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Il futuro secondo Google: microchip nel cranio

Prendono forma (in modo bizzarro) le idee di Google per un mondo in cui le ricerche si fanno senza bisogno di una tastiera [The Independent]

Il futuro secondo Google: microchip nel cranio
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16 Dicembre 2013 - 02.30


ATF

di
Adam Sherwin
.

«Non
ho un microchip nel cervello – non ancora
»,
dice l’uomo che ha il compito di trasformare la relazione tra
Google e gli utenti umani di questo gigante del mondo della
tecnologia.

Ma
Scott Huffman preconizza un mondo in cui i microfoni di Google,
inseriti nel soffitto, ascolteranno le nostre conservazioni
intercettando le risposte verbali date a qualunque domanda sia posta.

Huffman,
direttore tecnico di Google, guida un team che ha come obiettivo
rendere le conversazioni con i motori di ricerca più simili alle
complesse interazioni che si svolgono ogni giorno tra le persone.

Il
futuro di un business da 300 miliardi di dollari dipende dal successo
nel riuscire a prevedere, automaticamente, le necessità di ricerca
degli utenti, per poter presentare loro i dati di cui hanno bisogno.

«La
capacità di calcolo sta diventando così poco costosa che è
inevitabile che prima o poi avremo una completa ubiquità di sistemi
connessi tra loro attorno a tutti noi, dal nostro microfonino
attaccato al bavero alla nostra auto, ai nostri Google Glass [un
nuovo piccolo computer ottico inserito in un paio di occhiali]
»,
ha affermato Huffman durante una visita nel Regno Unito dalla base
californiana della società.

Un
piccolo microfono appeso al soffitto, che possa rispondere a
interrogazioni verbali al motore di ricerca, eliminerebbe la
necessità di dover tirare fuori ogni volta un telefonino per
controllare a che ora parte l’aereo prenotato per il giorno dopo.
Potrebbe anche impedire che tu perda il tuo volo.

«Come
un efficientissimo segretario personale, interromperà le tue
attività per dirti ‘è ora di partire adesso’. Ti darà le
informazioni di cui hai bisogno
»,
ha affermato Huffman.

Di
fatto, sostiene Huffman – cioè l’uomo che più di ogni altro ha
lavorato, negli ultimi quindici anni, per raffinare il funzionamento
dei motori di ricerca – il goffo atto fisico di usare una tastiera
per compilare il campo di ricerca della pagina di Google andrà
gradualmente scomparendo fino a quasi sparire del tutto.

Le
informazioni necessarie potrebbero essere rese disponibili tramite
«un
piccolo sistema indossabile, che potrebbe avere un piccolo schermo, e
con cui si interagirà semplicemente attraverso la nostra voce, forse
con qualche piccolo tocco, e nient’altro
».

Per
il gioco e per il lavoro

La
rete di microfoni potrà anche essere usata per il tempo libero.

«Immagina
che io possa dire al microfono inserito nel soffitto di una stanza
‘puoi farmi
vedere il video con gli highlights della partita di ieri dei
Pittsburgh Steelers sulla TV del salotto?’
,
e che questo funzioni, grazie al fatto che con il Cloud ogni cosa è
connessa
»,
dice Huffman.

«Potrei
chiedere al mio ‘assistente’ di suggerirmi un ristorante francese
non troppo caro. Google dirà ”
ok,
andremo in quel ristorante”
,
e prima ancora che io salga in macchina il navigatore avrà già
impostato il percorso. Siamo veramente molto entusiasti all’idea
che una serie di diversi strumenti e apparati siano capaci di
comunicare tra loro
».

Che
poi gli utenti di Google vogliano davvero un microfono inserito in
ogni soffitto è un’altra questione, specie dopo che la società è
stata coinvolta nella crisi di fiducia generata dalle rivelazioni di
Edward Snowden a proposito del programma di sorveglianza elettronica
clandestino PRISM operato per anni dalla National Security Agency
americana.

Lunedì
scorso, Google ha unito le proprie forze a quelle di altri giganti
della tecnologia come Facebook, Apple e Yahoo!, insieme ai quali ha
chiesto un cambiamento nelle norme che regolano le procedure di
sorveglianza elettronica negli USA, e una messa al bando su scala
internazionale della raccolta massiva di “metadati” per aiutare a
mantenere la fiducia del pubblico nella rete internet e nelle sue
tecnologie.

«Prendiamo
molto sul serio le questioni relative alla privacy e alla sicurezza
»,
ha detto Huffman.
«Il
nostro obiettivo è tenere le informazioni degli utenti al sicuro, ed
usarle in un modo che possa aiutarli. Quando faccio una richiesta di
informazioni di viaggio a Google, mentre sto viaggiando, il sistema
le elabora utilizzando la mia mail di conferma all’hotel. Così, io
in quel momento fornisco quella mia informazione privata a Google,
affidandola a un sistema che considero fidato, e che in cambio di
quell’informazione sto ottenendo quel vantaggio
».

Google
ritiene di poter un giorno soddisfare il bisogno di informazioni dei
suoi utenti inviando i risultati delle sue ricerche direttamente a
dei microchip impiantati nel loro cervello. Sono state già avviate
ricerche relative alla possibilità di utilizzare simili microchip
per poter aiutare persone disabili a sterzare guidando le proprie
sedie a rotelle.

«Se
tu pensi con sufficiente intensità a una certa parola, essa può
essere individuata da dei sensori con una certa facilità. Sarà
interessante vedere gli sviluppi di questa tecnologia»,
ha dichiarato Huffman.

La
sua attuale priorità è utilizzare “Google’s Knowledge Graph”,
un magazzino di informazioni in continua espansione che al momento
contiene 18 miliardi di informazioni su fatti relativi a 60 milioni
di soggetti, per produrre un sistema di risposta più “umano”. Le
richieste di informazioni di tipo vocale sono molto più complesse di
quelle fatte immettendo un paio di parole nella finestra di dialogo
di un comune motore di ricerca.

«Il
mio team sta lavorando molto sull’idea di avere una più ricca
modalità di conversare con Google. Nelle nostre comuni conversazioni
usiamo una struttura linguistica molto complessa, che Google oggi non
è in grado di comprendere.

Ma
tra cinque anni avremo quel tipo di conversazione con Google, e la
cosa ci sembrerà del tutto naturale. Google ti risponderà
esattamente nel modo in cui lo farebbe una persona».


L’ingegnere
aggiunge: «Google sarà in
grado di comprendere il contesto di una conversazione, ma non è il
divano del tuo analista. Non puoi avere una conversazione su tua
madre. Google non può dirmi nulla su come mi sento finché
continuerà a comprendere solo ‘cose’ fattuali. Stiamo appena
iniziando a comprendere le ‘cose’ nel mondo».

Video: prototipo di lenti graduate Google Glass:

traduzione per Megachip a cura di Giampiero Obiso.

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