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di Marino Badiale* – Megachip.
Nei giorni scorsi «la Repubblica» ha pubblicato la lettera di un”insegnante precaria, Olga Ravelli. La lettera racconta sul nostro paese cose più importanti di quelle che di norma trovate nei giornali e nelle televisioni. Racconta la delusione di chi ha studiato e si trova a quarant”anni precaria a 1250 euro al mese quando va bene. Racconta di come ci si senta presi in giro da un paese che sembra non dare nessun valore al proprio lavoro, di come sia difficile in questa situazione spiegare ai ragazzi che è bene studiare, di come nasca, nell”animo di persone nella sua situazione, un senso di distacco nei confronti del proprio paese.
Olga Ravelli parla della scuola, perché è quello il suo lavoro. E ci sarebbero naturalmente molte cose da dire su come è stata distrutta la scuola italiana, perché e da chi. Su come questa distruzione sia stata nascosta sotto il nome, un tempo nobile, di “riforma”. Cose peraltro raccontate da molti. Ma ci sembra che la lettera di Olga Ravelli spinga a considerazioni più generali.
Perché non è solo il suo lavoro, a valere zero. Trent”anni di “riforme” in tutti i campi hanno reso uguale a zero il valore del lavoro di tutti.
Tutti, s”intende, tranne i pochi privilegiati ai livelli alti della società , quei privilegiati che spesso ci sorridono dagli schermi televisivi, dai giornali e dalle riviste. Per tutti gli altri, per tutti noi, le cose sono diverse. Il destino che ci è stato creato è quello che descrive Olga Ravelli. Fatica di vivere, insensatezza del lavoro, perdita di ogni senso di appartenenza alla nazione. È inevitabile che sia così. Perché, grazie a trent”anni di “riforme” neoliberiste, lo Stato è tornato ad essere il guardiano degli interessi di pochi privilegiati, mentre il Mercato è rimasto quello che è sempre stato, un luogo in cui si creano e si accentuano le disuguaglianze, un luogo in cui i forti si concedono la libertà di competere con i deboli, un luogo che crea miserie e infelicità , che verranno accentuate dall”attuale crisi economica e da quelle future.
Un paese che non ha altro da offrire che questo Stato e questo Mercato, è un paese destinato alla rovina. Mentre un ceto politico irresponsabile e criminale, che riesce a creare solo apparenze, festeggia a modo suo i 150 anni dell”Unità d”Italia, la lettera di Olga Ravelli ci dice che il processo di dissoluzione del paese è ormai ad uno stadio avanzato. Questo paese è tenuto assieme con lo sputo. E con giochi, apparenze e lustrini.
Possiamo uscirne solo se capiamo che i problemi di ciascuno sono i problemi di tutti. Il macigno che schiaccia la vita di Olga Ravelli è lo stesso che schiaccia gli operai di Mirafiori e di Pomigliano, i precari di tutta l”Italia, i cittadini della Campania avvelenati dalla camorra e dalla spazzatura. È il macigno di un sistema economico e sociale che distrugge natura, società , relazioni umane. È il macigno di un ceto dominante (politico, economico, giornalistico) unicamente dedito alla salvaguardia dei propri privilegi. Olga Ravelli non potrà mai farcela da sola contro tutto questo. Ma nemmeno gli operai Fiat potranno farcela da soli. Nessuno di noi può.
Per parafrasare ciò che scrissero una volta i ragazzi della scuola di Barbiana, questi sono i problemi di tutti noi. Affrontarli da soli è la disperazione. Affrontarli assieme è la politica. Cambiare assieme il paese, è la rivoluzione.
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* Marino Badiale – Segretario Politico di Alternativa
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