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Da Roosevelt a Renzi, dal lavoro utile al lavoratore azzerato

Era uno dei principali obiettivi della UE sin dall’inizio e ci sono arrivati: La morte bianca dell’utilità del lavoro. E quel video di Roosevelt, invece... [Deanna Pala]

Da Roosevelt a Renzi, dal lavoro utile al lavoratore azzerato
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23 Settembre 2014 - 20.29


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di Deanna Pala.

Era uno dei principali obiettivi sin
dall’inizio e ci sono arrivati, forse un po’ in ritardo rispetto ai
tempi che si erano prefissati, ma ci sono arrivati
.
Chi ha capito il
progetto dell’Unione Europea sa che le riforme del mercato del lavoro
rappresentano lo strumento per ampliare la massa dei precari disposti a
tutto e che, seppure con salari bassi e privi di risparmi, saranno
costretti a comprare quei servizi essenziali (sanità, acqua, educazione,
ecc.) che nel frattempo verranno privatizzati.


Noi tutti lo abbiamo capito da tempo, forse ora anche il sindacato?

In realtà anche il sindacato lo aveva capito da tempo solo che ora gli è
impossibile girare la testa dall’altra parte.


In diversi lavori la MMT ha spiegato perché la linea di intervento
“per superare la crisi bisogna lavorare sul lato dell’offerta” è sbagliata, perché il presupposto “per crescere uno Stato deve avere i conti a posto” è in realtà una superstizione e perché il modello export oriented a cui tende l’UE è folle.

Le riforme del mercato del lavoro hanno un impatto negativo sulla
dinamica occupazionale ma anche un effetto disastroso da un punto di
vista psicologico sul sentimento del lavoro di chi continuerà a
lavorare. Chi come me viene dalle scienze sociali sta assistendo ad uno
stravolgimento tale che potremmo anche chiamarlo la cancellazione  del sentimento e della cultura del lavoro. È come una malattia e si manifesta tramite una serie di sintomi:

  • la destabilizzazione. Il continuo dibattito sul
    mercato del lavoro serve a veicolare il messaggio “nessuno si senta più
    al sicuro”
    ; in questo senso l’abolizione dell’art. 18 è simbolico per
    l’UE nel senso che è il simbolo giusto tramite cui mandare questo
    messaggio.
  • la fine dei valori del lavoro, cioè quel valore
    personale che una lavoratore cerca nel lavoro e che è alla base della
    sua soddisfazione (sentirsi utile oppure fare carriera o lavorare in un
    bell’ambiente, ecc.).  La cultura dell’austerità cancella la scelta e il
    desiderio nel lavoro: “è tanto se lo hai, UN lavoro” –  ti viene detto – “non puoi pretendere che sia IL lavoro che vorresti”.
    Per chi ha si ostina ad avere questo desiderio (meglio definito come
    PRETESA) è prevista la fustigazione, per chi non ha più questa pretesa è
    prevista la frustrazione. 
  • La morte bianca dell’utilità del lavoro: è stato
    ucciso l’orgoglio del fare un lavoro utile che proviene anche dal fatto
    che gli altri lo riconoscano come un lavoro utile (produzione,
    insegnamento, il lavoro delle forze dell’ordine, ecc.) che poi era
    l’essenza del “mestiere”. Ma per lo Stato sotto scacco dei mercati
    finanziari garantire un lavoro non è più una priorità, figurarsi se si
    pone il problema di far fare cose utili alla collettività tanto il PIL è
    dato anche dalle attività illecite. Con la riforma degli ammortizzatori
    sociali quei lavoratori in cassa integrazione prima orgogliosi di aver
    fatto il PIL della nazione saranno costretti a accettare il primo lavoro utile proposto dalle agenzia di collocamento, cioè il primo che ti viene offerto, pena la fine del sussidio.  Vedere oggi questo discorso di Roosevelt che parla del diritto delle persone ad avere un lavoro utile Ã¨ come assistere a un documentario sul pianeta Marte. 

In un contesto in cui aumentano le famiglie povere, difendere il diritto a esprimersi tramite il lavoro, per le proprie capacità e aspirazioni, è etichettato dalla cultura della scarsità come un’assurda pretesa  ma a ben guardare così si sta demolendo un altro pezzo della civiltà europea, quella della cultura del lavoro.

L’austerità si porta dietro l’azzeramento della soggettività al lavoro cioè quel mondo di sentimenti e di relazioni che rendevano il lavoro una parte importante della vita delle persone (le relazioni con gli altri, le aspettative, le gratificazioni e delusioni).

Vale solo quanto sei disposto a fare un lavoro per un costo minore degli altri, a prescindere da quello che sei. E allora, scienziati sociali, psicologi del lavoro, sociologi, e così via: è o non è anche nostra la battaglia contro l’austerità?

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