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WASHINGTON — Khalid Sheik Mohammed, accusato di essere il genio criminale dietro all”attentato dell”11 settembre, ha confessato di aver mentito profusamente agli agenti che lo torturavano per estorcergli la verità sulle sue attività eversive. Secondo quanto riferito in alcune sezioni dalle trascrizioni governative che sono state recentemente desecretate, Mohammed avrebbe orgogliosamente rivendicato la sua paternità su più di due dozzine di attentati terroristici.
«Mi invento delle storie,» ha detto Mohammed nel 2007, durante una delle udienze del tribunale militare a Guantánamo Bay. In un inglese stentato, ha descritto l”interrogatorio in cui gli è stata chiesta l”ubicazione del leader di al-Qa”ida, Osama bin Laden.
«L”agente mi ha chiesto “Dov”è?”, ed io: “non lo so”», racconta Mohammed. «Poi ha ricominciato a torturarmi. Allora gli ho detto: “Sì, si trova in questa zona…” oppure “Sì, quel tizio fa parte di al-Qa”ida”, anche se non avevo idea di chi fosse. Se rispondevo negativamente, riprendevano con le torture.»
Nonostante ciò, durante la medesima udienza, Mohammed ha illustrato un elenco di 29 attacchi terroristici a cui avrebbe preso parte. Le trascrizioni sono state rese pubbliche grazie ad una causa civile, con la quale la American Civil Liberties Union si è messa a caccia di documenti ed informazioni sulle condizioni della detenzione che il governo ha riservato agli imputati per terrorismo.
La maggior parte dei nuovi documenti è incentrata sulle dichiarazioni che i detenuti hanno rilasciato a proposito degli abusi subiti durante gli interrogatori, mentre erano prigionieri in carceri extra-nazionali gestite della CIA.
Un detenuto, Abu Zubaydah, ha riferito al tribunale che «dopo mesi di sofferenza e di tortura, fisica e psicologica, non hanno nemmeno curato le mie ferite».
Zubaydah è stato il primo detenuto ad essere sottoposto alle tecniche di interrogatorio “avanzato”, approvate dall”amministrazione Bush, in cui avveniva una simulazione di annegamento (detto waterboarding), oppure l”indagato veniva sbattuto contro le pareti o era costretto a prolungati periodi di nudità .
Durante l”udienza, Zubaydah ha rivelato che queste pratiche lo hanno «quasi ucciso in almeno quattro occasioni».
«Dopo un paio di mesi, durante i quali ho quasi perso la ragione e la vita,» ha dichiarato Zubaydah, «hanno incominciato a prendere le misure necessarie per non farmi morire».
Ha inoltre affermato che, dopo essere stato trattato per molti mesi in questo modo, le autorità hanno concluso che non fosse il numero 3 di al-Qa”ida, come avevano a lungo creduto.
Fonte: http://www.miamiherald.com/news/nation/story/1098707.html
Traduzione di Massimo Spiga per Megachip.
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