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Burkina Faso: una rivolta nel segno di Sankara?

'Il Bur­kina Faso festeg­gia la par­tenza di Com­paoré. Torna a cam­mi­nare al ritmo di Tho­mas San­kara – a 27 anni dal suo assas­si­nio — o è un’altra ''pri­ma­vera'' mani­po­lata? '

Burkina Faso: una rivolta nel segno di Sankara?
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3 Novembre 2014 - 07.46


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di Marinella Correggia.

Il Burkina Faso festeggia
la partenza di Blaise Compaoré. Ma torna a camminare al ritmo di
Thomas Sankara – a 27 anni dal suo assassinio — oppure corre il
rischio di essere un’altra «primavera» manipolata? L’intensa
esperienza rivoluzionaria sankarista fu interrotta nel 1987 con
un sanguinoso colpo di Stato, ordito proprio dal presidente appena
fuggito in Costa d’Avorio, con connivenze di potenze regionali
e occidentali.

A Ouagadougou, Samsk Le Jah,
musicista, conduttore radiofonico, è uno dei leader della
protesta. Per lui non c’è dubbio: «Gli ideali di Thomas sono al
centro del processo: la dignità, il lavoro sulle coscienze, il
coinvolgimento di tutti…». Il movimento di Samsk, «Balai citoyen»
(scopa dei cittadini) è mobilitato da oltre un anno, ma ha alle
spalle un lungo periodo di educazione e sensibilizzazione —
soprattutto dei giovani – per il quale Samsk e gli altri hanno
rischiato la vita. Adesso occorrono vigilanza e controllo continui.

Il «Balai citoyen» in un comunicato di
ieri — che si conclude con «la Patria o la morte, abbiamo vinto» —
chiede di evitare i saccheggi e le distruzioni di strutture civili,
ed esorta le «popolazioni degne del Faso a rimanere vigilanti nel
periodo di transizione che si apre, affinché la dolorosa vittoria
non sia confiscata da politici o militari di parte». Samsk spiega
che «non è un colpo di Stato militare»: se l’esercito non si fosse
assunto le proprie responsabilità, la città sarebbe caduta nel caos.
Il capo di Stato di transizione scelto dai militari, il colonnello
Isaac Ziba, ha dichiarato che è stato il popolo a fare la rivoluzione
e l’esercito non la scipperà.

Ma come contrastare le inevitabili
ingerenze esterne? L’obiettivo unificante dei manifestanti è stato
far cadere il presidente. Finora li hanno lasciati fare. Ma
l’opposizione partitica più citata non è certo quella dei partiti
sankaristi (ne sono nati tanti nei decenni) ma quella di Zéphirin
Diabré dell’Upc (Union pour le progrès et le changement), la fazione
ben accetta alla Francia.

Ne è cosciente Alassane Doulougou,
che vive da tempo in Campania dove fa il mediatore culturale, oltre
che il musicista e l’attore: «Certo che c’è da temere. Sankara ha
provato sulla sua pelle cosa vuol dire ribellarsi alla potenza
coloniale. Compaoré, ora scaricato, è stato per decenni l’alfiere
degli interessi di Parigi nell’area. Altro che mediatore di pace,
tutti sanno che era un pompiere piromane! C’è stato il suo zampino
nei conflitti in Sierra Leone, Togo, Costa d’Avorio dove appoggiò
Ouattara, Togo, Centrafrica». Alassane sogna per il suo paese «una
vera rivoluzione, sennò che vuol dire democrazia? Bisogna ricreare
uno Stato con il consenso di tutti e bisogna fare come
i latinoamericani.

Sankara era amico di Fidel e del
Nicaragua. Chavez venne dopo, ma più volte ha citato il leader del
paese degli integri». In piazza – nei principali centri del Burkina
Faso — di certo «ci sono ragazzi come quel diciassettenne che nel
2007 sulla tomba di Thomas ci venne a dire piangendo che aveva capito
e che nel suo remoto villaggio non avrebbe mai più inneggiato
a Compaoré».

A proposito: che ne è del mondo
contadino, delle maggioritarie campagne, che la rivoluzione
degli anni 1980 mise al centro, per essere però stroncata in mezzo al
guado, troppo presto? «Purtroppo Compaoré e il suo governo hanno
contato sulla miseria delle campagne, dispensando piccoli favori,
lavoretti. Occorrerà tempo», spiega ancora Alassane.

Da Ouagadougou, Samsk ci precisa il
contenuto sociale che deve avere la rivoluzione– «La nostra Carta
degli obiettivi mette le questioni sociali al centro: sono i popoli
che fanno le rivoluzioni, e se i popoli non sono in buone condizioni
la rivoluzione rimane una speranza.

Quindi occorreranno riforme in tutti
i campi. Pochi ricchi si sono accaparrati tante terre. Salute
e istruzione sono state sabotate. Non si sa dove andava il denaro
ricavato dalle esportazioni minerarie…»

Fonte: il manifesto, 1 novembre 2014.

Tratto da: http://albainformazione.wordpress.com/2014/11/02/burkinafasounarivoltanelsegnodisankara/.

 

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