di Pietro Salvatori.
Mai più militari italiani all’estero. Dopo la richiesta del ritiro del contingente italiano dall’Afghanistan,
 è una mozione sulla situazione del Mali a dare il là ai deputati del 
Movimento 5 stelle per alzare l’asticella sulle tematiche di politica 
estera. Non solo Kabul, dunque, ma tutti gli scenari in cui l’esercito 
si trova impegnato in missioni internazionali deve essere sgombrato dal 
grigioverde delle nostre divise. Manlio Di Stefano, capogruppo stellato 
in commissione Esteri alla Camera, è categorico: “Chiediamo con forza 
che i nostri soldati non escano più dal territorio del nostro paese se 
non per missioni di assistenza a popolazioni in difficoltàâ€.
“Qualsiasi intervento militare che ha visto impegnati i nostri 
contingenti è stato fallimentare†aggiunge Alessandro di Battista, che 
della Commissione è vicepresidente. “Se si pensa a posteriori agli 
interventi in Kosovo, in Iraq, in Afghanistan si comprende come abbiamo 
solo buttato soldi e vite umane. Per questo vogliamo i nostri militari 
non sparino mai più un colpoâ€. Lo spunto è stato quello che Carlo 
Sibilia racconta come un “lungo lavoro di raccolta di dati e 
informazioni sulla situazione nel paese africanoâ€. È Di Battista a 
illustrarne i risultati che fanno parte delle premesse alla mozione che oggi è stata depositata a Montecitorio:
 “Sappiamo che c’è un coinvolgimento di alcuni nostri esperti militari 
nel paese, ma per il resto non abbiamo informazioni ulteriori, cosa che 
il governo dovrebbe invece fornire. Il primo luglio partirà un 
contingente di 12mila uomini autorizzato dalle Nazioni Unite, e ancora 
non sappiamo in che modo ci coinvolgeràâ€.
Ad essere messo in discussione è l’operato del governo di Mario 
Monti, che il 28 dicembre scorso ha inserito un fondo di 2 milioni di 
euro destinato alle operazioni in Mali in un decreto così denominato: 
“Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di poliziaâ€.
 “Il punto – spiega Di Battista, è che prima di dicembre il nostro paese
 non era in nessun modo coinvolto nelle operazioni francesi in quella 
zona, dunque non vedo come si possa parlare di proroga rispetto ad 
un’azione iniziata in quella dataâ€. Sotto la lente di ingrandimento 
anche la decretazione d’urgenza con la quale è stato approvato il 
provvedimento: “Non capisco quale fosse l’impellenza per il popolo 
italiano di intervenire in Mali senza passare per un sereno e largo 
confronto in Parlamento. Non mi sembra che qualche tuareg ci abbia mai 
minacciatoâ€.
Critica la posizione anche nei confronti dell’Unione europea, che “ha
 avallato a scatola chiusa†un’azione militare inaugurata da Parigi: “La
 missione Eutm Mali – si legge nella mozione – pur nel dichiarato 
intento di riportare pace e stabilità in un paese terzo, non fa, però, 
che intervenire in un vero e proprio conflitto, fornendo una cornice 
legale e giuridica alla unilaterale azione franceseâ€. “Si pone anche un 
problema di governante di questi interventi – ragiona Di Stefano – Noi 
non facciamo altro che aggregarci ad azioni di guerra condotte da altri.
 L’unico caso recente nel quale abbiamo avuto noi il controllo della 
situazione è stato in Libano, dove si è visto il buon livello di 
quell’azioneâ€.
“In questo caso il problema, a differenza della questione afghana, 
non è anche di tipo economico – ammette di Battista – ma di tipo 
politico. Poniamo sul piatto la questione che interventi come questi da 
oggi in poi non siano mai più avallati dal Parlamento, né tantomeno dal 
governo senza essere passato per le Camereâ€. A pochi giorni dalla 
mozione congiunta con Sel sugli F35
 (“Ma di Mali con gli uomini di Vendola non abbiamo parlatoâ€), il 
Movimento 5 stelle supera sul tema di antimilitarismo le posizioni della
 sinistra parlamentare. Tra gli impegni richiesti al governo infatti si 
richiama con forza la necessità di “definire un piano di ritiro di tutti
 i militari italiani eventualmente impegnati nelle predette missioni, 
intraprendendo ogni azione utile in sede europea e nelle ulteriori sedi a
 livello sovranazionaleâ€. Perché gli occhi, oltre che sull’Africa, sono 
rivolti anche su Damasco: “Sappiamo delle rassicurazioni in tal senso 
del ministro Emma Bonino – chiosa Di Battista – ma il nostro vuole anche
 essere un atto preventivo per evitare che sulla Siria si utilizzi lo 
stesso metodo decisionaleâ€.