I cattolici bocciano il TTIP

'Liberalizzazione selvaggia, rimozione di regole, sicurezza agro-alimentare e ambiente. I rischi della ''NATO economica'' analizzati da esponenti del mondo cattolico.'

I cattolici bocciano il TTIP
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9 Dicembre 2014 - 22.25


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di Giampaolo Petrucci.

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ROMA-ADISTA. «Liberalizzazione selvaggia dei mercati e della
finanza, accordi a ribasso, rimozione di regole e controllo, rischi per
la sicurezza agro-alimentare e per l’ambiente». Ecco alcuni dei rischi
che si nascondono dietro il Ttip (Transatlantic Trade and Investment
Partnership), gli accordi di libero scambio tra Unione Europea e Stati
Uniti «attualmente oggetto di negoziati volutamente segreti».

A lanciare
l’allarme, sul numero di novembre di Mosaico di pace, mensile promosso
da Pax Christi, il dossier “Fermiamo questo trattato”, curato da
Nicoletta Dentico (giornalista, impegnata nella cooperazione
internazionale sui temi del diritto alla salute, dal 2013 nel cda di
Banca Etica), che raccoglie le firme di autorevoli esponenti
dell’associazionismo di base che fa capo alla Campagna “Stop Ttip
italia” (v. Adista n. 33/14).

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Nata nel febbraio 2014, la Campagna
coordina le attività anti-trattato di circa 60 realtà, tra cui Adista,
Arci, Associazione Botteghe del Mondo, A Sud, Attac Italia, Centro Nuovo
Modello di Sviluppo, Comune-info, Fiom, Fondazione Culturale
Responsabilità Etica, Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua,
Mst-Italia, Re:Common, Sbilanciamoci! e Un Ponte Per (http://stop-ttip-italia.net).

Con questo dossier Mosaico si pone l’obiettivo di far luce su questo
accordo, che Matteo Renzi intende portarsi a casa «entro i primi mesi
del 2015, come un trofeo di efficienza della sua politica futurista e
innovativa».

Il problema dell’informazione e della sensibilizzazione della
cittadinanza è cruciale
perché questo accordo, deciso nei palazzi,
«segretissimo e segretato», entra pienamente nella vita delle persone e
minerà quel sistema di protezione che i cittadini europei hanno
conquistato con decenni di lotte per i diritti.

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Ad esempio, desta
preoccupazione il destino dei servizi idrici in Italia che, secondo la
volontà popolare espressa nei referendum del 2011, dovrebbero restare
pubblici e fuori da ogni logica di profitto. E invece, con questi
accordi, «si aprono definitivamente le porte agli investitori
americani», che entreranno a pieno titolo in concorrenza con i soggetti
pubblici locali.

Questi accordi commerciali bilaterali hanno lo scopo di
rimuovere le barriere commerciali, «aprono i mercati e proteggono gli
investitori», anche contro le regolamentazioni dei singoli Stati o enti
locali. E così, se un governo decidesse di mantenere pubblica la
gestione di servizi essenziali come l’acqua, questa potrebbe essere
considerata una “barriera commerciale” e per il governo in questione
potrebbero scattare sanzioni e azioni legali, vista anche la
possibilità, da parte dell’investitore, di citare in giudizio uno Stato
qualora «misure adottate da quest’ultimo vengano percepite come lesive
degli interessi commerciali di un dato Paese». Con buona pace della
sovranità nazionale, della volontà popolare e dell’idea stessa di bene
comune: l’intento principale del Ttip sembrerebbe proprio quello di
introdurre, anche in Italia, «una corsa irreversibile alla
privatizzazione»
, principalmente su servizi e beni pubblici come la
salute e l’acqua.

Stesso discorso vale per la diffusione dei prodotti alimentari.
Saranno considerati “barriere commerciali” tutti quei controlli e
vincoli imposti sui prodotti alimentari – frutto di una accresciuta
sensibilità soprattutto nella patria del made in Italy, della dieta
mediterranea e del “bio” – volti a garantire stili di vita sani e a
ridurre l’incidenza di patologie croniche legate all’alimentazione
scorretta (obesità, malattie cardiovascolari, tumorali, dentali, ecc.):
il Ttip, forzando la «convergenza sulle regolamentazioni» tra Ue e Usa,
azzererà con un colpo di spugna decenni di conquiste e favorirà
l’introduzione, anche in Italia, del «modello alimentare americano»,
fatto di cibi ipercalorici e a basso costo, cibi confezionati e
chimicamente modificati, uso massivo di ormoni e antibiotici nelle carni
e di pesticidi in agricoltura, modificazioni genetiche, ecc.

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Di «ennesima minaccia alla democrazia» parla Monica di Sisto
(vicepresidente dell’associazione Fairwatch, tra i promotori della
Campagna “Stop Ttip Italia”). Sotto attacco sarebbero «servizi pubblici e
beni comuni, a rischio di privatizzazioni e svendite selvagge; tutti
quegli standard come la sicurezza dei cibi, dell’ambiente, dei luoghi di
lavoro, della chimica, gli stessi contratti di lavoro, rispetto ai
quali tra Europa e Stati Uniti non abbiamo soltanto legislazioni, ma
idee e pratiche molto diverse».

Segnaliamo poi l’intervento di Antonio Tricarico (di Re:Common), il
quale sottolinea che questa è «una legge su misura» per le
multinazionali, che così «potranno sfidare tutte quelle leggi nazionali e
internazionali che potrebbero avere un impatto negativo sui profitti
attesi dagli investimenti». E il contributo di Andrea Baranes, della
Fondazione Culturale Responsabilità Etica, sulle minacce che si
nascondono dietro l’eventuale inclusione dei servizi finanziari nel Ttip
e sugli effetti nefasti di una deregolamentazione totale del settore
finanziario
in un periodo di drammatica crisi internazionale che ha
avuto origine proprio per l’assenza di controlli e regole certe. E
infine quello di Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento
Consumatori
, che ipotizza scenari apocalittici nel settore
agroalimentare: «Pensiamo forse, noi europei, di poter “invadere” i
mercati Usa grazie alla qualità dei nostri prodotti? Rischiamo, invece,
di compiere un enorme errore: perdere il nostro vantaggio competitivo,
ma ancor prima il nostro tratto distintivo più prezioso, la biodiversità
europea e mediterranea e il rapporto culturale tra salute e
cibo».Conclude Dentico nel suo intervento: «Se i decisori politici
europei non vogliono vedere il marcio di questa deriva, forse è arrivato
il momento che le società europee battano un colpo. Forte e chiaro».

La voce dei poveri

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Sull’accordo di partenariato tra Usa e Ue sono intervenuti –
dedicandogli l’intera Assemblea plenaria d’autunno che si è chiusa il 13
novembre – anche i rappresentanti dei vescovi d’Europa raccolti nella
Comece (Commissione degli episcopati della Comunità Europea), i quali
hanno riconosciuto che il Ttip «rimane un accordo controverso e solleva
una serie di problemi»
.

La Chiesa, hanno detto, «deve far sentire la
voce dei più deboli e dei più poveri in Europa e nel mondo, nella misura
in cui saranno interessati dall’accordo sul libero scambio». Dopo aver
ascoltato la voce di alcuni esperti, tra cui il capo dei negoziati da
parte europea, Garcia Bercero, i vescovi hanno annunciato il lancio di
un documento ad hoc di prossima pubblicazione, nel quale sottoporranno
ai parlamentari europei alcune domande “scomode” che il trattato lascia
aperte.

La bestia che sale dal mare

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Ttip al centro anche dell’ultimo appello di padre Alex Zanotelli,
missionario comboniano a Napoli e direttore di Mosaico di pace, dal
titolo “Vidi una bestia salire dal mare…”. «È un vero e proprio golpe da
parte dei poteri economico-finanziari che governano il pianeta. È la
vittoria delle lobby (multinazionali e banche), che hanno 15mila agenti a
Bruxelles e 13mila a Washington» sempre pronti a premere sulle
istituzioni internazionali per favorire gli interessi delle imprese
transnazionali. «Il Trattato indebolisce il principio di precauzione
vigente in Europa in relazione ai nuovi prodotti, elimina le sanzioni in
caso di abusi relativi ai diritti sociali e ambientali, mira a una
progressiva privatizzazione di tutti i servizi pubblici». Indebolisce
poi la sovranità degli Stati con «una nuova legislazione a misura di
multinazionali» che «trasferisce la risoluzione delle controversie tra
imprese private e poteri pubblici a strutture di arbitrato privato».

Non
solo, «il Trattato inoltre avrà pesanti ricadute sul mondo del lavoro
aggirando le norme del diritto dei lavoratori
proclamato
dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, svuotando le normative
per la protezione dei lavoratori, ma anche ridimensionando il diritto di
contrattazione collettiva».

Il missionario invoca la presa di posizione
della Conferenza episcopale italiana: «I vescovi europei hanno deciso
di preparare un documento per gli eurodeputati. Perché i vescovi
italiani non fanno lo stesso? Questo darebbe tanta forza alle comunità
cristiane e all’associazionismo di ispirazione cristiana a congiungersi
con il grande movimento di opposizione a questi trattati. Uniti possiamo
farcela!».

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Fonte: http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=54522.

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