'COP21: l''accordo c''è, nessuno lo rispetterà'

La speranza è che cresca contemporaneamente la mobilitazione capillare e reticolare nei confronti di ogni passettino in più del turbocapitalismo distruttore dei territori.

'COP21: l''accordo c''è, nessuno lo rispetterà'
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15 Dicembre 2015 - 05.25


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da Infoaut

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A reti unificate i media annunciano: trovato l”accordo al meeting parigino sul riscaldamento climatico! E” una giornata storica! E” un enorme passo avanti per l”umanità! Quando leggiamo certi titoli viene immediatamente da diffidare: e scavando bene, si nota come l”accordo del COP21 per quanto ambizioso continui nella stessa prospettiva delle precedenti risoluzioni. Ovvero, non c”è nulla che lo renda giuridicamente vincolante e quindi politicamente dotato di effetti; piuttosto, tutta una serie di altre questioni lo rendono sconfitto in partenza sin dallo scorso 12 dicembre quando è stato ratificato il testo definitivo dell”accordo.

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A voler essere positivi, l”evento che permette di parlare di accordo storico è la firma di 196 paesi (praticamente tutto il globo) del documento che individua nell”obiettivo del contenimento del riscaldamento climatico sotto gli 1,5 gradi; un elemento che permette di poter parlare se non altro della squalificazione definitiva di ogni vulgata negazionistica rispetto al tema ambientale, un risultato non scontato vista l”avidità e l”arroganza delle retoriche turbocapitalistiche a cui siamo abituati e visti i fallimenti di tutti i meeting precedenti a partire dall”ultimo tenutosi nel 2009 a Copenhaghen.

Peccato che contemporaneamente, oltre alle belle parole, si rimandino consapevolmente diversi e importantissimi temi che sarebbero dovuti essere al centro del dibattito. Si può partire ad esempio dal problema della produzione/estrazione forsennata tuttora in corso degli idrocarburi a livello globale, oppure dalla questione dell”obiettivo “emissioni zero”, rimandata alla seconda metà del secolo. Quest”ultimo è un dato necessario da rilevare perchè significa che nulla è in programma per placare gli effetti negativi derivanti dal commercio dei cosiddetti “buoni per le emissioni” che di fatto stanno permettendo agli stati più potenti di continuare ad inquinare comprando il diritto di farlo ai paesi che nella divisione internazionale dell”indebitamento hanno bisogno di fare cassa.

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La realtà è che diversi calcoli sulle prospettive adottate dal COP21 parlano di una realtà di un riscaldamento climatico che si aggirerà tra i 3 e i 4 gradi centigradi, scatenando scenari disastrosi per la sostenibilità ambientale: questo risultato è dovuto in prima battuta agli accordi commerciali transnazionali in via di negoziazione che peggioreranno diversi standard del commercio globale, come per esempio la TPP a guida americana rispetto all”area geopolitica del Pacifico o il TTIP tra USA e Europa.

Ma si potrebbe parlare anche delle politiche di sfruttamento dei giacimenti off-shore, cosi come della tecnica del fracking, così come dell”ennesima riproposizione del meccanismo per il quale si pongono date d”inizio dei controlli rispetto alle riduzioni posticipate nel tempo (la prima sarà nel 2018), senza considerare che altri tre anni a questo livello di inquinamento renderanno impossibile che l”accordo sia possibile da rispettare. Molto probabilmente l”accordo non sarà inoltre ratificato a livello statuale (per esempio il congresso USA a guida repubblicana non lo farà), e dall”altro lato il meccanismo delle autocertificazioni dei propri livelli di inquinamento (fortemente voluto da Stati come la Cina) potrebbe produrre distorsioni alla reale comprensione della direzione che si prenderà.

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L”accordo ha inoltre evidenti connotazioni geopolitiche, con i paesi più in difficoltà e non responsabili dei livelli di inquinamento climatico che non vedranno stanziati nei loro confronti abbastanza fondi per potergli permettere di abbandonare lo sfruttamento delle energie derivanti da combustibili fossili. La forza delle multinazionali, veri e propri attori protagonisti nell”economia globalizzata al pari delle entità statali, è inoltre tale da mettere sotto accusa legale le migliori politiche energetiche condotte dai governi (come ad esempio quelle del Quebec, che ha vietato il fracking) sulla base della loro contraddittorietà con il liberismo economico di trattati come ad esempio il NAFTA.

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Allo stesso tempo, va sottolineato come anche un riscaldamento inferiore ai due gradi produrrà effetti nefasti: non tutte le aree geografiche subiranno allo stesso modo l”effetto del riscaldamento, con le aree già più colpite da siccità e inquinamento che vedranno ulteriormente peggiorare la loro condizione con inevitabili effetti sulle dinamiche migratorie. Già da anni i migranti climatici hanno superato come numero i migranti dovuti alle guerre.

Un milione di persone ha affrontato le acque del Mediterraneo nell”ultimo anno, in migliaia hanno perso la vita: e a differenza di quanto si pensa a prima battuta, la questione climatica ha un forte impatto su questo meccanismo. La stessa guerra siriana ha visto nelle sue prime battute il tema del controllo delle fonti d”acqua come cruciale, e non è una novità di come la guerra israeliana contro il popolo palestinese abbia nel controllo dei fiumi una policy cruciale.

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Molti giornalisti come [url”Monbiot sul Guardian”]http://www.theguardian.com/environment/georgemonbiot/2015/dec/12/paris-climate-deal-governments-fossil-fuels?CMP=share_btn_tw[/url], scrivono “la combinazione tra l’acidificazione degli oceani, l’estinzione dei coralli e lo scioglimento dei ghiacci dell’Artide potrebbe comportare la scomparsa di intere catene alimentari marine. Sulla terra, le foreste pluviali potrebbero recedere, i fiumi prosciugarsi e le zone desertiche espandersi. Il marchio della nostra era potrebbero essere le estinzioni di massa.” Lo scenario è insomma sempre più temibile, e quanto successo a Parigi non sposta di un millimetro le condizioni presenti.

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La speranza è che cresca contemporanemente la mobilitazione capillare e reticolare nei confronti di ogni passettino in più del turbocapitalismo distruttore dei territori: Parigi è stata riempita, oltre che dai lavori del convegno e dalle migliaia di forze dell”ordine impiegate nel clima d”ansia post 13 novembre, anche dalle energie di migliaia e migliaia di manifestanti impegnati nella difesa quotidiana dei propri territori, la cui azione coordinata nell”essere influenti stoppando il più possibile i processi di formazione delle nocività e di devastazione ambientali è l”unico vero accordo sul clima davvero possibile e utile…

(14 dicembre 2015)

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