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di Miguel Martinez – Kelebek Blog
Un po” di tempo fa, la commentatrice Tortuga chiedeva all”incirca, come fai a resistere agli orrori che racconti?
E” una domanda cruciale; perché qui si parla proprio di orrori normali.
Credo che spesso, l”orrore non si mostri come tale, perché non si ha nulla con cui confrontarlo – come già a suo tempo raccontava Platone, nel mito della caverna:
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“Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo per tutta la vita? – E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? – Sicuramente. – Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? […] Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali.”
Ci vuole sempre un volto vero con cui confrontare la ghignante caricatura della normalità .
Alcuni hanno sistemi e progetti. Io non riesco ad averne: non sono strutturalmente in grado di proporne, anche perché mi verrebbe da ridere se ci provassi. Ma vedo anche che nessun sistema riesce a dirci la verità di questo strano mondo in cui viviamo.
Però ho la fortuna di avere riserve notevoli di immagini con cui attraversare il grande deserto. Immagini che sono ricordi d”infanzia, intuizioni, cose lette qua e là , esperienze, persone, animali, sorgenti e alberi che ho incontrato. Il mundus imaginalis è talmente vivo da offrire sempre luce, anche nelle tenebre più profonde.
“Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall”incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce. […]
Quanto agli onori ed elogi che eventualmente si scambiavano allora, e ai primi riservati a chi fosse piú acuto nell”osservare gli oggetti che passavano e piú rammentasse quanti ne solevano sfilare prima e poi e insieme, indovinandone perciò il successivo, credi che li ambirebbe e che invidierebbe quelli che tra i prigionieri avessero onori e potenza? o che si troverebbe nella condizione detta da Omero e preferirebbe “altrui per salario servir da contadino, uomo sia pur senza sostanza”, e patire di tutto piuttosto che avere quelle opinioni e vivere in quel modo?”
A volte, le mie immagini coincidono o si avvicinano a quelle di qualcun altro, e allora passa anche il senso di solitudine.
Eccovene una. Non prendetela come una sorta di intervallo tra un post sulla guerra e una sui parcheggi fiorentini – questo è il vero motivo di tutti i post sulla guerra e sui parcheggi fiorentini.
“Sento già l”inverno venire e nell”aria c”è odore di neve,
silenziosa sul bosco cadrà e lo coprirà .
Per il gelo gli alberi chini,
questa notte so che la volpe è venuta,
del suo passo lungo il sentiero è rimasta l”orma.
Si è fermata là sull”altura
l”aria annusando indecisa,
si è ritratta poi tremando un po” di paura
Ecco che l”inverno è venuto,
sul mio bosco è caduta la neve,
ora il gelo prenderà anche il fiume e lo fermerà .
Lenti voli di corvi neri,
questa notte so che la volpe è venuta,
inseguendo lungo il sentiero una vaga traccia.
Si è fermata là sull”altura
l”aria annusando indecisa,
si è ritratta poi tremando un po” di paura”
 http://www.youtube.com/watch?v=2UCpIDm7tSU
Fonte: http://kelebeklerblog.com/2013/02/02/la-caverna-e-la-volpe/
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