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Fermare il declino dei fatti

Michele Boldrin è stato eletto nuovo presidente di “Fare per Fermare il declino”. I suoi titoli di studio sono veri, i fatti che espone non sono altrettanto certificati.

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14 Maggio 2013 - 22.56


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da KeynesBlog.

Michele Boldrin è stato eletto nuovo presidente di “Fare per
Fermare il declino”. Nonostante i suoi titoli di studio siano veri, i
fatti che espone non sempre sono altrettanto certificati. E’ il caso di
quanto egli ha sostenuto 
giovedì scorso nella
trasmissione di Michele Santoro, dedicata alla scuola pubblica e ai
sussidi per quella privata, oggetto del referendum che si terrà la
prossima settimana a Bologna.

1. Mamma li Turchi!

In primo luogo, Boldrin ha affermato che, secondo i dati del test
“PISA” (condotti dall’OCSE), che misura la preparazione degli studenti,
l’Italia si collocherebbe addirittura dopo la Turchia. E’ vero? Come spiega il sito â€œRoars”, no.
Anzi, le capacità matematiche e scientifiche tra gli anni 2003-2009
(matematica) e 2006-2009 (scienze) sono notevolmente migliorate. Il
confronto diretto con la Turchia, poi, ci vede (per fortuna) vincitori.
E’ pur vero che potremmo e dovremmo fare di più e meglio, ma in fondo in
abilità di lettura e  scienze siamo appena sotto la Francia e a poca
distanza dalla Germania. I nostri studenti fanno peggio in matematica,
ma comunque meglio dei turchi.

2. I debiti degli studenti americani

Rispondendo ad una sollecitazione di Serena Dandini, Michele Boldrin
ha affermato che il fenomeno degli studenti americani indebitati è
marginale e riguarda sostanzialmente quelli “meno bravi”, che non
riescono a vincere le borse di studio ma insistono nel voler frequentare
una università privata. Ma è davvero così marginale? I dati dicono di
no. Il totale debito degli studenti USA e arrivato, secondo la Federal
Reserve, a quasi 1000 miliardi di dollari nel quarto trimestre 2012
(superando addirittura le carte di credito), suddivisi in 37 milioni di
prestiti. Circa l’86% di questa cifra è garantita da prestiti del
governo federale. Circa il 60% degli studenti americani è indebitato e
il 40% di quelli sotto il 25 anni. L’ammontare dei mutui è triplicato
dal 2004 al 2012. E, cosa più grave, l’andamento dei redditi è cresciuto
molto meno di quello dei debiti. Qualcuno ha in effetti paragonato il
fenomeno ai mutui “sub prime”. Inoltre la percentuale di ritardi o
mancati pagamenti è cresciuta durante la crisi e oggi, tra coloro che
stanno effettivamente ripagando, è arrivata al 30%. Tali incrementi non
devono sorprendere, data la crescita dei costi per gli studenti, molto
maggiore dell’inflazione (dal 1990,  tre volte per l’educazione contro
circa l’80% del livello generale dei prezzi).

Alcuni numeri aggiuntivi sono reperibili in questo recente articolo del Guardian: http://www.guardian.co.uk/money/2013/apr/03/student-loan-debt-america-by-the-numbers e in questo report della Federal Reserve di NY: http://www.newyorkfed.org/newsevents/mediaadvisory/2013/Lee022813.pdf

3. Il  privato è peggio del pubblico

Altra affermazione sorprendente di Boldrin riguarda la presunta
equivalenza tra qualità della scuola pubblica e della scuola privata.
Secondo l’economista “amerikano”, infatti, non conta se l’insegnante è
un “funzionario dello stato” o un dipendente privato. Quindi lo stato
deve sovvenzionare le scuole private poiché i due servizi sarebbero
equivalenti e perché, sempre secondo Boldrin, ciò che importa è che il
finanziamento sia pubblico, non l’ente che fornisce il servizio. Ma è
davvero così? Non per l’Italia. Questi sono i dati del Test PISA.

Valore mediano misurato sugli studenti quindicenni italiani che frequentano il secondo anno degli istituti classificati sulla base dell’assetto istituzionale.

Test
PISA: Valore mediano misurato sugli studenti quindicenni italiani che
frequentano il secondo anno degli istituti classificati sulla base
dell’assetto istituzionale /2006)

Come si nota, gli studenti della scuola pubblica sono più bravi. Non
solo: gli studenti peggiori (e in misura non certo trascurabile) sono
proprio quelli delle scuole private “assistite” dallo stato (le
cosiddette paritarie).  Ad ogni modo, gli studenti delle scuole
pubbliche risultano più bravi anche di quelli delle private non
assistite. (cfr. articolo su Lavoce.info)

E’ singolare che Boldrin, il quale sostiene che gli incentivi alle
aziende distorcono il mercato favorendo imprese inefficienti, non
consideri la possibilità che lo stesso fenomeno possa colpire proprio le
scuole. In alternativa, si può ipotizzare un meccanismo di
autoselezione: gli studenti meno preparati scelgono le private/paritarie
perché più facili. Ma allora perché lo stato dovrebbe incentivare
scuole di minore qualità?

EDIT: segnaliamo un interessante articolo di Joseph Stiglitz sui debiti studenteschi in America: Student Debt and the Crushing of the American Dream

Fonte: http://keynesblog.com/2013/05/13/fermare-il-declino-dei-fatti/.

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