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Desaparecidos, chiesa, e libero pensiero

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24 Marzo 2010 - 11.28


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pio-laghidi Paolo Maccioni.

 

Sono passati 34 anni dal giorno in cui il triumvirato dei vertici militari Videla, Massera, Agosti prese il potere in Argentina con un golpe. Secondo uno studio del consulente Onu Prudencio García, su 30mila desaparecidos della dittatura argentina solo 1800 appartenevano a movimenti guerriglieri: gran parte delle vittime erano studenti, sindacalisti, operai, giornalisti,

 

intellettuali, impiegati, professionisti. Perlopiù giovani.

Con loro pure una numerosa schiera di religiosi: suore e sacerdoti terzomondisti e i vescovi Ponce de León e Angelelli la cui missione era “annunciare l”alleluia ai poveri”.

Le gerarchie ecclesiastiche invece appoggiarono la dittatura. Lo stesso 24 marzo del 1976, a poche ore dal golpe, l”arcivescovo Adolfo Tortolo, presidente della Conferenza episcopale e capo dei cappellani militari, ricevette Videla e Massera (iscritti alla loggia P2) e promise loro il suo pieno appoggio.

Così pure il nunzio apostolico di Buenos Aires, Pio Laghi, che era a conoscenza di tutto quello che accadeva alla Esma, uno degli oltre 600 centri clandestini di detenzione, tortura e sterminio.

Otre a questi fatti noti, come scrisse il giornalista e scrittore Rodolfo Walsh nella celebre “Lettera aperta alla giunta militare”, era nella politica economica che andava ricercata l”origine di un”atrocità ancora maggiore: la condanna di milioni di esseri umani alla miseria pianificata.

All”indomani dell”invio di quella lettera, Walsh cadde in un”imboscata. Pensare è spesso stato ed è tuttora un atto rivoluzionario.

 

Tratto da E Polis, 24 marzo 2010.

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