farebbero con l’attrezzatura
bellica dei Gormiti e Civati sarebbe il Subcomandante Playmobil. Sei a
favore della Costituzione? Facile: basta seguire la Ricetta Puppato.

Da una parte abbracci la società civile e ammicchi ai
costituzionalisti colti, dall’altra rispondi “sissignore” a Frau Anna
Finocchiaro. Però, mentre obbedisci, ti mostri un po’ dispiaciuto. Per
meglio dire: un po’ “critico”. L’approccio più volte usato da Re Giorgio
Napolitano, maestro di tutti loro, che firmava ogni legge ad personam
berlusconiana esprimendo perplessità (però intanto le firmava: tutte).

Il Pd è assai attento ai dissidenti altrui, ancor più se grillini, forse
perché invidioso di una tipologia politica che non ha e dunque non
conosce. Anche quando la contrarietà pare massima, il dissidente piddino
non vota contro: sarebbe troppo eretico
. Meglio astenersi, più ancora
abbandonare l’aula. Così l’apparenza è salva (e con essa la figaggine su
Twitter
). E al contempo si evita l’espulsione, che esiste pure nel Pd
ma chissà perché fa meno notizia.

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Corradino Mineo, uno dei
senatori più stimabili del Pd, era contrario alla distruzione della
Costituzione. Non l’ha votata, e da quelle parti non è poco, ma neanche
si è opposto: ha disertato il voto. Sempre Mineo, qualche settimana fa,
ha scritto su Twitter che “nel decreto sul femminicidio il governo ha
messo dentro di tutto”. Dando ragione alle critiche dei 5 Stelle. Quindi
ha votato contro? No, a favore. “Turandosi il naso”.

Nel Pd è tutto
sbiadito e labile. Annacquato
. Il loro ribelle preferito non è Che
Guevara, ma Ponzio Pilato o magari Don Abbondio. Persino la rivoluzione,
per bocca e ovvietà di Matteo Renzi, diventa “rivoluzioncina”, come
comicamente sintetizzato ieri a Radio Deejay.

Constatata l’impossibilità
di essere coraggiosi, sarebbe bello che nel Pd si sforzassero
quantomeno di dire “sì” quando è “sì” e “no” quando è “no”. C’è un
limite anche al paraculismo. Forse.

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Fonte: Il Fatto Quotidiano, 25 ottobre 2013.

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