Gli attentati, la crisi, i fallimenti e i tradimenti

'E'' una questione di logica elementare fare il secondo passo in più e cercare di capire gli obiettivi dei padrini degli attentati'

Gli attentati, la crisi, i fallimenti e i tradimenti
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25 Marzo 2016 - 06.13


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di Piotr.

1.
Vi ricordate Beppe Braida e le sue notizie a Zelig sui contrattempi di
Berlusconi, che esposti in un crescendo di esagerazioni dai vari telegiornali
finivano col TG5 che decretava immancabilmente: “Attentato! Trattasi di attentato!”?

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Il
mainstream sta facendo un percorso inverso e partendo da veri, orrendi
attentati dove persone reali, come me e come voi, hanno perso tragicamente la
vita, in un retro-crescendo di panzane
finisce per sminuire, volutamente, l’origine e il significato degli attentati
di Bruxelles.

Sembra
ad esempio che ci sia uno sforzo per reprimere una serie di domande del tutto
naturali: Come mai mentre l’Europa sta discutendo se e come intervenire in Libia “contro l”ISIS”, il suo
centro nevralgico viene provocato con un sanguinoso attentato? È una
coincidenza? O è fatto per impaurirci? Per dirci di non provarci? O, al
contrario, per spingerci a lasciar perdere la prudenza e intervenire?

In
compenso il fatto che i fratelli Bakraoui, oggi indicati come i responsabili
dell’attentato all’aeroporto di Bruxelles, fossero noti ai servizi segreti ma siano
lo stesso riusciti a entrare in zone sorvegliatissime senza nemmeno tentare di
camuffarsi, desta la solita meraviglia e il solito stupore che vediamo in bocca
agli “esperti” ad ogni attentato. Anzi, alcuni servizi di giornalisti che
reputano i loro lettori imbecilli, scrivono che l’evidenza che siano proprio
loro gli attentatori è dovuta al fatto che sarebbero andati a farsi esplodere
vestiti di nero e con la barba islamica “come i combattenti ISIS” (sic!).
Insomma, per questi “giornalisti” velinari sostenuti da una quantità
insufficiente di neuroni, mancava poco che gli attentatori non entrassero
nell’aeroporto con tutta calma sventolando il drappo nero del Califfato.

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2.
Attentati di questo tipo sono la quintessenza del caos sistemico che stiamo vivendo da decenni e ora si sta
avvicinando al suo showdown. In essi si intrecciano motivazioni diverse,
soggetti diversi, obiettivi diversi. Vanno tutti compresi, ma senza pensare che
abbiano tutti la stessa forza e la medesima importanza. Lascia esterrefatti che
l’Italia delle stragi non arrivi a questa elementare considerazione.

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Prendiamo
la bomba di piazza Fontana a Milano
del 12 dicembre 1969. Il mainstream di allora, senza ritegno, senza
nemmeno un debole accenno di dignità e indipendenza, partì in quarta
immediatamente dopo la strage indicando negli anarchici i colpevoli. Ovviamente
non si inventò da solo la falsa pista, ma era il megafono di qualcun altro.

Grazie
alle controinchieste della sinistra militante (quella che allora si chiamava
“sinistra di classe”), in particolar modo il Movimento Studentesco milanese e
gli avvocati, i magistrati e i giornalisti democratici che il Movimento
“egemonizzava” in senso gramsciano, il castello ufficiale di accuse crollò
miseramente ed emersero le responsabilità di alcuni ambienti fascisti e dei
cosiddetti “servizi deviati”, quelli che anni dopo si scoprì essere “embedded”
alla Gladio, cioè la Spectre
internazionale organizzata dalla NATO e dalla CIA.

Non è complottismo, sono atti
giudiziari depositati
e migliaia di pagine di documentate
inchieste parlamentari.

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Ora,
anche negli anni Settanta c’erano studi seri che cercavano di capire perché
esistessero antropologicamente e socialmente, prima ancora che politicamente, i
neofascisti. Con ciò si poteva sostenere che le due stragi di Milano (piazza
Fontana e Questura), di Brescia, o dell’Italicum
(quella di Bologna è ancora poco chiara) fossero esclusivamente spiegabili con
le turbe sociali e ideali dei neofascisti? No. Respingere questa spiegazione voleva
dire negare che quelle turbe ci fossero? No. Voleva dire fare un passo più su e
cercare di capire anche la strategia dei “servizi deviati” e dei loro
manovratori. Manovratori che non erano fascisti. Stando all’ex
presidente Francesco Cossiga che in
un periodo fu il sovrintendente di Gladio, in quell’organizzazione segreta i
fascisti non erano ammessi, e i suoi padri fondatori in Italia erano azionisti,
socialisti e lamalfiani (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 8 luglio
2008).

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3.
Nessuno più nega che Arabia Saudita,
Qatar e Turchia siano i principali sponsor e finanziatori dell’Isis
. Per
quanto riguarda la caotica situazione a Washington, dopo essere stato trascinato
da piani preesistenti, Obama si è
accordato con la Russia – continuando a tener conto ovviamente dei rapporti di
forza all’interno dell’establishment statunitense. Ne è nato uno scontro dal
quale sono emersi alcuni risvolti politici interni dell’appoggio statunitense
ai jihadisti (basta ricordarsi, a titolo di esempio, che Obama ha fatto
dimettere il generale John Allen perché invece di combattere l’ISIS lo aiutava
e che il generale Petraeus, ex direttore della CIA, anch’egli rimosso da Obama,
ha dichiarato spudoratamente al Senato che al-Qa”ida è un alleato naturale
degli USA). Se poi si  ripercorrono le
vicende degli ultimi decenni ci si rende perfettamente conto che dalla trappola
afgana preparata da Brzezinski in poi, sono stati gli Stati Uniti a rispolverare
dalla soffitta della Storia il fondamentalismo islamico come problema
internazionale
. E sappiamo che la Casa Saud, oltre che finanziatrice anche
ispiratrice ideologica e propagatrice del peggior fondamentalismo islamico,
vanta da sempre non solo un’alleanza strategica con Washington ma anche
un’amicizia intima con pezzi grossi dell’establishment statunitense, a partire
dalla famiglia Bush.

Sono
dati di fatto. Di fronte ad essi è una questione di logica elementare fare il
secondo passo in più e cercare di capire gli obiettivi dei padrini. Questi
obiettivi sono la cornice entro la quale vengono compiuti questi attentati.
 

Al
suo interno ci sono le motivazioni soggettive dei picciotti, che sono importanti
ma per altri motivi, per condurre altri ragionamenti, ad esempio quelli sul fallimento
dell’integrazione degli immigrati di seconda e terza generazione in Europa, sul
fallimento di una crescita equilibrata nei paesi del Sud che ha
provocato l’immigrazione economica alla quale si è aggiunto un flusso
stupefacente e impressionante di profughi che cercano scampo dalle guerre che
conduciamo o istighiamo, che a loro volta sono il fallimento della
convivenza tra Stati.

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Tutti
fallimenti, che si intrecciano sotto i nostri occhi, che sono conseguenza della
crisi dovuta all’inceppamento del sistema di accumulazione a predominanza
statunitense uscito dalla Seconda Guerra Mondiale, a causa delle proprie
contraddizioni. E inceppandosi ha tradito ogni promessa di sviluppo e di
integrazione perché non più accomodabile nei nuovi fittizi ed estremi
meccanismi di accumulazione
. Questi meccanismi non ce la fanno nemmeno nel
ricco Occidente ad accomodare gli interessi della classe media e dei giovani e
creano crescente emarginazione.

I
pochi Paesi del Sud che sono riusciti a uscire dal giro vizioso dell’economia
compradora imposto sempre più aggressivamente dall’Occidente (come l’Iraq, la
Libia, la Siria, l’Iran o come i Paesi dell’Alba sudamericana) sono stati
distrutti senza pietà e quelli ancora in piedi continuano ad essere aggrediti
in modo vergognoso, con gli eserciti armati o con quelli non-violenti delle
rivoluzioni colorate.

Russia
e Cina sono ossi molto più duri, possono minacciare risposte militari ed
economiche micidiali, ma non possono sparire dal radar di questa aggressione
ormai permanente,
sempre più
rischiosa per le sorti dell’umanità che può cessare solo se gli Stati Uniti (e
i suoi vassalli) accetteranno di risolvere la crisi de-imperializzandosi e
non iper-imperializzandosi.

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4.
Non è difficile comprendere lo shock di chi vedeva l’Occidente come un faro che
improvvisamente si è spento lasciando centinaia di milioni di persone a
naufragare tra i flutti della crisi sistemica. Che potere di attrazione possono
avere i nostri valori (traditi da noi stessi) per questi naufraghi?

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Su
questo scenario desolante si è sparsa la strategia
politica e ideologica dei Sauditi
, sotto lo sguardo attento dei loro
alleati a Washington. La strategia in sé è semplice: creare un esercito
intercontinentale pronto ad operare dall’Europa alla Cina al richiamo dei
petrodollari e di obiettivi alternativi a quelli dell’Occidente traditore. E se
gli obiettivi – ripeto traditi – dell’Occidente erano moderni, quelli
alternativi non possono essere che premoderni.

Tutto
sommato, anche la strategia di iper-imperializzazione non ha più nulla a che
vedere con i valori occidentali, nemmeno quelli imperiali di una volta. Si
pensi all’Impero Britannico che costruiva musei nei suoi stati tributari, come
quello di Baghdad, e lo scempio che ne ha fatto in prima persona l’Impero
Americano, per non parlare di ciò che hanno fatto i suoi scherani. Un impero
che devasta civiltà antichissime e si ammanta di un’ideologia premoderna. Che
altro è l’eccezionalismo
statunitense? Essa può quindi benissimo inglobare
sub-strategie premoderne al suo interno
. Può essere scioccante per i
sudditi dell’impero, ma non per le sue élite.

La
Casa Saud ha investito miliardi e miliardi di dollari in questo progetto, che è
stato operativamente applicato la prima volta in Afghanistan, con la benedizione (è il caso di dirlo) della Casa
Bianca. Il progetto poi si è espanso in Pakistan
dove le madrase wahhabite finanziate
dai Sauditi prendevano il posto delle scuole pubbliche devastate dagli
aggiustamenti strutturali imposti dall’FMI. Poi nei Balcani, in Nordafrica,
nel Vicino Oriente e infine in Europa.

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Un
esercito non totalmente inquadrato, nemmeno dai propri sponsor che nel tempo
sono aumentati (Turchia, Qatar) inserendo varianti ideologiche come la
Fratellanza Musulmana e altri obiettivi geostrategici. Ma utilizzabile in
quanto alleato e utilizzabile in quanto nemico
. È la storia di questi anni.

E l’Islam non c’entra nulla. Prima del patto di reciproco
sostegno tra Saud e Stati Uniti, il wahhabismo era una setta minoritaria,
collegata a filo doppio con la Casa Saud da un altro patto di reciproco
sostegno. Pensare che il wahhabismo sia rappresentativo dell’Islam sunnita è
come pensare che il Ku Klux Klan sia rappresentativo del Cristianesimo. Una
differenza che in zucche come quelle di Salvini, della Meloni o della Le Pen
non riuscirà mai ad essere compresa.

I
successi odierni del wahhabismo (al-Qa”ida e ISIS sono i maggiori) si spiegano
solo con il nostro tradimento ideologico-sociale di grandi speranze di
progresso e rinnovamento e con il contemporaneo investimento massiccio di
risorse che è subentrato alla delusione che ne è derivata. Un investimento a
volte protetto e a volte tollerato dagli USA e dai Paesi europei.

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Successi
comunque molto relativi nel complesso dell’Islam sunnita. Molto relativi ma
micidialmente armati dal di fuori.

Se
si capisce questo si capiscono gli antidoti, dei quali la xenofobia e
l’intolleranza religiosa non fanno assolutamente parte.

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5.
Ora, gli apparati statali occidentali non è che queste cose non le capiscano: le
sanno perfettamente
.  Perché non
fanno nulla, allora? Perché ci sono stati Londra, Madrid, Parigi e oggi
Bruxelles? Perché ci saranno domani altre stragi? Chiediamolo a loro.
Facciamoci dare delle spiegazioni. E che non ci vengano a raccontare frottole.

Non
è necessario pensare a complotti e autoattentati. Potrebbe essere, ma non lo
sappiamo. Non è necessario perché una cosa è palese, chiara come poche altre
cose al mondo: tutto questo è stato tollerato e spesso, molto spesso,
incoraggiato.

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I
nostri governi non devono spiegarci perché lo hanno fatto. Questo lo sappiamo
benissimo. Non dobbiamo chiedergli questo. Dobbiamo invece obbligarli a
confessare che la loro linea di condotta, gli interessi delle élite che
rappresentano e difendono, prevedono che i cittadini che essi governano possano
saltare per aria
, come in Italia è già successo per tutti gli anni
Settanta, un intero decennio. Così come i sudditi dell’impero – del centro come
delle sue province – possono essere gettati nella miseria, nello sfruttamento
senza regole, nella disoccupazione, nella disperazione senza futuro; così come
è già previsto che si tolga progressivamente loro l’assistenza sanitaria e che
la loro aspettativa di vita diminuisca, allo stesso modo è previsto che possano
saltare per aria (o bruciare in una guerra) per interessi superiori.

E
che non pensino di rifugiarsi nel sociologismo, come fa anche la grande
maggioranza della “sinistra radicale”. Abbiamo appena detto che sappiamo
benissimo come la crisi (prodotta in Occidente) abbia preparato il terreno
sociale ed economico. Ma questa è solo una parte della spiegazione.

L’altra
deve invece illustrarci come mai un candidato alle rivolte giovanili delle banlieue
si ritrovi invece in Siria, Iraq e Libia con tra le mani un missile anticarro
di ultima generazione, sopra un carro armato nuovo di zecca, munito di un
visore notturno da combattimento o si ritrovi in Europa dotato di esplosivo ad
alto potenziale, controllatissimo dai Servizi ma guarda caso, come al solito,
non nel momento fatale.

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Persino
Lucia Annunziata sull’Huffington Post è costretta a scrivere apertis verbis: “Qualcuno
paga l’ISIS in Iraq e Siria così come qualcuno paga la sua rete terroristica in
Europa”. Ma evita di dire chi.

Ma
se non diciamo chi è e non lo affrontiamo, non risolveremo assolutamente nulla.

Così
come la spiegazione del fenomeno del terrorismo islamista (non “islamico”) si
deve sdoppiare come abbiano cercato di fare sopra, anche la sua soluzione deve
viaggiare lungo due linee. Inutile parlare solo di interventi sociali,
economici e culturali (che non saranno elargiti spontaneamente con la crisi che
c’è, ma dovranno essere pretesi, estorti alle élite, e dovranno
riguardare tutti – altrimenti aumenteranno i rigurgiti reazionari che già
stiamo vedendo). Bisogna parlare soprattutto di chi sfrutta senza ritegno e
criminalmente la situazione. E questo è difficile perché bisogna parlare di
nostri alleati (e non solo dei Saud), coi quali le nostre élite e i
nostri governi hanno interessi intrecciati enormi e spesso non confessabili.

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Dobbiamo
allora gridare ai nostri governanti che questi interessi e queste alleanze non
valgono la nostra vita e non valgono quella dei nostri cari e non valgono
quella dei nostri amici
.

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5.
Questo passaggio logico-metodologico e politico è obbligatorio e a noi Italiani
dovrebbe venire naturale, data la storia di stragi e di misteri che abbiamo
sulle spalle. Ma i tempi dei movimenti della “sinistra di classe” sono finiti e
assieme si è dissolto quell’ambiente democratico e indipendente di giornalismo,
di inchiesta e d’investigazione. Si va a spron battuto verso il cervello
embedded
. Erdoğan che distrugge la stampa non allineata e
contemporaneamente le città curde, i Saud che hanno decretato che qualsiasi
critica alla famiglia è considerata atto di terrorismo mentre sponsorizzano le
maggiori organizzazioni terroristiche di sempre, non fanno altro che battere la
traccia.

La
civiltà occidentale sta perdendo
, non perché vinta da nemici esterni,
ma perché le sue élite le hanno stretto attorno una cintura esplosiva e
la spingono al suicidio. Ciò che rimarrà della civiltà dell’Occidente forse sopravvivrà
in Oriente, in Russia, in India, in Cina.

Un
affascinante paradosso per i futuri storici e i futuri archeologi.

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