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'Occidente, non più al centro dell''Universo'

'INTERVISTA a Giulietto Chiesa: In questi anni ho visto con i miei occhi come ''il resto del mondo'' cresceva e prendeva coscienza di sé. Qui a Ovest? Ignoranti come capre'

'Occidente, non più al centro dell''Universo'
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26 Novembre 2014 - 22.52


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Intervista a Giulietto Chiesa a cura di Simone Bertasa.

 

“Se non c’erano gli americani a quest’ora noi, eravamo europei” (Giorgio Gaber).

 

BERGAMO – Giulietto Chiesa ha un’altra visione dell’Europa e del mondo,
perché ha un altro punto di osservazione: inviato a Mosca per anni, ha
conosciuto personalmente
Gorbacëv, ha vissuto gli anni della
desovietizzazione, di Eltsin e di Putin. Un “mondo di mondi” gigantesco
di cui ci ricordiamo solo quando confligge con le periferie del nostro,
come nelle vicende del conflitto ucraino: è in questi casi che ci
rendiamo conto che ci mancano (e non ci sono offerti) gli strumenti di
base per decifrarlo; che guardiamo la Russia – e forse anche noi stessi –
con occhi, sostanzialmente, americani. Abbiamo parlato soprattutto di
questo, con Giulietto Chiesa, all’ora di colazione, in Città Alta.

 

“Come sono geniali gli americani, te la mettono lì, la libertà è
alla portata di tutti, come la chitarra. Ognuno suona come vuole, e
tutti suonano come vuole la libertà” (dallo stesso pezzo di Gaber).

 

Per restare aggiornati sul lavoro di Giulietto Chiesa, oltre al sito www.giuliettochiesa.it , a www.megachip.info, vi è ora Pandora TV, il suo canale web.

 

Che lavoro fa Giulietto Chiesa?

È impossibile spiegare che lavoro faccio: faccio quello che mi piace, quindi è come se non avessi mai lavorato.

Quindi lei non è un giornalista…

Neanche questo, perché mi piace raccontare, e raccontare non lo considero un lavoro.

Gli unici momenti in cui è stato per me un po’ un lavoro, nel senso che
io avrei voluto essere altrove, era quando ero in guerra. Fare l’inviato
di guerra non è proprio gradevole.

Dove è stato in guerra?

Bella domanda. Ero partito per fare il corrispondente dall’Unione
Sovietica, sono stato lì un po’ di tempo e questo paese è andato in
pezzi; quindi sono andato in guerra, a fare l’inviato. L’inviato
normale, diciamo. Sono stato otto volte in Afghanistan, che non era
Unione Sovietica, ma siccome c’erano i sovietici, ci andai. Poi sono
scoppiati tutti quei conflitti di cui abbiamo saputo pochissimo, il
Nagorno-Karabakh, l’Ossezia del Sud… Ho anche stabilito un record: sono
stato il primo giornalista occidentale ad arrivare in Ossezia del Sud, a
Tskhinvali ,quando la Georgia attaccò. Bisognava attraversare la linea
del fuoco con le mani alzate. Mi ricordo che quando oltrepassai la
frontiera c’era una neve enorme. Vi furono conversazioni attraverso i
radiotelefoni, affinché mi lasciassero passare. In quei casi, appunto,
non si può dire che si stia facendo una passeggiata…

Credo che solo la verità onori l’intelligenza delle persone, e
lei mi pare un giornalista legato a doppio filo alla ricerca della
verità…

Sì, ho imparato un sacco di cose cammin facendo. Quando ho iniziato a
fare il giornalista ero già adulto, avevo 39 anni, e la mia idea del
giornalismo era del tutto diversa. Pian piano poi sono diventato quello
che sono, ma prima della ricerca della verità metto il rispetto per gli
altri.

E gli altri sono tanti, e molto diversi tra loro…

Io per esempio sono partito da qui, l’Italia: un paese monoetnico
dove tutti noi parliamo italiano. Quando invece vai in un paese come la
Russia, che lo storico russo Mikhail Ghefter definì benissimo come “un
mondo di mondi”, ti accorgi immediatamente che la nostra monoetnicità è
una rarità assoluta. In paesi come quello ci sono più di 70 etnie
diverse, che parlano 100 lingue diverse. La prima volta che sono stato
in Daghestan fui ospite a cena a casa di un poliziotto che parlava 5
lingue. Un poliziotto normale. In Daghestan ci sono almeno 7 diverse
etnie che parlano 7 lingue tra loro diversissime, come il Tedesco e
l’Italiano.

E come mai noi non sappiamo nulla di queste cose?

Perché siamo ignoranti come capre!

Grazie Giulietto, mi conforta molto.

Ma scusa, ogni giornale italiano ha 2 o 3 corrispondenti da New
York…noi parliamo del nostro mondo, continuiamo a guardarci addosso! Ed
il resto del mondo noi non lo conosciamo per niente. In questi anni in
cui ho fatto questo mestiere ho visto con i miei occhi come “il resto
del mondo” cresceva, e diventava importante, prendeva coscienza di sé.
Pertanto, mentre noi continuiamo a guardarci come fossimo il centro
dell’universo, l’universo continua a muoversi per conto suo. Ed è
enorme, e noi non lo possiamo governare tutto.

Ci mancherebbe…

Una volta mi sono trovato in Jacuzia, e mi hanno invitato a fare un
giro sul fiume Lena. Un fiume grande, la cui vista in certi punti arriva
fino all’orizzonte. Ero a bordo di una nave, chiamata “Demian Bednij”,
che è il nome di un grande poeta russo, e camminavo in un corridoio: ad
un certo punto mi ritrovai di fronte una grande mappa di plastica,
raffigurante un emisfero, una sorta di cartina geografica. La guardai
concentratissimo, e mi chiesi “di che si tratta?”. Capii che era una
carta geografica che raffigurava un emisfero con al centro la Jacuzia.
Guardandola bene, mi resi conto che l’Europa era a sinistra, relegata in
un angolino in basso. A destra c’era invece l’immenso Oceano Pacifico,
ed al centro la Siberia, che è gigantesca. E si vedevano a malapena gli
Stati Uniti. Il mondo visto così è completamente diverso dal nostro.

La Jacuzia è sul mare, e nel Risiko mi permette di attaccare l’Alaska…

No, sul mare c’è l’estremo oriente russo, ma siamo lì vicini. La
Jakuzia è un paese all’incirca grande come l’Europa, abitata da un
milione di persone, con immense ricchezze. Il problema è che non
relativizziamo le nostre percezioni, così noi non sappiamo niente del
Daghestan, niente del Caucaso, ma non sappiamo niente neanche della P2.

Non sappiamo niente nemmeno di quanto sta accadendo più
vicino a noi. Come in Ucraina, per esempio, dove lei sostiene abbia
avuto inizio il terzo conflitto mondiale.

Il tentativo di innescare il terzo conflitto mondiale. Mi spiego, io
non faccio una profezia, è un’analisi dei fatti. Vedo la tendenza.

Persino il Papa ha usato l’espressione “Terza Guerra Mondiale”.

Cos’è che abbiamo in comune io e il Papa? Se ho capito bene Papa
Francesco è il protagonista di una grande crisi, la crisi della Chiesa
Cattolica. Non pretendo di essere nel vero, ma il passaggio tra
Ratzinger e Bergoglio l’ho visto così: Bergoglio è uno che ha capito che
la Chiesa Cattolica si trova in una grande crisi perché si identifica
nell’Occidente, e perciò sta perdendo consensi nel resto del mondo.
Bergoglio è il tentativo di riprendere contatto con il resto del mondo.
Forse qui ho qualcosa in comune con lui. L’Occidente è quello
dell’illusione della crescita infinita, che ha dominato questo pianeta
negli ultimi anni. Non è possibile una crescita infinita in un mondo
finito.

Ci sarebbe bisogno di iniziare a colonizzare un nuovo pianeta.

Non c’è tempo. La fine arriverà prima.

Qui in Europa tutto è piccolo, in America tutto è grande. Qui
per sostenere un’economia proficua servono piccole imprese, mentre le
grandi multinazionali farebbero solo un grandissimo disastro…

E l’hanno fatto, infatti. Gli Stati Uniti hanno impostato, hanno
costruito, è la loro cultura. La loro potenza si basa sulla tecnologia. E
questa tecnologia ha preso il sopravvento. Ne abbiamo da tutte le
parti: io sono stufo di vedere la tecnologia, in questo momento. Loro
però pensano anche di potere imporre al resto del mondo la loro
opinione; e questo non è possibile. È un errore di prospettiva storica,
collettivo, che il modello occidentale, che è americano (perché loro
l’hanno promosso) debba essere inevitabilmente giusto per tutti. Una
mancanza di prospettiva storica di uno stato giovane, molto pragmatico,
molto sintetico, che non ha una piena visione del mondo. Loro hanno
pensato di colonizzare culturalmente ed intellettualmente tutto il
mondo, senza rendersi conto che non potevano colonizzare neanche gli
europei. Noi siamo diversi da loro.

Mi sorprende molto che dentro a questa Europa non vi sia però
più una voce forte dal punto di vista del dissenso. Noi Europei siamo
sempre zitti e a disposizione. È possibile secondo lei invertire questa
tendenza?

GC: Si richiede un grande salto generazionale. La generazione che ci
governa è composta da dirigenti che non sono neanche le ombre dei
dirigenti che c’erano nel passato. Adenauer, per esempio, era un
gigante, questi qui che abbiamo adesso sono dei maggiordomi. La
differenza è questa: è gente che accetta i rapporti di forza. Là c’è
qualcuno che comanda, e se mi chiede il caffè io gli porto il caffè.
Maggiordomi, e quando dico maggiordomi intendo dire maggiordomi.

Forse questa classe politica è una perfetta rappresentazione
della devoluzione della nostra specie. Rendiamoci conto, noi sul pianeta
siamo come formiche su una brioche. Le formiche consumano tutta la
brioche, portandola poi in pezzi nella loro casa, il formicaio. Noi
invece non ci rendiamo conto che la nostra casa è la brioche stessa, e
la stiamo consumando tutta. Ãˆ come se concorressimo a costituire una
nuova atmosfera adatta ad un’altra specie e non più a noi.

Già, il nostro pianeta è questo, non ce n’è altri. Il momento in cui
avremo consumato tutto arriverà prima del momento in cui noi potremo
avere costruito la benché minima astronave per andare su Marte. Perché
io e te siam qui a parlare? Per la concentrazione di ossigeno che c’è
nell’atmosfera terrestre. Siamo, esattamente come le formiche che hai
citato, prodotti di una determinata concentrazione di ossigeno presente
nell’atmosfera.

C’è una bellissima barzelletta che mi ha raccontato personalmente
Gorbacëv, domandandomi ridendo se non la trovavo vera: Ci sono due
pianeti che si incontrano. Uno dei due è in gran forma, luminoso,
trasparente, bella atmosfera… e l’altro invece si presenta tutto pieno
di buchi, sporco, malandato e ansimante.

“Ma che cavolo è successo?”, chiede il primo pianeta all’altro, “Ti ho lasciato qualche milione di anni fa, e stavi così bene!”.

E l’altro: “ Mi sono trovato in mezzo a tutto un insieme di insetti, che mi tormentano, mi pungono, mi bruciano, mi fanno male…”

“Insetti? Non saranno per caso uomini?”

“Sì, esatto, sono loro.”

“Ah, allora non preoccuparti, tanto li elimini!”

Fa piacere poter affrontare certe tematiche con allegria, è
fondamentale. Per concludere, vorrei porle una domanda del tutto
diversa. Lei è in grado di darmi dei nomi di giornalisti credibili?

[5 secondi di silenzio, NdA]

Sì! Massimo Fini. Non condivido quello che dice, ma è una persona
libera. Un altro, che è già morto purtroppo, è Tiziano Terzani. Uno con
gli occhi aperti, uno che ha il “panorama grande”, e se hai davanti agli
occhi un “panorama grande” sei salvo. In altri casi invece c’è chi deve
portare il paraocchi, come i cavalli che se rimangono senza
impazziscono. A suo modo, può essere credibile pure Scalfari, ma, ahimè,
lo considero uno dei peggiori responsabili del disastro politico
italiano. Poi un altro uomo intelligente sulla piazza è Sergio Romano,
ex ambasciatore italiano in Russia, è stato uno che ha continuato a dire
quello che pensa. E poi Giovanni Sartori, a cui devo molto, anche se è
molto diverso da me. Ne consiglio il libro Homo Videns,
nel quale è teorizzata per la prima volta la mutazione antropologica
che l’atto di visione produce, che l’immagine in movimento genera. A
pensarci bene sono pochissimi i giornalisti credibili.

Fonte: http://www.ctrlmagazine.it/2014/siamo-ignoranti-come-capre-intervista-a-giulietto-chiesa/.

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