di Aldo Giannuli
Di Maio ha chiesto un decreto legge per consentire il voto a giugno. Non entro nel merito della fattibilità di un simile decreto che creerebbe problemi tecnici per il voto degli italiani all’estero, mi limito ad osservare l’assoluta inutilità del decreto invocato: la Costituzione prevede che il voto non possa avvenire prima del 45esimo giorno dallo scioglimento delle Camere, per cui, fatto il 24 giugno data ultima di quel mese, occorrerebbe sciogliere le Camere entro il 9 maggio, cioè oggi.
Quindi, nel giro di 24 ore si dovrebbe emanare il decreto e, contestualmente, indire i comizi elettorali, il che mi pare un po’ irrealizzabile. Peraltro si stabilirebbe un precedente molto pericoloso di modifica delle leggi elettorali per decreto. Capisco che Di Maio sia un po’ indietro con gli esami di Giurisprudenza, ma questo dovrebbe essere compreso anche da lui. Insomma una uscita che dimostra una volta di più l’inconsistenza dell’attuale Capo Politico del M5s.
Ma chiediamoci una cosa: perché Di Maio e Salvini, dopo aver cincischiato per due mesi con questa ignobile sceneggiata “governo si, governo no” di colpo diventano così frettolosi? In fondo ci si poteva risparmiare il mese di aprile, sciogliere le Camere al più tardi nei primi di maggio e votare a giugno. In primo luogo questo è dipeso dall’incapacità di questi giovanotti di vedere un paio di mosse avanti e regolarsi: scoprono i problemi dopo che sono esplosi, quando non c’è più niente da fare, in parte dal sopravvenire del voto delle regionali.
Con il voto di Molise e Friuli, la leadership di Di Maio è stata scossa, entro si profila una terza batosta il 10 giugno con le comunali. Congelare tutto sino all’autunno potrebbe essere decisamente pericoloso: si potrebbero ridiscutere le candidature e, magari, a qualcuno potrebbe venire in testa di rifare le parlamentarie, poi qualche altro potrebbe osservare che anche il candidato Presidente del Consiglio potrebbe essere sottoposto a nuova votazione e magari potrebbero sorgere proposte di richiamare Alessandro Di Battista.
Molto meglio precipitarsi al voto evitando qualsiasi verifica perché “non c’è tempo”. Poi anche Salvini ha ragioni specifiche: magari entro autunno arriva la pronuncia di Strasburgo che potrebbe rendere nuovamente candidabile il Cavaliere, il che potrebbe arrestare il tranquillo assorbimento di Forza Italia che si sta verificando. E tutti due hanno un altro problema: più ci si allontana dal 4 marzo e meno funziona l’immaginario delle nuove elezioni come spareggio Lega-5 stelle, anzi, più si va in là e più diventa evidente l’imbarazzante tema dell’”inutile vittoria” dei due “vincitori” del 4 marzo.
Infine, diverrebbe chiaro che i due competitori del ballottaggio stanno già lavorando sotto banco per una intesa successiva e che la campagna elettorale sarebbe solo “agire gladiatorio”. Molto meglio votare in fretta e furia seppellendo tutto nella calura di luglio.
E noi vogliamo affidare il paese a questi? Certo Pd e Fi hanno fatto il peggio possibile in questi anni e cacciarli è un dovere, ma se l’alternativa è questa…
E qui viene l’ultima ragione vera della fretta: il timore che con un paio di mesi in più possano sorgere nuove offerte politiche che approfittino della magra figura dei due vincitori del 4 marzo.
Il punto è che tutto questo ceto politico (Pd e 5 stelle, Lega e Forza Italia) va rottamato ed anche in fretta, inventandosi altro.
(9 maggio 2018)
Link articolo: Di Maio: parole in libertà