Pragmatismo e nonviolenza 2011 | Megachip
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Pragmatismo e nonviolenza 2011

Pragmatismo e nonviolenza 2011
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10 Luglio 2011 - 20.10


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metodinonviolentiDopo la grande manifestazione nazionale a Roma del 15 ottobre – vissuta da centinaia di migliaia di attivisti in modi nonviolenti, ma vissuta nei media solo con la cifra della violenza usata da una minoranza – ci sentiamo di ripubblicare questo articolo scritto da Ettore Macchieraldo a luglio 2011 dopo gli scontri in Val di Susa. È ancora attuale, nel cogliere il limite che immancabilmente raggiungono i nuovi movimenti una volta che sono chiamati a un salto di capacità strategica e comunicativa. La forma “manifestazione nazionale” è sempre più problematica. Sarà necessario concentrare il movimento contro le banche su due o tre proposte e avviare la mobilitazione, ma diffusa sul territorio. Solo così potremo creare consenso e aggregare tutti coloro che pagano e pagheranno la Grande Crisi.


di Ettore Macchieraldo – Megachip.

I recenti fatti accaduti in Val Susa, lo sgombero del presidio No Tav, il tentativo di riprendersi il cantiere e gli stessi lacrimogeni tossici lanciati ad altezza d”uomo ci impongono una riflessione attenta sulle forme di lotta e di formazione del consenso. E ce lo impongono ancora di più ora che si concretizza questa indignazione a lungo sopita. “Personalmente il mio rifiuto alla violenza e alla uccisione si pone entro un disegno rivolto contro lo sfruttamento, la violenza e l”uccisione in tutte le loro forme, e richiede quindi una distinzione politica. Non accettare la tragicità inerente all”azione o al consenso all”altrui azione vuol dire dare aiuto ai Grandi Assassini, al sistema dell”assassinio organizzato che è la nostra società. Non posso mettere sullo stesso piano la violenza reazionaria e la violenza rivoluzionaria.” Così scrisse un intellettuale dello scorso secolo, Franco Fortini, in una lettera ad Aldo Capitini, il primo pensatore ed educatore alla nonviolenza in Italia.

Era il 1950, molto molto tempo fa.

Rimango legato a quella distinzione: non metto sullo stesso piano le due violenze.

Ciò nonostante non posso esimermi dall”esercitare una critica radicale a chi ha pensato di poter conquistare vantaggi alla causa dei No Tav della Val Susa riproponendo improvvisate guerriglie di sassi e bastoni contro un esercito di militari, preparati e attrezzati e gestiti strategicamente dalle centrali di polizia.

Se l”intenzione era quella di riconquistare il cantiere, ci si sarebbe dovuti organizzare meglio e, soprattutto, avere il consenso non solo della popolazione locale, ma direi di quella italiana (e tra loro almeno di una parte di quelli in divisa).

Probabilmente vale invece l”effetto notizia di cui scrive molto bene Gigi Roggero:

“Come le imprese del capitalismo cognitivo, così il Partito di Repubblica (d”ora in avanti PdR) non pretende di rappresentare, a monte, soggetti o blocchi sociali definiti: agisce invece a valle, catturando passioni e comportamenti, interpretandoli per produrre opinione pubblica e darne dunque, artificialmente, forma organizzata. Lo abbiamo visto con il movimento studentesco e universitario in autunno, disincarnato e astratto nell”icona del bravo giovane di XL, che ama i libri e la Cultura, indignato con Berlusconi ma non con il sistema di cui é parte integrante, tifoso della costituzione formale e non certo protagonista sovversivo della costituzione materiale, difensore del pubblico e perciò estraneo al comune, un po” ribelle anagraficamente ma mai rivoluzionario. E poi sono venute le “donne”, ridotte a categoria sociologica e morale che identifica tutte coloro che se la prendono indistintamente con le corrotte e i corruttori, con le nipoti di Mubarak e il bunga bunga, e non certo con i rapporti di sfruttamento e precarizzazione in cui tutto ciò avviene. Ancora, i referendum: ignorati dal PdR fino alle elezioni amministrative, sono diventati nell”ultimo mese oggetto di una frenetica mobilitazione all”insegna del “vento che cambia”.

Poco conta, dunque, il contenuto specifico: il problema della forma-PdR é usare i movimenti sociali per accumulare opinione pubblica.”

E questo il terreno di battaglia: quello della comunicazione e della formazione d”opinione. Ed è vero che esiste un PdR, che conduce il potenziale dei movimenti nel recinto dell”impotenza. E lo fa appropriandosi dei contenuti più superficiali e mai concentrandosi sulle cause.

E allora, per far breccia in questo sistema, è necessaria la pantomima della violenza rivoluzionaria?

Soprattutto la riteniamo necessaria in assenza di una capacità di strategia e quindi di autonomia nella comunicazione da parte dei movimenti?

Io credo di no.

Penso sia di gran lunga più intelligente, anche per chi come me proviene da altre formazioni e che non può prescindere dalla difesa della propria incolumità fisica, utilizzare le tecniche della nonviolenza. O almeno, come ci suggerisce Nanni Salio, di “seguire la nonviolenza in termini pragmatici”.

C”è una grande necessità di esprimere l”indignazione crescente per le condizioni materiali e la qualità di vita che stanno peggiorando, ma c”è altrettanta necessità di un ampio e inedito consenso verso le forme di lotta e di auto organizzazione che si stanno esprimendo.

Non riduciamo tutto al teatrino spettacolare che i vari PdR ci chiedono di inscenare.

 

 

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