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di Francesco De Carlo – MegachipPerché stiamo perdendo? Perché abbiamo già perso e nessuno, da dietro le corde, si decide a gettare la spugna sul ring. I soggetti di queste frasi, di queste domande, sono quanto mai indefiniti: usiamo il plurale solo per sottrarci all”individualismo spinto che ha disintegrato il senso collettivo della società del secolo scorso, che aveva sperimentato la democrazia, la teoria dell”alternativa e le pratiche del dissenso al pensiero unico.
Inventiamoci questo “noi” irreale, dunque, e sentiamoci pure in diritto di rappresentare i buoni, i senza macchia, quelli che non si sentono corresponsabili della crisi in corso, gli uomini di buona volontà che vorrebbero invertire il tragico cammino degli eventi.
Ecco, noi abbiamo già perso e non c”è modo di recuperare quella sconfitta.
Se ne possono solo apprezzare forme ed entità , con due esempi che chiariscono cosa possiamo farne delle nostre velleità democratiche, delle nostre carte costituzionali: negli Stati Uniti il nuovo Senato appena insediato, sospinto dalla brezza del vento del cambiamento di Obama, ha approvato ieri all”unanimità una risoluzione non vincolante che riafferma l”appoggio statunitense alle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza; in Italia, nonostante il rumore dell”Onda studentesca dei mesi scorsi, la riforma Gelmini è legge. Possibilità di invertire il cammino degli eventi: zero.
I poteri sono tali perché sono più forti.
Non si stancano mai. Vincono su tutto e tutti.
Vogliono una carneficina a Gaza, un disastro umanitario di dimensioni tali da mostrare al mondo la loro capacità di bombardare civili inermi nel XXI secolo? Lo fanno. Impuniti.
Vogliono una società ignorante, acritica, incapace di comprendere la realtà dei fatti e perennemente impegnata a masturbarsi con shopping e gratta e vinci? La ottengono. La mettono a sistema, ne pianificano lo sviluppo generazionale, mortificando la diffusione del sapere negli anni a venire.
Diminuiscono i consumi alimentari, salgono verticalmente quelli in giochi d”azzardo (compresi quelli legali): quale altro dato serve per confermare la sconfitta?
Nessuno mette più in discussione lo stile di vita, nessuno può rinunciare al benessere o meglio alla percezione del benessere. C”è chi è pronto alla violenza (succede, non è un iperbole formale) per accaparrarsi un televisore al plasma a buon prezzo: davvero crediamo che su quel televisore le eventuali immagini dei morti palestinesi possano avere un peso diverso da un sabato sera con Raffaella Carrà e Gigi d”Alessio?
La crisi non è economica, finanziaria, energetica, ambientale. Non è neanche umanitaria. È una crisi umana: definizione di un modello di vita basato sul consumo compulsivo, sul disimpegno, sull”accidia culturale; programmazione scientifica delle prossime generazioni già predisposte a perpetuare il nulla leopardiano; annientamento delle possibilità di opposizione attraverso le forme della partecipazione democratica. Il movimento democratico? Il movimento democratico non si muove.
Su questo terreno la guerra è facile, è facile la corruzione, è facile lo stupro del pianeta. E tra chi decide e chi subisce la decisione la differenza è la stessa che passa tra chi vende e chi compra: sorridono tutti e due, ma per motivi diversi. Un comico americano scomparso da poco, George Carlin, diceva: “Non voglio più sentire parlare di vittime innocenti: dal momento che sei su questa terra sei fottutamente responsabile”. Vaje a dà torto, dicono dalle mie parti.
Chiesa e Cabras hanno analizzato perfettamente il ruolo dei media in questa guerra fredda tra vincitori e sconfitti. Negli anni passati sono stati ancora più importanti per educare le masse all”abitudine e generare lo stato di crisi che stiamo sperimentando. E proprio sui media oggi si apre l”unico strettissimo campo di azione. Quello che si può fare con Pandora forse è poco, ma è anche il minimo per chi ha a cuore la sorte di figli e nipoti. Si tratta di studiare la macchina, spiegarne il funzionamento, svelarne l”inganno, come l”immagine coordinata di cui parla Cabras, e soprattutto contestualizzare i fatti: la ricerca sul genocidio in Terra Santa citata da Giulietto Chiesa spiega perfettamente come ragiona il pubblico, quali notizie recepisce e quali no e perché non si accorge di come l”informazione sia tutt”altro che obiettiva.
La genesi di questa escalation di violenza in Palestina non è chiara alla quasi totalità della popolazione: abbiamo la possibilità di raccontarla in tre minuti e mettere a disposizione degli uomini di buona volontà uno strumento fondamentale per diffondere il dubbio.
Nessuno si aspetta di vincere. Non possiamo vincere, perché questo match l”abbiamo già perso.
Se andiamo avanti così ci aspettano ancora milioni di round. Non ci sarà alcun K.O.
Bisogna prendere atto della sconfitta, inventare anticorpi come Pandora capaci di creare opposizione e alternativa, immaginare una nuova mutazione antropologica. E prepararsi al nuovo incontro che sta per cominciare.
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