Costosi lacci per le radio | Megachip
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Costosi lacci per le radio

Costosi lacci per le radio
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15 Novembre 2010 - 12.06


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crushradiodi Davide Pelanda – Megachip.

In questi giorni, quando dalle imprese di Guglielmo Marconi è passato un secolo e più, è stato attivato un provvedimento che mette mano proprio alle radio e alle tv. Il provvedimento è stato approvato poche settimane fa dall” AGCOM (autorità garante delle comunicazioni) che deve trasformare in regolamento attuativo il decreto Romani del marzo 2010, che a sua volta recepisce la direttiva 2007/65 (meglio nota come Audiovisual Media Services, AVMS) in materia di esercizio di attività televisiva.

L”obiettivo sarebbe, a dire del governo, quello di creare un quadro moderno, flessibile e semplificato per i contenuti audiovisivi, anche attraverso una nuova definizione dei servizi di media audiovisivi, svincolata dalle tecniche di trasmissione.

Tale decreto e nuova regolamentazione prevede una dichiarazione di inizio attività e pagare un costo di autorizzazione pari a 750 euro. Che sale a 1.500 euro per le web tv lineari (cioè con palinsesto). Una volta pagata questa sorta di tassa (c”è qualcuno che, malignamente, la chiama “pizzo”) si potrà immediatamente trasmettere. C”è da notare che il decreto, dopo aver pagato l”autorizzazione a trasmettere, non darà in alcun modo una valutazione preventiva sui contenuti.

In sostanza i nostri governanti vogliamo imbavagliare le web radio e le web tv? Voci scomode da censurare come si vuol fare, più in generale, con internet?

Da tutto ciò, si precisa, sono rimasti esclusi i siti internet tradizionali, blog, motori di ricerca, versioni on line di quotidiani e riviste.

Da notare, inoltre, che le web radio esistenti non chiedono soldi né finanziamenti a nessuno, men che meno allo Stato attraverso la legge sui finanziamenti per il supporto all”editoria.

Chi potrà permettersi, per evitare questo bavaglio, di poter pagare tali cifre? Se non, come dice qualcuno che gestisce da parecchi anni una web radio, «obbligandoci anche noi a trovare una forma di autofinanziamento (magliette, paypal, contenuti a pagamento) oppure una sponsorizzazione. Cosa ci consigliate di fare? (a parte di trasferirci su server all”estero)?».

Dario Albertini, presidente dell”Associazione Culturale Klarheit (con sede in provincia di Agrigento), associazione che gestisce in completa autonomia e senza scopo di lucro una webradio (http://associazioneklarheit.weebly.comhttp://www.rlwebradio.com) si impensierisce:

«Siamo molto preoccupati di questo provvedimento di AGCOM, un ente che per altro rispettiamo ed il cui ruolo riteniamo indispensabile. Radio Libriamoci Web è una webradio no profit, è la voce di un”associazione, l”Associazione Culturale Klarheit, che si occupa di formazione e sensibilizzazione all”uso consapevole delle nuove tecnologie. Le trasmissioni sono tutte di utilità: un corso di inglese per bambini, un viaggio attraverso la letteratura di tutti i tempi, due appuntamenti settimanali con i grandi temi sociali del nostro tempo. La musica fa da collante ed è tutta copyleft, libera da oneri e diritti».

«La tassa che AGCOM introduce – spiega Albertini – laddove confermata, significherebbe farci chiudere, mettere in silenzio un canale che finora ha fornito un servizio senza raccolta pubblicitaria ma contando solo su donazioni e quote associative. E come noi ci sono altre realtà alle quali toccherebbe la stessa sorte».

E la domanda sorge spontanea: a chi danno fastidio queste web radio?

«Le risposte potrebbero essere molteplici – dice il nostro interlocutore – E tra gli aspetti che più colpiscono c”é la presunzione di malafede nei confronti di noi operatori, considerati tutti potenziali “pirati”, tutti pronti a migrare su domini offshore che il Garante oscurerebbe ai navigatori nazionali. C”é qualcosa di molto preoccupante in tutto questo e che riguarda la libertà di espressione. Il piano di ripartizione delle frequenze impedisce a priori la possibilità di trasmettere sia in FM sia sulla oramai quasi deserta AM dove invece, negli USA ad esempio, é consentita l”emissione a bassissima potenza. Ora vogliono “normare” le trasmissioni audio-video sul web, un”impresa tecnicamente quasi impossibile ma di gravissimo danno sociale».

 

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