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Non rincorrere i bancarottieri della sinistra

Non rincorrere i bancarottieri della sinistra
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27 Agosto 2012 - 09.54


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bancarottieri

di Piotr (????)

Nel recente articolo di Mattei pubblicato su il manifesto e ripreso da Megachip mi hanno immediatamente colpito tre cose:

1) La lista delle discriminanti: antifascismo, anti-neoliberismo, e antirazzismo che, come commenta Mattei, “sono poi aspetti dello stesso fenomeno”. Salta agli gli occhi l”assenza dell”antimperialismo, che è anch”esso parte integrante delle stesse dinamiche. O, ancora più in generale, l”assenza di una qualsiasi linea in politica internazionale.

Volendo affrontare una crisi che si è generata negli USA a causa di sconvolgimenti di carattere globale, trovo questa dimenticanza” singolare e capace di pregiudicare la possibilità di elaborare proposte non solo “giuste” ma anche capaci di affrontare le dinamiche concrete, profonde e di lunga durata della crisi.

In quale dimensione ad esempio bisogna collocare la crisi ecologica? In quella nazionale o in quella mondiale? E se bisogna collocarla, come credo sia ragionevole, in quella mondiale, è evidente che la crisi ecologica si riversa sull”umanità non come un Armageddon ecumenico, bensì “filtrata” e “organizzata” dalle istituzioni politiche (nazioni, Stati, organizzazioni sovrastatali) che sono fin qui sorte storicamente per gestire le relazioni mondiali conflittuali e all”interno di esse quelle più locali.

Avulse dalla politica internazionale le tre discriminanti di Mattei sono purtroppo solo quelle tipiche della sinistra dello scatafascio. Ovvero di quella sinistra che non ha i mezzi analitici o la volontà politica di affrontare la crisi per quella che è. E che quindi non può presentarsi con proposte credibili che vadano oltre appelli generici per il ritorno al buon tempo che fu, con qualche obbligato aggiornamento, appelli che se già trovano poche orecchie pronte ad ascoltarli, non possono essere la base per una trasparente politica propositiva efficace. Così che si avrà di fronte un”unica alternativa: essere mandati al diavolo subito o essere mandati al diavolo subito dopo e ancora con più astio.

Alla fine l”intervento di Mattei pur partendo da considerazioni e preoccupazioni condivisibili mi sembra un po” un appello per chiamare a coorte tale sinistra, ovunque essa si annidi, facendo persino leva su un consunto antiberlusconismo: “bisogna assolutamente evitare il ritorno di Berlusconi e della sua corte dei miracoli”.

Anzi, direi non solo consunto, ma anche ingenuo, perché pensa che il ritorno o meno del Cavaliere sia una questione interna italiana e non, se del caso, una decisione che sarà presa a Washington così come fu presa quella di prolungare di ben un anno l”asfittico governo di centrodestra (all”epoca ridotto a dover accaparrarsi voti uno ad uno per non cadere) al fine di fargli fare la guerra in Libia e permettere a Monti-Napolitano di preparare per bene la sua successione.

Come si vede, se si evita il contesto internazionale e si evita di far riferimento ai rapporti di forza internazionali, si è destinati a ricadere nei vecchi errori di lettura. Quelli che, per l”appunto, hanno portato allo scatafascio.

2) Poi mi ha colpito questa affermazione: “di qui al 2013 non c”è tempo per produrre a fondo nella società italiana quel cambiamento politico-culturale che ad esempio quanti hanno lavorato al manifesto di Alba si augurano”. In questo caso Mattei ha ragioni ancora più ampie di quanto creda. Il problema, infatti, non è solo che il cambiamento culturale che si augura Alba fatichi a concretizzarsi. Il problema generale è che in Italia fatica a concretizzarsi un qualsiasi ritorno all”idea di “politica”. E non potrebbe essere altrimenti dopo quasi un ventennio di antiberlusconismo. Un ventennio cioè in cui dei nanerottoli politici di sinistra (che però si credevano ineguagliabili strateghi) non hanno fatto altro che lanciarsi a corpo morto contro un”altra nullità, senza oltretutto cavare mai un ragno dal buco. E spesso persino tacciandola di essere poco liberista (questo quando si degnavano di usare argomenti politici).

Dopo una devastazione ventennale del concetto stesso di “politica”, complementato da una calata di braghe epocale dei famosi “intellettuali” di sinistra (ma che per tempo Pasolini già aveva tacciato di “irresponsabili”), è come l”Aquila dopo il terremoto. Tutto da ricostruire, pietra su pietra e mattone su mattone. Ma sul serio. Non alla Bertolaso.
La riprova è che in assoluto siamo oggi il Paese politicamente più arretrato in Europa nel reagire al massacro sociale.

3) L”ultimo punto, che in verità mi ha fatto capire dove si voleva  andare a concludere, è la seguente affermazione di Mattei a proposito dell”alleanza tra “lo sbiadito Bersani” e Casini: “e Dio non voglia che davvero ci stia anche Nichi, reduce dal grande successo di difesa costituzionale del referendum del 2011”. È palese, a questo punto, la logica rivolta ad alleanze elettorali dell”articolo di Mattei.

Non credo che all”autore sia sfuggito che, in barba alle sue tre discriminanti “antifascismo, antineoliberismo e antirazzismo”, sembra invece che la discriminante unica posta da “Nichi” siano i matrimoni omosessuali. Una discriminante fondamentale in un”epoca in cui la Terza Guerra Mondiale è già iniziata così come una gigantesca crisi economica che durerà molti anni (checché ne dica Monti a Rimini) e sfocerà in cambiamenti drammatici che non riusciamo nemmeno ad immaginare.

Potremmo anche, con qualche sforzo, iscrivere l”antiomofobia sotto la rubrica “antirazzismo”. Va bene. Chi scrive reputa l”omosessualità una legittima relazione umana. Ma il problema posto al primo punto rimane. Così come rimangono, se si vuole far riferimento alla volontà referendaria, le ambigue manovre vendoliane riguardo l”Acquedotto Pugliese. Ma ad un ambito alleato non si possono rinfacciare le ambiguità, si devono ricordare solo i “successi”.

Ciò che in fondo l”articolo propone è un”interessante disamina critica delle difficoltà di una riedizione persino del catastrofico Arcobaleno: “Non è soltanto l”Arcobaleno che andrebbe evitato, anche se in questo momento forse perfino una sua riedizione sarebbe meglio del nulla che ci circonda”.

Mattei vorrebbe qualcosa di meglio. Ha ragione. Anche chi scrive lo vorrebbe. Ma con queste premesse si può ottenere solo qualcosa di peggio: un rincorrere affannoso dietro a numeri elettorali governati da bancarottieri della politica e di ogni idea di resistenza all”attacco alle condizioni di vita, salute, lavoro e cultura delle classi non dominanti (i lavoratori salariati e il ceto medio, tanto per intenderci) sferrato da chi invece ha la gestione del dominio, in conto proprio o per accordi internazionali con terzi.
Ma a rincorrere i bancarottieri si va per forza di cose in bancarotta.

Insomma, la riedizione dell”Arcobaleno sarebbe persino qualcosa di peggio – e non qualcosa di meglio – del nulla che ci circonda. Occorre pensare ad altro. A ben altro. Bisogna riflettere anche se si ha il fiato sul collo ed evitare di fare la mossa sbagliata a causa della fretta, perché poi, come sa ogni scacchista, la sconfitta è difficile da scongiurare.

Sono d”accordo con Mattei su molte cose e lo conosco come studioso serio. Sentiamo in molti l”urgenza di un fronte che si opponga al tentativo di gestione della crisi sistemica da parte di chi l”ha causata e la sta cavalcando verso esiti che saranno pericolosissimi non solo per l”Italia ma per l”umanità tutta. Penso che possiamo benissimo chiamarlo Comitato di Liberazione Nazionale, come proposto, perché è da una politica di liberazione che faccia leva sulle solidarietà e sulle forze di resistenza che si formano ed organizzano in una nazione che può prendere l”avvio una riscossa più ampia.

Mi associo alla preoccupazione di evitare che venga cavalcata “una facile piattaforma antieuropeista”. Ma non solo da parte della destra. Ridurre tutta la crisi solo alle colpe della sciagurata costruzione della moneta unica riflessa nell”autocrazia delle istituzioni europee, è un altro modo di non capire che la crisi finanziaria è l”atto forse terminale di un lungo tentativo di gestione di una crisi reale che è iniziata decenni or sono. Se è necessario rendersi conto che sotto il selciato c”è la spiaggia, bisogna anche essere consapevoli che sotto il vestito finanziario il Re è nudo.

Le classi e i circoli dominanti faranno di tutto per depotenziare la democrazia rappresentativa parlamentare. Già da moltissimi anni le grandi scelte non avvengono più in Parlamento (non solo quelle, gravissime e lesive della Costituzione, relative alla nostra partecipazione a guerre di aggressione, ma anche quelle relative alla politica economica del paese). E sicuramente un ulteriore depotenziamento è nell”agenda delle classi e dei circoli dominanti.

Se tuttavia vogliamo entrare nell”agone elettorale non dobbiamo farci prendere dal panico della fretta e dei numeri. Occorre un confronto ampio e senza reticenze con tutte le forze politiche e sociali che si stanno opponendo al governo Monti-Napolitano. Qualcuno non sarà disponibile. Altri lo saranno. E chi vorrà confrontarsi deve innanzitutto farlo sulla base del reale stato di cose presenti, italiano, europeo, occidentale e mondiale. Non sulla base di calcoli d”organizzazione, non sulla base di nostalgie o identitarismi politici e ideologici e, soprattutto, non sulla base dei ricatti posti dall”avversario. Altrimenti faciliteremmo solo il compito di chi vogliamo contrastare. E ne porteremmo, come è già purtroppo successo, tutte le responsabilità.

(27 agosto 2012)

 

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