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Expo 2015: il "modello Milano"

Dal "modello Marchionne" al "modello Milano": il lavoro sotto attacco. [Anna Lami]

Expo 2015: il "modello Milano"
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24 Luglio 2013 - 21.24


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di Anna Lami

Dopo il “modello Marchionne” arriva il “modello Milano”. Nello stesso giorno in cui vengono rese note le motivazioni per cui lo scorso 3 luglio la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, questione sollevata dalla contrapposizione giudiziaria Fiat-Fiom, è stato siglato l’accordo tra la società Expo spa e sindacati confederali che disciplinerà le modalità di assunzione e di impiego del personale durante l’esposizione universale. C’è dunque poco da festeggiare per i lavoratori di tutto il paese. Salutata come “primo passo” che contiene “buone idee” dal ministro del lavoro Giovannini, addirittura proposta come modello da adottare su scala nazionale dal premier Letta, presentata come “passo positivo” dalla segreteria Cgil, l’intesa raggiunta rappresenta un nuovo cavallo di Troia nella direzione della completa precarizzazione dei rapporti lavorativi in Italia. Guardiamola brevemente:

“La realizzazione dell’Evento espositivo può rappresentare un’importante opportunità occupazionale, anche tenuto conto della grave situazione di crisi del Paese, sia verso giovani alla ricerca di una prima esperienza che a favore di persone espulse dal ciclo produttivo.” Si può leggere nel testo dell’accordo.

Detto fatto, ecco sul piatto “la grande opportunità occupazionale” esaltata nientemeno che dal Presidente della Repubblica Napolitano. Stage a 516 euro al mese, tirocini per imparare nuove figure professionali quali “operatore grandi eventi”, “specialista gestione grandi eventi”, “tecnico dei sistemi di gestione grandi eventi” e, dulcis in fundo, volontariato di massa. Ma saranno solo in circa 800 a godere del “privilegio” di essere assunti come stagisti (195 lavoratori stimati), tirocinanti (340) o con contratto a tempo determinato (300). Dato largamente omesso dalla gran parte dei mezzi di informazione, infatti, l’Expo 2015 si avvarrà delle prestazioni di altre migliaia di persone inquadrate nella categoria dei “volontari” che si alterneranno, in circa 475 al giorno per due settimane cadauno, per tutta la durata dell’evento, principalmente con mansioni di ausilio ai visitatori. A titolo gratuito.

Sono infatti stati stimati in 18.500 i lavoratori per cui è previsto solo ed eventualmente il rimborso spese. Non è difficile prevedere che i “volontari” che dovrebbero collaborare con l’esclusivo scopo di “partecipazione, solidarietà e pluralismo” saranno in realtà giovani ricattati dalla disoccupazione dalla speranza di lasciare qualche curriculum vitae alle imprese. E si occuperanno, per esempio, di “indirizzamento delle persone verso le biglietterie”, “primo orientamento del visitatore”, supporto linguistico ai visitatori, “supporto nella facilitazione degli afflussi e dei deflussi all’interno delle aree di visita del sito espositivo”. Più che la volontà di “coinvolgere la società civile”, come scritto nel testo dell’accordo, si è palesata la volontà di ridurre all’osso le assunzioni, seppur temporanee.

Dunque l’Esposizione Universale sarà volano, più che per il rilancio dell’economia, per l’ulteriore precarizzazione dei rapporti lavorativi in tutta la penisola. Lo dice bene Davide Colombo dalle colonne del Sole 24 Ore:

“il modello di Milano ha aperto il sentiero, ora sta alle parti seguirlo senza perdersi per strada. (..)“ perché, prosegue Colombo, “(..) vale ribadire che il lavoro possibile, dopo la recessione peggiore del secolo, ha bisogno di pragmatismo, innovazione, sperimentazione e fiducia reciproca tra gli attori che operano sul mercato. Ecco il sentiero giusto da seguire, quello del modello Milano”.

Pragmatismo ed innovazione che diventano sinonimi di lavoro gratis.

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