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Il voto (in)utile

Dal 5 marzo dovremo ricominciare, giorno dopo giorno, ad organizzarci e a lottare. [Pier Francesco De Iulio]

Il voto (in)utile
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3 Marzo 2018 - 07.04


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di Pier Francesco De Iulio  

Gli ultimi giorni di campagna elettorale, come sempre, sono stati molto istruttivi. Ci hanno mostrato, se ancora ne avessimo avuto bisogno, l’ostentata presunzione della nostra classe politica nei confronti di quel soggetto sociale che dovrebbero essere chiamati invece a tutelare: il popolo sovrano. Una superbia che si è incancrenita sempre più, assumendo spesso il volto (umano-non-umano) del tracotante dispotismo. Dispotismo intellettuale (se non altro per l’enorme potere concesso loro nell’uso dei mezzi di comunicazione) prima ancora che bieco esercizio di potere.

Eclatanti sono state le altalene solipsistiche dei leader di partito che si sono avvicendati prima del voto, come criceti sulla ruota, nei vari teatrini televisivi. Non uno che sia stato coerente, non dico con quanto dichiarava mesi addietro ma neanche la settimana scorsa e forse il giorno prima. Un coacervo in cui a stento vi si è potuto riconoscere un barlume di raziocino o di discernimento, una strategia, una visione realmente politica che vada oltre l’amministrazione contabile del cittadino-bue.

Cosa dovrebbe spingerci allora ad andare a votare? Nulla.

Verrebbe quasi da dire che hanno ragione i disillusi, i qualunquisti, gli scettici, i menefreghisti ad oltranza. E la tentazione di voltarsi dall’altra parte è forte.

Ma possiamo in tal modo accettare il ruolo di vittime? Prestarci al gioco al massacro? Dare carta bianca per il nostro futuro ai corrotti, ai collusi col malaffare, alle organizzazioni mafiose, ai guerrafondai, agli aguzzini del grande capitale e della finanza?

Non si può abdicare alla democrazia.

E se è vero, come è vero, che non si può rinunciare oggi al principio di rappresentanza parlamentare, domani recandoci alle urne avremo la possibilità di scegliere, tra le coalizioni e i candidati in lizza, coloro che esprimono, con più intelligenza e maggiore responsabilità politica e morale, una reale opportunità di cambiamento. Sempre consapevoli dei rapporti di forza in campo. Avendoli chiari di fronte a noi. Perché chi oggi detiene il potere — il vero potere che siede in Parlamento soltanto in effigie e abita invece altri luoghi anche al di fuori dei confini nazionali — li ha chiarissimi, e li usa a suo esclusivo vantaggio. Perché ragionare per uno non porta a niente e al più serve a scavarci la fossa con le nostre mani.

Andare a votare dunque si deve.

Votare sapendo che il voto non basta, non potrà bastare, non è mai bastato anche in passato. Che c’è ancora molto da fare per aumentare la consapevolezza politica e la partecipazione democratica di tutti. Votare per ribadirci che siamo ancora una comunità. Che vogliamo e ci riconosciamo in essa soltanto dentro i confini invalicabili della democrazia costituzionalmente garantita. Votare per ricordarci che dal 5 marzo dovremo ricominciare, giorno dopo giorno, ad organizzarci e a lottare. Per rivendicare ad alta voce la nostra sovranità come popolo e l’aspirazione a darci un futuro migliore come uomini e cittadini.

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