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La cura della creatività

La cura della creatività
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14 Aprile 2007 - 17.28


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tv_facedi Paola Manduca – Megachip

Da dove nasce la creatività? Le risposte sembrano essere al momento soltanto due: dalle droghe, o dal proprio pc. L”abuso di farmaci e droghe per migliorare le proprie prestazioni è in continuo aumento: gli uomini prendono droghe prima di fare sesso, gli sportivi prima delle gare, gli studenti prima degli esami, gli insicuri prima di un”uscita.

 

 

Il rischio non è solo quello di una dipendenza a posteriori, ma anche di un errore a monte nell”assumere sostanze completamente sbagliate rispetto alle proprie ”necessità”, se si pensa che tra i giovani il farmaco più diffuso è il Provigil, un anti-narcolettico usato per la cura del morbo di Alzheimer.

La creatività in campo professionale, al pari della battuta pronta e brillante nelle relazioni interpersonali, sembra essere l”ossessione di ultima generazione, e di fronte all”insicurezza della propria immaginazione, si preferisce la sicurezza di una reazione chimica. Peccato però che le droghe assunte per questo fine siano paradossalmente inibenti sulle prestazioni del proprio cervello. Efficaci sul momento, nel lungo periodo riducono la capacità di trovare soluzioni ai problemi e quel che è peggio, col passare del tempo gettano il cervello in uno stato confusionale, spingendolo a confondere le idee buone con quelle sbagliate e viceversa.

In questo modo, l”originalità che le persone ricercano nella chimica li omologa, negli atteggiamenti e nelle connessioni mentali, più di quanto se ne rendano conto. La creatività, dopo decadi passati a discuterne, è al contrario proprio la capacità di trovare nuove relazioni tra le informazioni a disposizione, e di dare vita a patterns insoliti lì dove gli altri ci vedono solo una vecchia immagine.

Di questo, più che gli psichiatri, si stanno occupando gli ingegneri informatici o anche semplici web masters nel progettare siti internet: se la gente vuole nuove connessioni e nel minor tempo possibile, i siti internet possono diventare un surrogato del surrogato della creatività. In altre parole, gli studi sulle dinamiche di interazione tra cervello e pc si stanno muovendo proprio lungo il filone dello studio della dipendenza da droghe e di quello che la gente vuole per migliorare le proprie prestazioni.

Douglas C. Englebart, un ingegnere informatico, è diventato una figura centrale di questo movimento da quando ha coniato l”espressione “mind augumentation” (incremento mentale) a proposito dei network elettronici. Gli individui oggi soffrono della paura di sentirsi soli e in questo senso, condividere le proprie esperienze e conoscenze con gli altri può farli sentire meglio: Wikipedia è l”esempio più calzante. Ma allo stesso tempo le persone soffrono di quella che potrebbe essere definita un”ansia da prestazione creativa.

La paura di non essere abbastanza originali è un problema che anche Internet comincia a prendere in considerazione: se la paura è di essere come tutti gli altri, Google per primo, ma non solo, sta lavorando su come personalizzare le ricerche, di modo che i percorsi per trovare una canzone in rete o una poesia di Emily Dickinson varino da persona a persona. Gli scienziati stanno quindi studiando quale percorso mentale più o meno standard appaga la nostra sete di creatività e stanno cercando di riprodurlo in laboratorio.

Se così fosse, Internet farà un passo indietro: anziché essere il posto in cui trovare ogni risposta, diventerà in un certo senso più faticoso. Diventerà in altre parole l”interfaccia che ci farà credere che ad un dato risultato ci siamo arrivati con le nostre mani, e soprattutto col nostro cervello.

 

 

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