La resa o l'attesa? Una sconfitta che apre al futuro

La questione si pone con forza dopo la sconfitta europea di Tsipras: lotta per far uscire il neoliberismo dall’Europa, con solidarietà e cooperazione tra paesi diversi.

La resa o l'attesa? Una sconfitta che apre al futuro
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15 Luglio 2015 - 07.21


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di
Paolo Bartolini
.


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Come essere in
vena di paradossi in un momento così tragico per la Grecia e per l’Europa
tutta? Alexis Tsipras ha dovuto capitolare, i creditori europei hanno imposto
la loro legge (quella del più forte e del più miope) e oggi in Grecia Syriza
vive una drammatica frattura.

In questi
giorni, dopo l’entusiasmo del referendum vinto dal NO, la sconfitta di Tsipras
sembra aver autorizzato molti a voltare faccia al premier greco, a dipingerlo
come un vigliacco e un opportunista.

I meccanismi proiettivi sono così,
purtroppo, oscillano tra il bianco e il nero, tra il tutto e il niente, senza
cogliere i colori intermedi di uno
spettro decisamente complesso.

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Ebbene, non
abbiamo difficoltà ad ammetterlo: il piano B al quale pensava Yanis Varoufakis
forse avrebbe onorato fino in fondo il voto democratico del 5 luglio. Eppure,
chi volesse conservare insieme alla calma un po’ di onestà intellettuale
ammetterebbe che Tsipras non si è fatto mai portatore della possibilità di una “grexit”.
Qui i tragitti della coerenza arrivano ad un punto di divaricazione che
infrange le pretese lineari causa-effetto per entrare nel campo delle scelte
vere (quelle che puoi anche sbagliare, perché dipendono dalla libertà e da
fattori multipli). In altre parole, è
stato più coerente Tsipras con i suoi elettori o Varoufakis?
A ben vedere,
se consideriamo le premesse, entrambi hanno le loro ragioni per giustificare
due linee di azione tanto diverse.

E nessuno può
sapere, ad oggi, se il piano Varoufakis avrebbe potuto evitare alla Grecia
umiliazioni altrettanto amare quanto quelle a cui stiamo assistendo.

Sospeso il
giudizio, quindi, torniamo al paradosso espresso nel nostro titolo. Quella di Tsipras è certamente una
sconfitta, non prendiamoci in giro
. Ma una sconfitta che non cancella i meriti precedenti del suo Governo. La questione dei debiti sovrani è
finalmente approdata sui tavoli della politica
, e alla razionalità
disincarnata del calcolo economico si sono sostituiti i più densi e concreti
rapporti di forza. È a questo livello che si è giocata la sconfitta di Tsipras,
che da solo contro tutti non ha
potuto contare su alleanze europee mirate alla rinegoziazione del debito e alla
messa in discussione delle misure di austerità.

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Noi continuiamo
a credere che l’obiettivo comune, per chi abbia capito che i problemi del mondo si giocano sul piano transnazionale e su
dimensioni geopolitiche di larga scala
, sia quello di creare un fronte di lotta finalizzato a far uscire il neoliberismo dall’Europa,
creando le condizioni per ristabilire rapporti di solidarietà e cooperazione
tra paesi diversi.

L’attesa di Podemos, e di altre forze ‘eurocritiche’
che speriamo democratiche nei fatti e non solo nei proclami, si fa adesso più
forte proprio perché la battaglia di Tsipras è stata perduta.

Con rapporti di
forza diversi (immaginiamo forze diverse dal PPE e dal PSE che vincano in più
Stati) lo spazio giuridico oggi usurpato dall’Unione Europea non sarebbe
affatto “irriformabile”, nonostante questo messaggio provenga come un mantra
dai fedeli della Troika e dalla galassia dei no-euro sovranisti (tale
consonanza di vedute dovrebbe far riflettere).

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Aggiungiamo
inoltre che l’asso nella manica di una possibile uscita dall’euro, il cosiddetto ‘piano B’, avrebbe allora un altro
peso nella negoziazione tra Stati. Ecco perché, a nostro avviso, l’eredità di
Syriza va raccolta e trasformata, così come va onorata la stagione di dignità riaperta
dallo stesso Tsipras.

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