di VÃtor Constâncio.
Introduzione
Vorrei iniziare ringraziando la Bank of Greece per avermi invitato a 
questa importante conferenza in presenza di molti prestigiosi 
ricercatori.
Ci sono, naturalmente, molti racconti e 
interpretazioni riguardo la maniera in cui la crisi si è manifestata 
nell’eurozona. Per alcuni, questa è soprattutto una storia di politiche 
fiscali inadeguate e debito sovrano eccessivo; per altri, è 
principalmente una storia di perdita di competitività, causata da costi 
del lavoro incontrollati; e per alcuni altri è essenzialmente una 
classica crisi da bilancia dei pagamenti in un regime di tassi di cambio
 “perfettamente fissiâ€. Negli anni più recenti, si è diffusa anche il 
punto di vista di una crisi bancaria, combinata con una crisi dei debiti
 sovrani per creare una storia di eccesso dei due debiti.
 Naturalmente, c’è un po’ di verità in 
tutte queste ricostruzioni, come c’è da aspettarsi data la complessità e
 l’interdipendenza dei fattori di una grande crisi internazionale.
Ma, più che cercare di discutere una interpretazione globale della crisi dell’eurozona, preferisco esplorare 2 prospettive:
- primo, quali sono state le cause e i fattori scatenanti alla radice della crisi?
- secondo, che ruolo ha giocato la crisi finanziaria internazionale, cominciata negli USA, nell’innescare la crisi europea?
La prima domanda è importante per 
identificare le possibili carenze nella progettazione dell’unione 
monetaria che hanno bisogno di essere corrette per evitare crisi future.
 La mia opinione è che il principale fattore scatenante è da ricercarsi 
nel settore finanziario, in particolare in quelle banche che hanno fatto
 da intermediari per l’immenso flusso di capitali verso i paesi 
periferici, che ha creato sbilanciamenti divenuti insostenibili a 
seguito del “sudden stop†causato dalla crisi internazionale e dalla 
brusca revisione delle valutazioni del rischio che questa ha causato.
 La seconda domanda è utile per comprendere
 se la costruzione dell’unione monetaria sia sufficiente per assicurare 
una graduale correzione delle vulnerabilità e evitare una crisi, nel 
caso in cui lo shock internazionale non fosse avvenuto. Si potrebbe 
speculare che, senza influenze esterne, l’eurozona avrebbe potuto 
superare gradualmente le sue debolezze con un processo di 
ribilanciamento interno. Non potremo mai essere certi di questo. 
Fortunatamente, questa domanda è meno significativa della prima.
Le cause alla radice della crisi
La storia più diffusa
 Cominciamo con la prima prospettiva 
riguardo le cause. La più vecchia narrativa della crisi, 
progressivamente corretta dagli accademici ma ancora popolare tra alcuni
 segmenti dell’opinione pubblica, recita all’incirca così: Non c’era 
niente che non andasse con il progetto iniziale dell’unione monetaria 
europea, e la crisi è scoppiata per lo più perché diversi paesi 
periferici non hanno rispettato quel progetto – in particolare le regole
 fiscali e il Patto di Stabilità e Crescita – generando una crisi di 
debito sovrano. Questa è la storia “il problema è essenzialmente 
fiscaleâ€, che può essere facilmente connessa ad altre 2: l’indisciplina 
fiscale ha portato a un surriscaldamento dell’economia, l’aumento di 
salari e prezzi ha implicato una perdita di competitività, e questo ha 
portato alla crisi da bilancia dei pagamenti.
 Nonostante questa sia una storia 
internamente coerente, non è corretta, specialmente per quel che 
riguarda il fattore scatenante della crisi.
 Anzitutto, non c’è una forte correlazione 
tra il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita di un membro 
dell’eurozona prima della crisi e il relativo spread richiesto dai 
mercati finanziari oggi. Per esempio, Germania e Francia non hanno 
rispettato tale Patto nel 2003-2004; mentre Spagna e Irlanda lo hanno 
rispettato più o meno pienamente fino al 2007.
 In secondo luogo, non c’è stato un aumento
 uniforme nell’indebitamento pubblico durante i primi anni della valuta 
comune nei paesi ora sotto pressione dei mercati finanziari.
Infatti, in certi paesi il debito 
pubblico è decresciuto, e in qualcuno è diminuito sostanzialmente. Per 
esempio, tra il 1999 e il 2007, il debito pubblico spagnolo è passato 
dal 62,4% del PIL al 36,3% del PIL. In Irlanda, nello stesso periodo, è 
diminuito dal 47% al 25% del PIL. Per quanto a livelli relativamente 
alti, il debito pubblico è diminuito anche in Italia (dal 113% al 103,3%
 del PIL) ed è aumentato solo di poco in Grecia. Comunque, negli ultimi 
due casi, il livello era già in effetti molto superiore al 60% fissato 
dal Patto di Stabilità e Crescita.
Riconsiderando il settore bancario
Penso quindi che, per avere una storia 
più accurata riguardo le cause della crisi, dobbiamo guardare non solo 
alle politiche fiscali: gli squilibri si sono originati per lo più nella
 crescente spesa del settore privato, finanziata dal settore bancario 
dei paesi debitori e creditori.
 Come mostra la slide 1, al contrario dei 
livelli del debito pubblico, il livello del debito privato è aumentato 
nei primi 7 anni dell’euro del 27%. L’aumento è stato particolarmente 
pronunciato in Grecia (217%), Irlanda (101%), Spagna (75,2%), e 
Portogallo (49%), tutti paesi che sono stati sottoposti a grandissimo 
stress durante la recente crisi. La crescita repentina del debito 
pubblico, d’altra parte, è iniziata solo dopo la crisi finanziaria. Nel 
corso di 4 anni, i livelli del debito pubblico sono aumentati di 5 volte
 in Irlanda e di 3 in Spagna.
 Da questa prospettiva, il rapido 
incremento dei livelli di debito pubblico deriva dal collasso delle 
entrate fiscali e dalle spese sociali, che sono aumentate durante la 
recessione quando sono stati attivati gli stabilizzatori automatici (es:
 cassa integrazione, ndt). Pericolose ripercussioni dal sistema bancario
 al debito sovrano, che sono emerse dopo l’inizio della crisi 
finanziaria, hanno ulteriormente indebolito i conti fiscali.
 Da dove venivano i finanziamenti che hanno
 fatto esplodere il debito privato? Un aspetto particolare del processo 
di integrazione finanziaria europea dopo l’introduzione dell’euro è 
stato un deciso incremento nelle attività bancarie tra paesi. 
L’esposizione delle banche dei paesi del centro verso i paesi della 
periferia è più che quintuplicata tra l’introduzione dell’euro e 
l’inizio della crisi finanziaria.
L’esplosione di questi afflussi di capitale
 si è distribuita in maniera disomogenea tra i paesi periferici, ma li 
ha influenzati tutti, e contenerne gli effetti è risultato estremamente 
difficile.
Ho esperienza di prima mano delle 
difficoltà incontrate dai paesi periferici. Le regole europee dei liberi
 movimenti di capitale, l’obiettivo di creare un campo di gioco comune 
per differenti settori bancari, e la fiducia nella supposta 
autoregolamentazione dei mercati finanziari, hanno tutti cospirato nel 
rendere molto difficile qualsiasi forma di contenimento del fenomeno. In
 più, nessuno aveva previsto che un “sudden stopâ€, caratteristico delle 
economie emergenti, potesse accadere nell’eurozona.
 Di conseguenza, l’afflusso di 
finanziamenti relativamente a buon mercato si è trasformato in una 
gigantesca esplosione del credito nei paesi ora sotto pressione. Come 
sappiamo, il credito non è stato perfettamente ottimizzato dai razionali
 agenti economici privati. Dal lato della domanda, in un contesto di 
bassi tassi di interesse, i consumatori e le aziende, aspettandosi una 
futura crescita, hanno anticipato i consumi e gli investimenti come dei 
bravi ottimizzatori temporali. Dal lato dell’offerta, le banche europee e
 i mercati finanziari non si sono comportati come la teoria di gestione 
del rischio prevedeva. Questo è quel che ha portato al surriscaldamento,
 pressione su stipendi e salari, perdita di competitività e grandi 
deficit delle partite correnti.
 (Il testo continua,
 purtroppo in contrasto con le premesse, richiamando il ruolo delle 
“necessarie†politiche fiscali restrittive, l’opportunità di un’unione 
bancaria e delle solite “riforme strutturali†per ridurre gli squilibri 
tra paesi. E nel finale, si propone per il futuro una revisione dei 
modelli sui quali si basano le loro previsioni.)