Le geremiadi piddine e il populismo ipocrita | Megachip
Top

Le geremiadi piddine e il populismo ipocrita

Voi che elevate geremiadi contro chi ha improvvidamente votato No al RefeRenzum, forse sarebbe il caso di provare a prendere in considerazione alcune cose...

Le geremiadi piddine e il populismo ipocrita
Preroll

Redazione Modifica articolo

6 Dicembre 2016 - 18.37


ATF

di Dario Marsic.


Amici che da un paio di giorni elevate al cielo le vostre geremiadi contro chi ha improvvidamente votato No alle ultime consultazioni referendarie, forse sarebbe il caso di provare a prendere in considerazione alcune cose:


1) Non si può gettare la responsabilità di una sconfitta su chi ha vinto; cioè, non si può se si hanno più di sette anni.


2) Ci sono persone che di fronte all”ennesimo ricatto tra un cambiamento che reputavano peggiorativo o pericoloso e lo spauracchio del “se perdiamo arriva il babau dei grillini” hanno pensato: no, grazie, stavolta non vi seguo.

3) Quelle persone, tante e di diverse estrazioni, ora non hanno nessun onere da onorare, contrariamente a quanto sosteneva il presidente Renzi: vai al ristorante, mangi male, ti lamenti, e il cuoco esce, sbatte la pentola sul tavolo e dice: e allora cucina tu. Ecco, non funziona così.

4) I sempre lucidi rappresentanti della compagine renziana, quelli che avevano accolto i precedenti successi con la strafottenza dei vari ” ciaone” invece di analizzarli per capirne la sostanza, forse avrebbero fatto meglio ad avvertire il principale che il cielo non era così azzurro e avrebbero dovuto prepararsi al giorno in cui la loro arroganza avrebbe chiesto il conto.

5) Perché il cielo non era così azzurro, perché questo ultimo no si unisce al no al Jobs Act (e che sia maledetto il vezzo di usare parole straniere per mascherare i contenuti), al no alla riforma della Buona Scuola, al no alla prosopopea del ponte sullo Stretto, al no sulla furbata dell”abolizione dell” Imu e ora i comuni se la freghino loro, al no delle elemosine pre-elettorali alla Achille Lauro, al no a politiche scellerate nel campo del mondo del lavoro, al no alla trasformazione di diritti in privilegi che ha reso il dibattito una guerra tra poveri: ecco, il cielo non era così azzurro.

6) E tuttavia appare chiaro quanto poco al presidente Renzi importasse di quel consenso: infatti ha condotto una battaglia personale al solo scopo di misurare la sua forza e la solidità del suo contingente: e in questo senso probabilmente i riscontri sono positivi, per il suo futuro.

7) In pratica ha fatto come quello che, per vedere quanta acqua c”è in piscina, decide di tuffarsi: lo chiameremo coraggioso? Diremo che ha preteso troppo da se stesso? Parleremo di lui come di un arrogante? Beh, ce n”era poca di acqua.

8) La storia che il no consegna l”Italia alle destre e a Grillo è un non sequitur che serve solo a evitare, con le solite pratiche autoindulgenti, di analizzare le cause di una sconfitta.

9) E tra l”altro: non escluderei a priori la possibilità che qualcuno abbia votato no perché contrario alle proposte di modifica costituzionali. Secondo me è un”ipotesi da prendere in considerazione.

10) Infine, e chissà se qualcuno è arrivato a leggere fin qui, la storia che questo risultato spalanca le porte ai populismo è falsa, o meglio, è un racconto ipocrita: il populismo è già da tempo l”ospite d”onore al banchetto della politica. 

Ed è ospite graditissimo dal presidente Renzi: il quale gli ha riservato il posto d”onore anche nel momento del suo discorso di commiato. Un discorso, al solito, egotico e compiaciuto, pieno di quegli ammiccamenti sentimentali che sono l”elemento cardine del populismo sudamericano. La sua uscita di scena è stata un”uscita di scena (momentanea, credo) offensiva e ricattatoria, alla quale ha involontariamente contributo una regia televisiva che indugiava sul volto teso e sofferente della moglie del presidente, il quale riusciva non dire quasi nulla sulla riforma bocciata, dimostrando quanto gliene importasse in realtà, e come il quesito fosse strumentale ad altro.

È molto facile, ora, raccontare l”umanità della sua reazione di fronte alla sconfitta; è facile ma è una visione un po” parziale ( come queste mie parole, chiaramente) perché il racconto è reticente su quello che è accaduto prima che i dotti lacrimali del presidente Renzi guadagnassero il centro della scena; e quel prima include “Enrico stai sereno”, “ce ne faremo una ragione” rivolto alle perplessità dei sindacati (equivalente a un più icastico “e sti cazzi”, ma meno connotato regionalmente) i gufi, i rosiconi.

Il presidente Renzi entrava in scena con un tradimento e governava a colpi di ricatti: esce di scena tradito dalla sua arroganza e vagheggiando ricatti.

E La Repubblica, fiero oppositore del populismo, titola : “Le lacrime di Matteo”.

Perché il populismo che fa paura è solo quello degli altri.

Fonte: https://www.facebook.com/dario.marsic.9/posts/1779095088974837.

[GotoHome_Torna alla Home Page]

DONAZIONE

Native

Articoli correlati