M5S, né fascisti né nuova sinistra

'Livorno e Civitavecchia mostrano che sul M5S va un voto di rottura con il Pd clientelare. Chi urla al ''pericolo per la democrazia'' non si chiede perché a sinistra lo si voti.'

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11 Giugno 2014 - 12.45


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di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena.

L’esito dei ballottaggi a Livorno e Civitavecchia palesano come la
creatura di Grillo rappresenti un voto di rottura e discontinuità contro
quel Pd ormai apparato e gestore di potere clientelare. Ma se lo stesso
M5S si autodefinisce postideologico e populista, stride il discorso di
chi definisce i grillini un “pericolo per la democrazia”, non
interrogandosi sul perché tanti a sinistra guardano con interesse al
movimento.

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“Livorno
la rossa” è caduta, ma da quanto tempo non era più rossa? “Livorno la
rossa”, certo, facile slogan per chi non sa bene che Livorno, prima che
rossa, è anarchica. Nello spirito, nel carattere, nel gusto dell”ironia e
del paradosso. «Se vuoi fare come ti pare vai a Livorno», è il detto
toscano. E così “Livorno la rossa” ma ribelle ha voltato le spalle al
“Partito”.
Cinque anni fa gli Amici di Beppe Grillo (si chiamavano
così) ottennero un grande risultato per quei tempi, con Marco Cannito
candidato sindaco: 9 per cento, una coalizione con i verdi e i trozkisti
di Sinistra Critica. È lì, in un retroterra culturale ecologista e di
sinistra, un po” garibaldino e un po” settario, che il nucleo originario
del M5S ha preso forma. E poi si è aggiunto di tutto: giovanissimi,
disoccupati, extracomunitari, laureati: come appunto l”ingegnere
aerospaziale Filippo Nogarin, livornese di Castiglioncello e
ambientalista, un passato nei Verdi e autodefinitosi “culturalmente di
sinistra”.

Democrazia diretta, battaglia contro il progetto del
rigassificatore a pochi chilometri dalla riva, stop alle nomine
politiche e allo strapotere del “Partito”, il partito che come una mamma
ingombrante tutto sa, tutto dispone, tutto amministra. È solo che la
crisi a Livorno in questi anni ha picchiato duro, quella del porto è
ormai trentennale. La tradizione rossa fatta di passione viscerale si
era trasformata in tradizione e basta, in quieto vivere, in accordi e
accordicchi, spesso nell”arroganza e nella prepotenza di chi si sente
invincibile.

La domanda è: che correlazione c”è tra Livorno e
l”Italia, sempre che ci sia? Più indizi forse fanno una prova. Dalla
Grecia potremmo prendere in prestito le parole dei dirigenti di Syriza
(il partito di sinistra radicale giunto primo alle ultime elezioni
europee): «La politica è spesso la fortuna di trovarsi al posto giusto
nel momento giusto. In Italia la sinistra non è stata capace di
canalizzare una protesta contro l’austerità, che le sarebbe stato
naturale interpretare, perché ha peccato di coerenza. È stata
considerata responsabile del problema, non alternativa al problema. Il
M5s raccoglie i frutti del malcontento politico e beneficia degli
effetti della crisi rappresentando una forza antisistema e
antibipolarismo». In effetti lo storico duopolio italiano, prima Dc-Pci
poi centrosinistra-centrodestra, è stato scardinato. Non dal Terzo Polo
montiano e casiniano, rivelatosi essere un bluff della politica, ma da
quel M5s che – dati alla mano – sta stabilmente sopra Forza Italia ma
ben lontano dal Pd renziano.

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I proprietari del marchio, i diarchi
Casaleggio & Grillo, non hanno peccato di coerenza: dalle prime
comparizioni elettorali hanno equiparato – in era di fervore anti
berlusconismo – Pd e Pdl, denunciando gli elementi comuni tra i due
soggetti. Hanno attaccato la Casta con tutti i suoi costi e i privilegi,
la partitocrazia in toto e un sistema di potere clientelare, delle
lobby, corrotto e corruttibile. Un catalizzatore per gli scontenti e gli
incazzati piegati dalla crisi economica e istituzionale: i voti sono
piovuti da destra come da sinistra, come testimoniavano alcuni sondaggi
dopo le elezioni dello scorso anno. I grillini, anche su questo, in
realtà sono netti e chiari dal primo momento: «Il M5s è postideologico,
per noi contano i fatti e non siamo né di destra né di sinistra». «Siamo
una forza populista», ha aggiunto ultimamente Beppe Grillo,
protagonista di una campagna elettorale decisamente sopra i toni, in cui
ha affermato tutto e il contrario di tutto. Quindi catalogare il
movimento da un lato o dall’altro ha poco senso. Non è corretta la
lettura, ad esempio, di chi vede nel M5S la “nuova sinistra” perché una
buona parte del proprio programma elettorale ha quell’orientamento
politico: temi ambientali, tutela beni comuni, difesa della
Costituzione, reddito di cittadinanza, pacifismo e così via. Stride
perché non considera la gestione padronale del movimento e i contenuti
fortemente destrorsi sull’immigrazione, sulla sicurezza o il forte
euroscetticismo declinato in chiave nazionalista. Tanto da aprire un
dibattito all’interno del M5s sull’idea di alleanza con il leader
inglese, xenofobo e liberista, Nigel Farage. In una recente intervista
Roberto Fiore, storico leader di Forza Nuova, ha spiegato come alcune
battaglie storiche del suo partito siano portate avanti ora da Lega
Nord, Fratelli d’Italia e M5S e quindi «una grande vittoria per noi». La
stessa Syriza lo scorso anno è venuta in Italia per confrontarsi col
movimento. L’incontro come è nato, è finito. «Le differenze sono
culturali naturalmente, al M5s manca il conflitto di classe e non
combattono il neoliberismo», ragionano i dirigenti greci, i quali non
condividono la visione della società come una lotta tra Casta e
cittadini, e non tra classi sociali: tra chi detiene la ricchezza contro
chi si sta impoverendo.

Ma se è una forza post-ideologica («per
noi contano i fatti») e non di sinistra, stridono anche le teorie
grillofobiche che vedono nel movimento un pericolo per la democrazia.
“Fascisti” tout court per molti, in un gioco di semplificazione che non
aiuta nessuno ad analizzare a fondo il fenomeno. E dove in realtà non si
evidenzia il lavoro di “sentinella” in Parlamento contro le politiche
dell’austerità volute prima dalla larghe intese e ora dal nuovo premier
Renzi che tra riforma dell’art 81 della Costituzione, il Job Act sul
lavoro e arresti bipartisan ha bisogno di una dura opposizione. Cosa che
il M5S sta dimostrando di voler fare.

Tornando a Livorno,
quindi: la città è andata a destra? Con la consueta irriverenza il
direttore del Vernacoliere Mario Cardinali al Corsera rispondeva,
parlando del Pd: «E il via libera agli ipermercati, coop rosse e adesso
pure quelle bianche? E l’inutile nuovo ospedale che non vuole nessuno? E
il degrado dei monumenti? Affari, soldi, business, poteri forti,
arroganza. Un grande inciucio. I livornesi hanno detto vaffanculo, o
meglio “ilbudellodituma”». Sulla stessa lunghezza d’onda Lenny Bottai,
noto pugile ed ex capo ultras delle Bal (Brigate Autonome Livornesi),
che intervistato su Pagina 99 si domandava: «Perché avrei dovuto dare la
preferenza al Pd che proponeva come assessore allo sport Maurizia
Cacciatori (ex-candidata Pdl a Massa) mentre invitava i livornesi a
difendersi dalla deriva destrorsa del M5S quando poi tutte le cose più
di destra negli ultimi 20 anni di politica le ha fatte proprio il Pd che
è diventato la nuova Dc? Se c”è una cosa che mi ha fatto schifo –
continuava – è vedere riesumare termini come ‘compagni’ e ‘antifascismo’
per vincere un ballottaggio che aveva solo interessi economici e di
potere, e in molti ci sono cascati. Poi al ballottaggio non si vota
‘per’ ma ‘contro’, ed era anche una questione di salute. Livorno ha
un”altissima incidenza di tumori. Dopo il fallimento del rigassificatore
Olt, questi (Pd) avevano promesso discariche e un altro inceneritore.
Serviva un segnale chiaro. Le città non si governano con le Lobby,
figuriamoci Livorno».

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Come a dire: quando la sinistra smette di
fare la sinistra, il popolo di riferimento della sinistra ti abbandona.
Se da essere un partito popolare ti trasformi in un ufficio di
collocamento di dirigenti di partecipate sempre pronto a sedare ogni
pensiero critico e ogni lotta allora dopo non puoi cascare dalle nuvole.
Il sito di controinformazione livornese Senza Soste è stato ancora più
chiaro: «Molte persone che vivono fuori Livorno sono stordite da questo
risultato e da posizioni come le nostre. Chi vive qui sa benissimo che
la sinistra organizzata elettoralmente (eccetto Rifondazione), quella
organizzata dal basso e quella diffusa nel sostegno a tante lotte sul
territorio, hanno votato in massa per i 5 Stelle, o meglio contro il Pd.
Molti tappandosi il naso ma per il bene della città, altri in modo
naturale visto che nella sede del Movimento 5 Stelle di Livorno sono
appese le bandiere “No Tav”, “No Rigassificatore” e “Referendum Acqua
Pubblica”, le stesse che molti hanno in casa. Col Pd invece cosa c”era
da condividere? Nulla, se non la vuota retorica di chi spesso parla
facendo credere ai propri elettori che esiste sempre il Pci. Anzi,
probabilmente molti possono condividerci le decine di denunce e i
processi dei prossimi mesi per molte battaglie recenti e passate».

E
adesso? Uno dei guitti livornesi più conosciuti e ascoltati in città,
l”attore Pardo Fornaciari, un passato in Democrazia Proletaria,
sentenzia: «Nogarin reggerà la città forte di un consenso che si
aggirerà a malapena al di sotto del 30 per cento dei cittadini. Poco,
pochissimo. Una forza politica piccolo borghese in tali condizioni è
destinata fatalmente ad essere condizionata dalla classe sociale
organizzata che si dimostrerà più forte. O il capitale che muove
traffici, o quello che costruisce, o la forza organizzata dei
produttori, i lavoratori dipendenti. Che per ora non c”è».

A
Civitavecchia stesso film. Col sindaco uscente Pietro Tidei che in
questi anni aveva stretto legami con poteri forti e lobby, invischiato
poi in storie di familismo da basso impero. Quindi la rottura del
centrosinistra con Sel e Pd ai ferri corti ed elezioni anticipate. Sel
al voto con un suo candidato, autonomo e non in alleanza, che otteneva
quasi l’11 per cento. Al ballottaggio M5S e il Pd di Tidei. A caldo, il
26 maggio, Enrico Luciani, ex consigliere regionale e uomo forte di Sel a
Civitavecchia (di cui è stato anche vice sindaco) dichiarava: «Il
rapporto ormai è deteriorato: è stato lui a lavorare per demolire la
maggioranza non rispettando il programma. Noi lo abbiamo mandato a casa e
alle elezioni europee ha preso una sonora botta. Al secondo turno deve
continuare il processo per mandare a casa Tidei, non daremo mai il
nostro sostegno all”ex sindaco». E infatti sotto banco Sel ha sostenuto –
rompendo il sodalizio col centrosinistra presente quasi ovunque – il
candidato del M5S. Come gran parte degli elettori della lista di
sinistra livornese hanno sostenuto Nogarin al ballottaggio.

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Uscendo
dalla logica di affibbiare un orientamento politico al M5S,
bisognerebbe riflettere sul perché ormai sempre più persone di sinistra
si sono rifugiate nella casa grillina. Il giornalista Alessandro Gilioli
scriveva giustamente: «La domanda non è se il Movimento 5 Stelle “sia o
no di sinistra”, ma semmai se una parte degli elettori di sinistra o
potenzialmente tali – specie quelli più giovani – continua a pensare di
ottenere o meno una rappresentanza elettorale più vicina ai suoi ideali o
ai suoi interessi quando vota M5S». Questo anche a causa di una
deficienza della sinistra tradizionale che dal 2006 in poi ha
collezionato batoste e scelte strategiche fallimentari. Persino dopo
aver superato per soli 8mila voti la soglia di sbarramento con L”Altra
Europa, si finisce per far emergere il proprio tafazzismo. Deludendo,
ancora una volta, il suo elettorato. I recenti sondaggi Swg sull’analisi
del voto pentastellato attestano come rispetto all’ultimo anno sia
diminuita la percentuale di elettori di destra e aumentata quella di
sinistra.

Va di moda tirare per la giacca Enrico Berlinguer, a
trent’anni dalla sua morte. Se il Pd renziano ha tagliato le proprie
radici ed è lontano culturalmente da quel Pci, anche il parallelismo col
M5S è fuorviante. Nell’idea di società che si ha in mente. Nella
prospettiva di reale alternativa da mettere in campo. Oltre agli strilli
e i proclami. Berlinguer era un ideologico, era di sinistra, era un
comunista. E lo spazio politico per modernizzare con coerenza quei
valori è enorme. Volendolo fare, ovviamente.

Fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/m5s-ne-fascisti-ne-nuova-sinistra/.

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