‘di Salvatore Cannavò
Intervista de Il Fatto Quotidiano al Segretario della FIOM Maurizio Landini
Segretario Landini, Marchionne sostiene che la Fiom rappresenta solo il 12 per cento in Fiat eppure blocca tutto.
Se fossimo solo il 12 per cento perché si preoccuparsi? Marchionne valuti i voti che si raccolgono nelle elezioni delle Rsu: la Fiom è tornata quest”anno il primo sindacato a Melfi con il 26 per cento. A Pomigliano siamo al 22, ma i “No” al referendum hanno sfiorato il 40 per cento. Marchionne ha dichiarato che tra il 2004 e il 2009, per far uscire la Fiat dalla crisi più grave, c”è stato aiuto concreto da parte sindacale: chi ha cambiato linea dal 2009 è la stessa Fiat.
A parte questo, che pensa dell”intervista di Marchionne?
Mi ha infastidito sentire tante balle: sulle pause, ad esempio. Non è vero che a Mirafiori sono di 30 minuti. Lì se ne fanno tre, due da 15 minuti e una da 10, il totale fa 40. Ma la cosa più preoccupante è che ancora oggi non è possibile conoscere il vero piano industriale Fiat. Quali sono i nuovi modelli in produzione, dove verranno fatti, con quali obiettivi? Intanto si continua con la cassa integrazione. Chi si ricorda che Fiat ha già chiuso Termini Imerese?
Quanto pesa la cassa integrazione nel gruppo Fiat?
I dati ce li ha forniti proprio l”azienda lo scorso 5 ottobre. La quantità di ore di cig corrisponde secondo Fiat a circa 20 mila lavoratori, su un totale di 50 mi-la complessivi, che nell”arco di un anno sono rimasti a casa: il 40 per cento della forza lavoro. Non è vero neanche che in Italia è impossibile produrre utili: Ferrari e Maserati ne hanno fatti (208 milioni in nove mesi), l”Iveco anche (133), così come la Sevel. Nell”auto c”è un livello di cassa integrazione molto pesante e una caduta di mercato in Europa, lo sappiamo. Ma allora il problema principale è il ritardo sull”innovazione del prodotto.
La Fiat però sostiene di non ricevere più aiuti pubblici. Servirebbero?
Il Lingotto li chiede in Serbia, Polonia, Usa. In tutto il mondo gli altri produttori di auto utilizzano l”intervento pubblico per ricerca, innovazione, auto elettrica, e per conquistare quote di mercato. Quando Marchionne dice che grazie agli incentivi su 10 auto vendute in Italia 7 sono straniere, si chieda dove ha sbagliato. Perché quelle vincono con nuovi modelli, innovativi, ecologici. E invece qui da noi manca la ricerca, manca una politica industriale, manca un intervento pubblico che sia utile: la competizione si affronta solo con con la riduzione dei diritti.
Temete che Fiat voglia davvero lasciare l”Italia?
La scomposizione in due settori, il cosiddetto spin off tra Fiat Automobile Group e Fiat Industrial, porta con sé la logica della vendita di pezzi separati e allude a un disimpegno della famiglia Agnelli dall”auto. Credo che l”obiettivo, nemmeno più tanto nascosto, sia che la Chrysler diventi la vera proprietaria del gruppo. E Torino una provincia.
C”è un problema di scarse efficienza lavorativa e capacità competitiva?
Si continua a far credere che la produttività corrisponda all”aumento dello sfruttamento. E questo non è accettabile. Ma le pause alle catene di montaggio servono per non usurare i lavoratori. E l”accordo di Pomigliano viola eccome i diritti: si guardi la “clausola integrativa del contratto nazionale” che prevede perfino il licenziamento per chi non rispetta quanto previsto dall”intesa. Così come la disdetta degli accordi del 1971 che davano il diritto di negoziare sui tempi e ritmi in fabbrica, mentre oggi non si può nemmeno contestare la nuova metrica del lavoro.
Marchionne dice: se tre operai di Melfi bloccano gli stabilimenti, questa è anarchia.
Parla di una situazione che non esiste. C”è una sentenza di un tribunale secondo cui quanto imputato ai tre operai in realtà non è avvenuto. Gli scioperi esistono da sempre per bloccare la produzione. Ma non c”è stato alcun boicottaggio. E comunque Melfi è uno dei dieci stabilimenti al mondo con la produttività più elevata.
La Cisl di Bonanni rilancia, proponendo a Marchionne di dividere gli utili anche con i lavoratori.
Il problema vero è aumentare gli stipendi e garantire l”occupazione negli stabilimenti. A prestazione certa deve corrispondere un salario certo che riconosca la fatica e il contributo dei lavoratori.
Chiedete ancora lo sciopero generale?
Riuniremo il Comitato centrale l”8 novembre per dare continuità alla manifestazione del 16 ottobre. Ci impegniamo a realizzare al meglio la manifestazione della Cgil del 27 novembre ma lo sciopero generale va convocato entro l”anno.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano
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