Roma a fuoco, perché Maroni non si dimette? | Megachip
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Roma a fuoco, perché Maroni non si dimette?

Roma a fuoco, perché Maroni non si dimette?
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16 Ottobre 2011 - 19.33


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maroniriotsda ilmondodiannibale.it.

Nel mitico ”Paese normale” che aleggia come un el dorado perduto sulla nostra storia recente, un ministro degli Interni che se ne resta casa sua, a Varese, nel giorno in cui è previsto l”afflusso, nella capitale del Paese, di decine di migliaia di persone che protestano per le conseguenze di una crisi economica e sociale di dimensioni globali,  sarebbe giudicato un irresponsabile e un incapace. Non solo: se poi nelle ore in cui si svolge la dimostrazione, gruppi di teppisti organizzati mettono a ferro e fuoco interi quartieri, producono violenze inaudite, feriti, incendi, e le forze dell”ordine si trovano del tutto impreparate di fronte all”evento, questo ministro si dimetterebbe a tempo di record, e se non lo facesse sarebbe lo stesso capo del governo a pretenderlo. Invece no.

 

 

Anzi, alcuni ”importanti” dirigenti e ministri della maggioranza hanno detto che gli scontri di Roma sono figli delle critiche troppo dure mosse dall”opposizione al premier. Bè, poverino.

Fra quelli che hanno sparato la suddetta panzana, anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, quello che si preoccupava della partita Inter-Siena mentre i soldati italiani morivano in Afghanistan, tanto per capirci (ma le pietre miliari nel suo caso sarebbero infinite).

Gli stessi sindacati di polizia, non certo sospetti di essere dei pericolosi no global, hanno attaccato duramente il ministro Maroni e la sua totale sottovalutazione dell”evento. Manifestazioni del genere si sono svolte oggi in tutto il mondo, ma solo a Roma c”è stato un simile risultato . Come mai? Si è trattato di provocazioni preordinate? Di totale assenza di controllo e capacità di prevenzione? In entrambi i casi la situazione è tragica. Il Paese è senza governo tranne che, naturalmente, nei momenti in cui è necessario raccattare qualche voto per salvare le sorti personali del premier e di un bel gruppo di ”deputati per caso” destinati all”oblìo se finisce la legislatura.

Nel caos generale ancora non è stato nominato il presidente di Bankitalia, Roma viene devastata in un pomeriggio, il mitico decreto sviluppo attende di essere partorito dalla geniale mente del conducator, mentre interi ministeri vengono smantellati a suon di tagli da quell”altro ministro che diceva poco tempo fa: in Italia la crisi non si sente, siamo messi meglio degli altri. Bravo.

Infine il movimento degli Indignados. La buona notizia è che finalmente buona parte del corteo ha disperatamente – però inutilmente – cercato di isolare gli squadristi. Non basta. Sarà necessario che le prossime piattaforme e mobilitazioni contengano dei punti fermi non equivocabili su cosa s”intende per democrazia e cosa non lo è. Così si uccide la partecipazione. Gli eccessi demagogici, l”antipolitica sgangherata, il gesto violento finto-futurista e in realtà dichiaratamente da teppisti, porta a questi risultati, a questa confusione. Dieci anni fa a Genova è morto un movimento e la partecipazione è entrata nell”éra glaciale. Ora, se i molti che prendono parte a questo movimento intendono cambiare le cose, dovranno tracciare il confine fra violenti e non violenti, fra contenuti politici per quanto duri, e sottocultura antisistema buona per mettere qualche passamontagna ma totalmente ridicola dal punto di vista politico e culturale.

 

Fonte: http://www.ilmondodiannibale.it/perche-maroni-non-si-dimette.

 

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