di Tomaso Montanari.
Vero, ma il Mose sarebbe criminogeno anche se i suoi lavori andassero
lentissimi.
Perché è un progetto sbagliato in sé: frutto di quella 
vocazione al suicidio da cui Venezia non sembra capace di liberarsi.
Per
 mille anni la Repubblica Serenissima ha vegliato sul delicato 
equilibrio della Laguna, che è la particolarissima “campagna†che 
circonda Venezia. In natura, una laguna ha una vita limitata nel tempo: o
 vincono i fiumi che portano materiali solidi verso il mare, e la laguna
 si trasforma in palude e piano piano si interra, oppure vincono le correnti marine, che tendono a renderla un golfo o una baia.
I
 veneziani capirono subito che tenere in vita la Laguna salmastra voleva
 dire assicurarsi uno scudo naturale sia verso la terra che verso il 
mare. Non mancarono le discussioni: celeberrima quella cinquecentesca 
tra Alvise Cornaro, che avrebbe voluto bonificare la Laguna, e Cristoforo Sabbadino,
 che ne difese vittoriosamente la manutenzione continua. Così la storia 
di Venezia – ha scritto Piero Bevilacqua – è stata “la storia di un 
successo nel governo dell’ambienteâ€.
Una 
storia che, con l’avvento dell’Italia unita si è, però, interrotta, ed è
 definitivamente collassata negli ultimi quarant’anni di malgoverno 
veneziano. Per fare entrare le Grandi Navi (turistiche,
 industriali e commerciali) si sono dragati e approfonditi i canali 
d’accesso in Laguna, e contemporaneamente se ne è abbandonata la 
secolare manutenzione .
Il risultato è stato
 un abnorme aumento dell’acqua alta, culminato nella vera e propria 
alluvione del 1966. Fu proprio quell’enorme choc che mise Venezia di 
fronte all’alternativa: o riprendere il governo della Laguna e mantenere
 l’equilibrio, o essere mangiata dall’Adriatico.
Fu allora che emerse la terza via:
 il Mose, che permise di eludere la scelta tra responsabilità e consumo.
 L’idea era di continuare indefinitamente a violentare la Laguna e poi rimediare meccanicamente, con una gigantesca valvola
 che chiudesse le porte al mare. È come se un paziente ad altissimo 
rischio di infarto venisse persuaso dai medici a non sottoporsi ad 
alcuna dieta né ad alcun esercizio fisico, e a scommettere invece tutto 
su una costosissima e complicata operazione di angioplastica. Non 
verrebbe da pensare solo che i medici sono incompetenti : ma anche che 
hanno qualche interesse occulto nell’operazione. E se poi quei medici 
finissero in galera, chi potrebbe stupirsi?
Follemente,
 la scelta della terapia è stata affidata direttamente ai chirurghi. 
Fuor di metafora: la salvezza di Venezia e del suo territorio è stata 
affidata a un consorzio di imprese private (il Consorzio Venezia Nuova)
 interessate a realizzare il costosissimo meccanismo di riparazione del 
danno , il Mose appunto. E tutto è stato asservito a questo ente: anche 
il controllo del Magistrato delle Acque, che si è trovato a ratificare 
(invece che a sorvegliare) scelte operate in base all’interesse privato.
Sarebbe
 difficile spiegare un simile suicidio se non vedessimo che Venezia si 
distrugge ogni giorno in mille altri modi, prostituendosi, fino alla 
morte, a un turismo cannibale. Ma mentre gli abitanti 
continuano a scendere (sono ora 59.000: un terzo della popolazione del 
1950, la metà di quella del 1510) e le Grandi Navi sembrano 
inarrestabili, c’è ancora chi resiste, tra mille difficoltà. Esemplare 
il caso di Italia Nostra, cui appartiene la voce più 
ferma e coraggiosa contro la morte di Venezia, una voce che un anno fa 
aveva documentato pubblicamente proprio la corruzione del Mose: ebbene, la soprintendente architettonica veneziana Renata Codello
 ha querelato l’associazione, che le rimproverava pubblicamente la 
difesa delle Grandi Navi, e l’autorizzazione allo scempio (futuro) del 
Fondaco dei Tedeschi e al raddoppio (in corso) dell’Hotel Santa Chiara 
sul Canal Grande (quello dove, secondo i pm, la segretaria di Giancarlo Galan avrebbe ricevuto le mazzette!).
 E che avvocato ha scelto la Codello? Ma quello del Consorzio Nuova 
Venezia, che controlla il Mose. Pulire la Laguna, insomma, sarà 
un’impresa lunga.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/05/venezia-storia-di-un-suicidio/1014897/.
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