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“In nome del debito vengono distrutti i 
nostri diritti. Ma davvero non abbiamo altra scelta che pagare 
impoverendoci? La soluzione è cominciare a occuparci tutti di debito 
pubblico. Esigere di aprire un grande dibattito su cause, soluzioni, 
prospettive. Con occhi nuovi. Con il coraggio di rimettere tutto in 
discussione, a partire dalla legittimità del debito”. Così pensa Francesco Gesualdi, attivista e saggista, promotore di campagne su beni comuni, consumo critico, sviluppo sostenibile, fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo e insieme ad Alex Zanotelli della Rete Lilliput. Negli ultimi anni ha incentrato la sua attività sulla questione del debito, cui ha dedicato il recente saggio “Le catene del debito – e come possiamo spezzarle” (Feltrinelli).”  Piero Ricca
Piero Ricca: Francesco Gesualdi, governi nazionali, 
istituzioni europee e media mainstream ci dicono che non cӏ alternativa
 all”austerità. Secondo lei?
Francesco Gesualdi: Già l”obbligo di mantenere il deficit al
 di sotto del 3% del Pil ci ha sottoposto a continui aumenti di tasse e 
tagli alle spese con gravi ripercussioni sociali. I numeri confermano un
 tasso di disoccupazione reale al 24% mentre il rischio povertà coinvolge una persona su tre. Ma col fiscal compact
 sarà la catastrofe perchè tasse e tagli dovranno crescere fino ad 
ottenere il pareggio di bilancio. Per di più il debito andrà dimezzato 
nel giro di 20 anni. Un salasso mortale che porterà al collasso 
socio-economico e alla totale demolizione della nostra casa comune. Con 
somma soddisfazione del capitale internazionale e delle multinazionali 
dei servizi, che finalmente potranno comprarsi le proprietà pubbliche a prezzi stracciati e potranno mettere definitivamente le mani su servizi appetitosi come l’acqua, i rifiuti, la sanità, la scuola.
PR: Per individuare un”alternativa, lei sostiene che il 
passo preliminare è un”analisi demistificatoria del debito. Che cosa 
intende? 
FG: Dobbiamo mettere a fuoco che non ci siamo indebitati perché
 abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ma per i tassi di
 interesse che dal 1980 ci sono costati 2.230 miliardi di euro, per i 
privilegi fiscali che abbiamo accordato alle classi più ricche, per 
l’evasione che ammonta a 180 miliardi l’anno, per la corruzione che ci costa ogni anno 50 miliardi,
 per le spese inutili e dannose come l’alta velocità e l’acquisto degli 
F35. Perciò il primo passo da compiere è una grande indagine popolare 
per capire quale parte di debito è doveroso pagare perché creato a 
vantaggio del popolo e quale parte è nostro diritto ripudiare perché 
creato per arricchire banche, imprenditori d’assalto e politici assetati
 di potere. L’indagine non può essere affidata alla classe politica
 che ha prodotto il disastro. Può solo essere svolta dai cittadini 
organizzati in gruppi di lavoro. Esperienze in tal senso sono già in 
atto in Francia, Spagna, Belgio ed anche in Italia. A Parma un gruppo di
 cittadini ha ricostruito la genesi dei 900 milioni di debito che pesa 
sulla città. Chi volesse avviare un’esperienza analoga nel proprio 
territorio invii un messaggio a coord@cnms.it.
PR: Il dibattito sul debito, secondo lei, dovrebbe dunque 
uscire dalle stanze degli economisti. Ma davvero è possibile farsi 
un”opinione e proporre soluzioni su temi così complessi senza una 
cultura specialistica?
FG: Al di là dei linguaggi oscuri e dei tecnicismi che ci 
intimidiscono, i nodi politici del debito sono riconducibili a poche 
domande chiave. Dobbiamo tenere in maggiore considerazione l’interesse 
dei creditori o i diritti di tutti? Se uno stato è in difficoltà debbono pagare solo i cittadini o anche i creditori?
 La moneta deve essere gestita dal sistema bancario per il proprio 
arricchimento, o dai governi per il perseguimento della piena 
occupazione e altri obiettivi sociali? Non siamo deficienti: a queste 
domande, tutti dobbiamo e possiamo rispondere. L’avessimo fatto prima, 
invece di delegarle a economisti e politici, non ci troveremmo al punto 
in cui siamo. Avremmo evitato il disastro economico e salvato la 
democrazia.
PR: Vediamo in sintesi le possibili strategie alternative che lei propone. Quali sono le linee essenziali?
FG: Uno dei problemi del debito pubblico è che i creditori 
non sono gentiluomini che si accontentano del tasso di interesse 
pattuito. Agiscono attraverso la speculazione per strappare rese sempre 
più alte. Un vero gesto di pirateria dalla quale dobbiamo difenderci 
mettendo al bando la speculazione. Finalmente liberi 
dallo spread, dovremmo concentrarci sul capitale per mettere a punto un 
piano di abbattimento che non si basi sulle privatizzazioni, ma 
sull’annullamento del debito. Con due strategie. La prima: il ripudio del debito odioso
 accumulato per arricchire profittatori e banditi. La seconda: la 
ristrutturazione, che significa riduzione concordata del capitale da 
restituire, come ha già fatto la Grecia su consiglio della stessa Troika. Dunque non un’umiliazione di cui vergognarsi, ma una scelta di cui andare fieri di chi pone l’interesse comune al primo posto.
PR: Quali sono le principali misure d”emergenza a livello nazionale?
FG: La prima emergenza è ridurre gli interessi
 ricordandoci che sono una forma di redistribuzione alla rovescia: 
prendono a tutti per dare ai più ricchi. Le vie sono l’autoriduzione dei
 tassi di interesse e la lotta alla speculazione.
PR: Ma in concreto comӏ possibile condurre questa lotta?
FG: Il problema non è tecnico, ma politico.
 Bisogna semplicemente avere il coraggio di dire che sui titoli del 
debito pubblico certe operazioni non sono possibili. Ossia sono 
proibite. Sui titoli di stato bisogna proibire tutte quelle operazioni 
che gli investitori compiono per arricchirsi sulle variazioni di prezzo,
 ma che hanno come effetto secondario l”aumento dei tassi di interesse. 
Più in particolare mi riferisco ai CDS
 (Credit Default Swap) che sono scommesse di tipo assicurativo, ai 
futures che sono vendite future di titoli che non si posseggono, alle 
vendite allo scoperto che consistono nella vendita di titoli avuti in 
prestito. Alchimie partorite da menti depravate, studiate per permettere
 agli speculatori di spillarsi soldi reciprocamente, come fanno i 
giocatori di carte. Ma se tutto questo deve compromettere il bene di 
un”intera nazione, allora a essere malati non sono solo loro, ma anche i
 politici che lo permettono.
PR: Quali riforme strutturali ritiene necessarie?
FG: Le principali sono la riforma fiscale per garantire allo
 stato entrate adeguate tassando i più ricchi e la riqualificazione 
della spesa per garantire alle spese sociali tutti i soldi che servono 
annullando ruberie, privilegi e spese inutili.
PR: E a livello europeo?
FG: La riforma più importante riguarda la Banca Centrale Europea.
 Da struttura privata che gestisce l’euro per assicurare profitti alle 
banche, deve trasformarsi in struttura pubblica che governa la moneta in
 un’ottica di promozione economica e sociale. Che significa 
essenzialmente due cose. La prima: immettere gratuitamente nel sistema 
tutta la liquidità necessaria per il buon funzionamento dell’economia. 
La seconda: fornire ai governi tutta la moneta che serve per raggiungere
 la piena occupazione e promuovere i servizi fondamentali.
PR: Lei parla anche di “recupero di sovranità monetaria per risolvere i problemi del debito“, sicuro che arrivati a questo punto si possa reggere la fuoriuscita dalla zona Euro?
FG: Il mio orizzonte è quello europeo perché il debito è un problema comune che
 abbiamo interesse ad affrontare insieme, purché decidiamo che il nostro
 obiettivo non è la difesa dei creditori, ma dei cittadini. Del resto 
credo che i nazionalismi giovino solo al potere che spadroneggia meglio 
quando gli oppressi si considerano parti avverse solo perché 
appartengono a bandiere diverse. Credo in un progetto di unione europea 
basato sulla solidarietà e la cooperazione al servizio dei deboli. Per 
questo mi batto, sempre pronto a raccorciare il tiro se mi rendo conto 
di essere strumentalizzato da chi vuole solo rafforzare un’Europa al 
servizio dei forti. Al momento la sovranità monetaria a cui aspiro non è
 quella del ritorno alla lira, ma di permanenza nell’euro, magari non 
dei 17, ma dei soli paesi del Mediterraneo come propone il prof. Bruno 
Amoroso. Penso che il doppio euro potrebbe essere la via giusta
 per avviare un processo di riequilibro fra paesi forti e paesi deboli 
d’Europa e permettere ai paesi più indebitati di attuare politiche 
congiunte di riduzione del debito in sfida aperta col potere finanziario
 internazionale.
PR: Economisti ortodossi ed esponenti dell”establishment 
bollano come demagogia, populismo, ideologismo velleitario queste sue 
opinioni, che secondo loro porterebbero le nostre economie 
all”isolamento e al disastro. Lei come risponde?
FG: Al disastro ci siamo già e non per responsabilità dei no
 global, ma degli economisti di stretta fede mercantilista. Accecati dai
 loro dogmi si stanno rivelando un pericolo per tutti quanti. Ma per me e
 molti altri, questo sistema è fallito prima ancora che
 per i suoi intrinseci difetti di funzionamento, per i disastri umani, 
sociali e ambientali che ha provocato. Per questo, mentre avanziamo 
proposte per la riduzione immediata del danno, ricerchiamo formule per 
uscire definitivamente da questo sistema ed entrare in un altro ispirato
 a stabilità, sostenibilità, piena soddisfazione umana e sociale.
PR: Pensa che la prossima campagna elettorale per il rinnovo del parlamento europeo possa essere l”occasione per iniziare a “spezzare le catene del debito“?
FG: Assolutamente sì. Purché si capisca che i nostri nemici 
non sono gli operai tedeschi ma le banche e chiunque vuole lucrare sul 
debito pubblico. 
PR: Ma con questa classe politica, questi partiti e questi 
rapporti di forza fra finanza, media e politica vede realistici spiragli
 di cambiamento?
FG: Questa classe politica fa schifo, ma 
non è inamovibile. Possiamo mandarla a casa, ma serve uno scatto di 
partecipazione. Lo stato di apatia, passività, obnubilamento in cui si 
trova gran parte della cittadinanza è l’aspetto che più mi preoccupa. Ma
 con l’impegno di chi ha conservato il pensiero critico possiamo dare 
una scossa non solo rifondando la politica, ma anche trasformandoci 
ognuno di noi in promotori di controinformazione. Per questo invito 
tutti ad aderire alla campagna “Debito pubblico decido anch’ioâ€.
Il libro di Francesco Gesualdi: “Le catene del debito. E come possiamo spezzarle“
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