La sconfitta e i piani B

Se una radicalità di facciata ma sostanzialmente continuista con la trojka non porta risultati, perché mai puntare sul nuovo? Analisi dopo la Grecia [S. Santini]

La sconfitta e i piani B
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13 Luglio 2015 - 22.04


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di
Simone Santini
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Alla
luce della recente intervista di Yanis Varoufakis –
nella
quale l”ex ministro delle finanze di Atene ha rivelato con precisione
molti retroscena della crisi greca –
si
possono cominciare a trarre alcune parzialissime conclusioni
su
cosa sia accaduto.
Appare
evidente come
Varoufakis
e il primo ministro
Alexis
Tsipras
avessero un
atteggiamento diverso
rispetto
al
referendum indetto e
vinto.
Varoufakis aveva
pronto un piano B, Tsipras no
.


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Il
primo avrebbe ingaggiato i nuovi negoziati da una posizione forte del
sostegno popolare, alzando la posta e pronto a giocarsi il tutto per
tutto: o le istituzioni europee concedevano un reale cambio di rotta
alle politiche di austerità, o la Grecia si dimostrava pronta a
lasciare l”euro, con conseguenze forse drammatiche per il paese ma
certamente non indolore per Frau Merkel e gli altri (non solo dal
punto di vista economico ma anche e soprattuto geostrategico).

Tsipras
invece sarebbe andato al tavolo pronto ad accettare ciò che gli
sarebbe stato offerto, senza sfide.


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Cosa
ha ottenuto Tsipras? Di fatto ha solo guadagnato tempo, tre anni
circa, e una vaghissima prospettiva di dilazione (non
ristrutturazione) del debito (ovvero ancora tempo, non un cambio
delle politiche economiche).


Certo,
gli ottanta e più miliardi del terzo memorandum non sono pochi, e
stavolta non serviranno solo a spostare il rischio di insolvenza
greco dalle banche franco-tedesche ai debiti pubblici degli Stati
europei (a ciò sono serviti i primi due memorandum) ma circa 35
miliardi potrebbero essere usati per investimenti produttivi. Non
sono pochi ma appaiono del tutto insufficienti a garantire quella
fantomatica “crescita” che tutti agognano per poter rendere
sostenibile il debito. La crescita strutturale in Europa, nei
prossimi anni, non ci sarà quasi per nessuno, figuriamoci se potrà
esserci per la Grecia…

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Perciò
tra tre anni, o forse ben prima, rischiamo di trovarci la Grecia in
condizioni ancora peggiori delle attuali con solo 80 miliardi di
debito in più e circa 50 miliardi di beni pubblici destinati in un
fondo di garanzia. Non è una rosea prospettiva, può finire davvero
che i creditori pignorino ad Atene il Partenone o qualche isola.


Tsipras
ha però guadagnato (in teoria) tre anni di tempo, che per la
politica sono un”era geologica, e sostanzialmente ottenuto la
permanenza della Grecia nell”euro, che era ciò che, a quanto pare,
la maggioranza dei cittadini greci chiedeva, anche a fronte di
pesanti sacrifici.

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Sul
piano interno Syriza subirà certamente fortissimi contraccolpi, si
vedrà come verranno gestiti. Il rischio tangibile è che la
protesta, nel caso probabile che la situazione economica non cambi e
anzi peggiori, si vada a radicalizzare ancora di più verso le ali
estreme, sia di destra che di sinistra, col rischio di disordini
sociali profondi.


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Ripercussioni
sulla possibilità di costruire un fronte europeo anti-austerità e
di opposizione a queste istituzioni europee? E” ancora presto per
dirlo, solo nel tempo si potrà verificare. L”appuntamento a più
breve termine saranno le elezioni spagnole di novembre.
L”affermazione di Podemos dipenderà molto da come sapranno
interpretare i fatti greci in chiave interna. Se passasse il concetto
che una radicalità di facciata ma sostanzialmente continuista con la
trojka non porta risultati, perché mai si dovrebbe puntare sul
nuovo? Tanto varrebbe continuare a puntare sul vecchio.



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