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Intervista a Ferdinando Maddaloni che porta in scena l”11 settembre
di Pietro Nardiello – Articolo 21
Incontriamo l”attore Ferdinando Maddaloni che l”11, il 12 e il 13 luglio al Roma Fringe Festival ha portato in scena uno spettacolo dedicato all”attacco avvenuto contro le Torri Gemelle degli Stati Uniti. Lo abbiamo incontrato per scambiare qualche battuta
Maddaloni, rompiamo il ghiaccio: anche lei fa parte di coloro che credono l”attacco scagliato l”11 settembre del 2001 agli Stati Uniti sia il frutto di un complotto interno?
Sì. I primi dubbi li ho avuti subito vedendo il crollo delle Torri e poi quello “misterioso”della terza torre, la torre 7, venuta giù alle 17.30 dell”11 settembre 2001 senza essere stata colpita da alcun aereo.
“Mica si sarà suicidata per amore!” mi sono chiesto. E da quel momento ho iniziato a fare ricerche, attraversando varie fasi nel corso di questi 11anni, passando da atroci dubbi a granitiche certezze. Poi ho sentito l”esigenza di andare in scena, ma senza portare le mie personali convinzioni sul complotto, bensì cercando, e credo di esserci riuscito, di essere personaggio altro da me per fare corretta informazione. Ad esempio, quando agli spettatori durante lo spettacolo, pongo la fatidica domanda sul numero delle torri crollate quel giorno, la risposta è sempre la stessa: “DUE!”. Ed allora tocca al personaggio di Armandino chiarire che le cose non stanno così,  spiegare che addirittura nel Rapporto della Commissione statunitense non se ne parla proprio del WTC7, pronto poi a dare la parola a Marco, l”altro personaggio che interpreto nello spettacolo, sostenitore dell”ipotesi della strage, per il contraddittorio. Al pubblico poi la decisione finale. Ad onor del vero il risultato delle “repliche” fino ad oggi non ammette “repliche”: 9 vittorie per l”ipotesi del complotto, nessuna per quella della strage ed un pareggio.
Come mai è giunto a queste conclusioni e di quali fonti si avvale?
La versione ufficiale ha delle enormi lacune e in alcuni punti offende e insulta l”intelligenza della popolazione mondiale. Quel giorno tutte le leggi della fisica, dell”ingegneria sono state sospese; persino la linguistica ha subito nuove interpretazioni (prima dell”11 settembre col termine pull it s”intendeva “buttatela giù” mentre dopo gli attentati diviene “evacuatela”).
In questi dieci anni credo di aver letto (quasi) tutto quello che è stato scritto, aver visto (quasi) tutti i documentari sull”argomento, ho poi tratto ispirazione dalle tesi di giornalisti e studiosi quali Massimo Mazzucco e Giulietto Chiesa e Paolo Attivissimo.
Sono andato in scena solo quando mi sono sentito pronto sull”argomento, in tutti i suoi aspetti e risvolti, e dopo aver superato la fase emotiva raggiungendo la lucidità e l”equilibrio necessari per rappresentare tutti e tre i personaggi.
Perché ha pensato di raccontare tutto questo a teatro?
Il mio teatro nasce dalle mie personali esigenze prima come cittadino del mondo e poi come artista.
Dopo l”omicidio di Anna Politkovskaja ho sentito la necessità di struccarmi, di togliere il  cerone dal mio volto di attore per tuffarmi completamente nella  realtà . Ho elaborato un progetto triennale di teatro d”impegno civile, un viaggio sui binari della corretta informazione, attraverso le stazioni dell”assurdità umana, con fermate previste in Russia, Stati Uniti ed Italia su temi di scottante attualità , nel nome di una donna che “scriveva quello che vedeva”come la Politkovskaja senza dimenticare il contributo di Ilaria Alpi, Antonio Russo, Giancarlo Siani.
Nel mio “teatro civile”, fatto onestamente e in maniera altrettanto civile, artisti e pubblico sono parti essenziali di un unico progetto: una piccola ma significativa rivoluzione dal basso per riappropriarsi del timone di una nave alla deriva e ricondurla nel porto di un mondo migliore (visto che il comandante è stato il primo a svignarsela!)
Ci spiega come ha deciso di strutturare questa messa in scena?
Insieme a Carmen Femiano e a Giuseppe De Vita abbiamo ricostruito a teatro un vero e proprio reality, partendo da una serie di quesiti: – il reality è teatro? – E poi – “Il grande fratello” può essere visto come una sorta di “deus ex machina” di euripidiana memoria? – Visto l”enorme successo della formula televisiva e la crisi nella quale è sprofondato il nostro Teatro, ho deciso di sfruttare gli ingredienti dei realities televisivi portandoli sulle tavole del palcoscenico. Dopo anni di facile televoto da comode poltrone casalinghe su temi di indubbia inutilità sociale, si passa a scomode poltrone teatrali per affrontare scomodi temi di indubbio valore sociale, come l”informazione e la disinformazione sulla strage dell”11 settembre.
Lei ha già dedicato un suo lavoro ad Anna Politkovskaja, cosa vorrebbe dirci che la libertà di stampa e di pensiero rappresentano argomenti per i quali bisogna ancora battersi perché ancora lontani da una piena applicazione?
Ad Anna Politkovskaja sarò grato per sempre per aver risvegliato in me una sana rabbia civile. Sulla sua tomba  ho fatto una promessa: raggiungere Beslan ed aiutare i bambini superstiti della strage del 2004. Promessa mantenuta con il progetto “Una videoteca per Beslan”.
La libertà di stampa e di pensiero sono delle conquiste giornaliere che una volta ottenute vanno difese con battaglie quotidiane.
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