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16 Aprile 2011 - 23.55


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opusgaydi Davide Pelanda.

Scrivere un libro-inchiesta su omosessualità e Chiesa cattolica dal titolo provocatorio di “Opus Gay” (Newton e Compton editori 2010) non è certo una cosa facile. Soprattutto se lo vuoi fare cercando risposte serie, intelligenti, autentiche. L”ha fatto l”autrice, Ilaria Donatio: ha passato giorni e giorni frequentando le parrocchie e le chiese le più svariate, ma anche chattando su siti gay e spacciandosi per un prete a caccia di incontri a scopo sessuale, indirizzi e numeri telefonici. Insomma un”inchiesta sul campo, molto diretta.

«Ho fatto questo viaggio da penitente.- spiega infatti l”autrice che abbiamo intervistato – Molti mi hanno dato della vigliacca perché dicono che è come avessi fatto un esperimento senza che l”altra persona con cui parlavo fosse stata informata. Secondo questi attacchi avrei utilizzato un sacramento in forma non corretta»

Per questa inchiesta non hai avuto delle grane? Delle denunce di qualcuno che si è riconosciuto nel libro?

«No, nessuna. Io mi inginocchiavo ai confessionali, mi confessavo dicendo di essere lesbica ed anche credente e chiedendo “cosa mi dice padre?”. Fingevo totalmente.

La reazione al libro è stata dura, molti se la sono presa: so per certo che all”interno della Chiesa ha fatto molto rumore. Per un giornalista il vero punto è: o una cosa del genere la indaghi veramente o non la indaghi proprio. Non fai finta facendo una intervista al prete perché ti risponderebbe sulla base di uno schema classico, formale. A me invece interessava capire cosa dicevano i confessori quando un omosessuale si inginocchiava davanti a loro per condividere la propria sofferenza, la propria contraddizione. Non mi interessava la risposta formale e anche un po” ipocrita che normalmente queste persone ti danno»

Nelle varie presentazioni che hai fatto del libro hai avuto degli attacchi?

«No. Nessun attacco frontale. E” chiaro che questo tipo di lavoro lo presenti solo in alcuni ambienti.  Sì, ci sono state delle discussioni anche vivaci con persone che si sono alzate tra il pubblico perché non comprendevano e magari mi accusavano di aver strumentalizzato certe cose per cavalcare l”onda. Certo è che se fossi stata realmente lesbica paradossalmente la gente comune l”avrebbe accettato di più. In realtà è un argomento che mi sta moltissimo a cuore da sempre. Poi chiaramente l”ho sviluppato a modo mio: da giornalista io non potevo trarre delle conclusioni sulla base di elucubrazioni o di ragionamenti cerebrali. Era necessario riscontrare sul campo le cose come stavano. Quindi ho dovuto necessariamente calarmi nel ruolo, altrimenti non avrei potuto capire che c”è anche molto imbarazzo sulla questione»

Molto spesso però l”omosessualità viene volutamente confusa con la pedofilia. Perché secondo te? E” una confusione voluta?

«Si confonde per ignoranza, perché ancora l”omosessualità la si confina in una sfera di innaturalità, si pensa ad una cosa contro natura. La Chiesa ufficiale la chiama disordine, quindi oggettivamente una pratica cattiva. L”omosessuale in sé non ha grande possibilità: se vuole rimanere all”interno dell”orizzonte della Chiesa cattolica deve rinunciare ad avere una storia d”amore.

Chiaramente da lì a dire che siamo vicini alla pedofilia, che è una patologia vera e propria, vuol dire che le cose possono diventare simili o comunque parenti.

Per scrivere questo libro ho anche provato a mettermi in chat su siti gay, facendo finta di essere un  omosessuale che agganciava i preti gay. Cosa ho concluso? che anche nella Chiesa ci sono preti gay, ed è probabile che ci siano in tutte le realtà sociali. L”aggravante è che c”è una lettera pastorale del 2005 in cui c”è scritto che il novizio che si scopre omosessuale o sa di esserlo deve, entro 3 anni prima dell”ordinazione sacerdotale, sciogliere questo dubbio: dovrebbe cioè o diventare eterosessuale fingendo – dando per scontato che l”omosessualità è una malattia da cui si può guarire – oppure rinunciare a diventare sacerdote. Quindi capisci la violenza di questo messaggio!?! I preti che sono gay che possibilità hanno? Nessuna, se non quella di occultare la verità. Senonché alcuni riescono a sublimare, altri non ci riescono perché magari sono più fragili. La loro sessualità è dunque vissuta prima virtualmente, ma poi quasi tutti quelli che chattano lo fanno per chiedere un appuntamento, un riferimento telefonico»

Quando sei andata a parlare con i sacerdoti che trovavi nelle singole chiese, nessuno si è spaventato davanti alle tue richieste, a queste domande. Hai anche incontrato eminenti teologi di cui parli nel libro. Come ti sono sembrate queste persone?

«Nonostante siamo nel 2011 molte di queste persone non erano preparate all”argomento. Immagino, ma ne ho anche la certezza, che ci siano tante persone omosessuali ed anche omosessuali credenti -  quindi persone che si accostano alla dimensione pastorale – che trovano preti ignoranti. Ma,  di contro, si trovano anche sacerdoti molto preparati sull”argomento. Ho dunque trovato molte posizioni: l”ignorante, ma anche quello che interpreta alla lettera la posizione dottrinale della Chiesa cattolica, e quindi di non accettazione dell”omosessualità. Ho anche trovato il prete illuminato, intelligente… ciò per dire che la Chiesa è tante cose assieme»

Tu citi nel tuo libro il riferimento a un volume fatto da una apposita Commissione pastorale della diocesi di Torino in occasione del gay pride torinese. Hai trovato in giro per l”Italia altre realtà simili di tale apertura?

«La realtà torinese è particolarmente aperta, particolarmente avanzata. Non a caso a Torino ho presentato il libro con don Ermis Segatti. Poi a Firenze ho trovato un prete di Libera, magari meno intellettuale ma anzi ancora più accogliente e, come dire, inteso a interpretare alla lettera il Vangelo e la sua dimensione propria dell”accoglienza. Una persona molto, molto interessante, ma non è l”unica. Ci sono esperienze un po” più vecchie, altre più giovani. Debbo dire che come Chiesa qualche cosa si sta muovendo sul territorio. Purtroppo invece a livello di gerarchie  non  si muove e non si muoverà nulla ancora per molto tempo»

Vivendo a Roma avrai avuto dei contatti anche con cardinali, monsignori della Curia o altro. Non ne hai sentito qualcuno di essi?

«Sono inavvicinabili»

C”è la paura dell”attacco…

«Esatto»

In Europa tutto sommato sembra che i gay ed i suoi attivisti stiano un po” meglio rispetto, ad esempio, all”Uganda dove addirittura per gli omosessuali c”è la pena di morte. Tutto sommato si può dire che in Italia su questa tematica si vive abbastanza in un isola felice, a livello governativo. O sbaglio?

«A livello governativo si vive in realtà una brutta situazione. L”Italia ha un vuoto di diritti e di leggi rispetto ai grandi paesi europei: ci attardiamo ancora a fare delle leggi contro l”omofobia, per non parlare poi delle leggi sulle coppie di fatto… Certo, se ci mettiamo a confronto e se andiamo a vedere il cosiddetto Terzo Mondo o i paesi islamici abbiamo certamente gioco facile. Credo però che il metro di paragone non possano essere quelli che stanno peggio di noi ma i paesi più avanzati, o comunque quelli che stanno sul nostro stesso piano. C”è poi da dire una cosa importante che riguarda il Vaticano. Come ben si sa, sulla pena di morte dice di no. Ma dice anche no alla depenalizzazione dell”omosessualità nel mondo. Quindi se ci sono paesi che applicano la pena di morte ai gay il Vaticano non interviene. E la cosa è gravissima: è come se si rendessero complici della scelta. Ed è ancora più grave soprattutto in riferimento al potere della Chiesa, cui corrisponde una grande responsabilità: perché, come Chiesa, non può farsi portavoce del messaggio di Cristo nel mondo, di accoglienza evangelica e poi rispondere di no alla petizione dell”Onu sulla depenalizzazione della pena di morte. E” scandaloso. E” omofobia»

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