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I giornalisti combattenti di Bab Amr

I giornalisti combattenti di Bab Amr
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8 Marzo 2012 - 00.41


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giornalismoguerL”Emirato islamico indipendente di Bab Amr (Prima Parte)

di Thierry Meyssan – Rete Voltaire (con nota di Pino Cabras in coda all”articolo).


La repressione di Bab Amr è la più grande finzione politica dai tempi dell”11 settembre?

Questo è quanto intende provare Thierry Meyssan in una narrazione esclusiva che la Rete Voltaire pubblica a puntate.

In questo primo episodio, Meyssan ritorna sulla presunta evasione dei giornalisti occidentali e indica il fatto che alcuni di loro facevano parte dell”esercito “siriano” libero.

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Foto satellitare dell”Emirato islamico indipendente di Bab Amr. La stampa atlantista interpreta il fumo che si solleva sopra il quartiere come una prova di bombardamenti.

 

Gli Stati membri della NATO e del CCG non sono riusciti a lanciare un attacco convenzionale contro la Siria. Tuttavia l”hanno preparato, per dieci mesi, attraverso la conduzione di una guerra a bassa intensità abbinata a una guerra economica e mediatica. La città di Homs è diventata il simbolo di questo scontro. L”esercito “siriano” libero ha invaso i quartieri di Bab Amr e di Inchaat e vi ha proclamato un emirato islamico, che ci offre uno scorcio sul suo progetto politico.


Con il sostegno della Russia – tuttora traumatizzata dall”esperienza dell”Emirato islamico di Ichkeria – nonché della Cina, preoccupate di vedere il governo di Damasco proteggere i suoi cittadini, l”Esercito Nazionale della Siria ha dato l”assalto in data 9 febbraio, una volta esauriti tutti i tentativi di mediazione. L”esercito “siriano” libero, sconfitto, si è trincerato ben presto in una zona di circa 40 ettari, immediatamente attaccata dalle forze lealiste, che via via si restringeva e finiva per cadere il 1° marzo. Per vendicarsi, gli ultimi elementi armati dell”Emirato hanno massacrato i cristiani in due villaggi che hanno attraversato, prima di trovare rifugio in Libano.


Durante questo periodo, i grandi media sono stati utilizzati per mascherare la realtà sordida e crudele di questo Emirato e sostituirla con una finzione sulla rivoluzione e la repressione. Una cura particolare è stata usata per far credere che migliaia di civili fossero bombardati dall”artiglieria, o dall”aviazione, siriana. Nel cuore di questo sistema di propaganda, vi era un Centro stampa utilizzato dai canali satellitari della Coalizione: al-Jazeera (Qatar), al-Arabiya (Arabia Saudita), France24 (Francia), BBC (Regno Unito) e CNN (Stati Uniti) e coordinato da giornalisti israeliani.


L”opinione pubblica, sia in Occidente sia nel Golfo, può legittimamente domandarsi chi dica il vero tra la versione dell”Organizzazione del Trattato Nord Atlantico e del Consiglio di cooperazione del Golfo da un lato, e quella dell”Organizzazione della Cooperazione di Shanghai, dall”altro. Tenteremo di offrirle elementi decisivi per distinguere e stabilire la verità. Ci baseremo sui video trasmessi dai canali televisivi occidentali e del Golfo, le testimonianze dei sopravvissuti raccolte dall”ufficio della Rete Voltaire in Siria, nonché sui documenti scoperti nel centro stampa dell”Emirato.

 

 

Il doppio gioco dei reporter occidentali

Alcuni giornalisti occidentali intrappolati nell”emirato hanno lanciato delle richieste di soccorso in Rete. Due di loro appaiono feriti, il terzo pare in buona salute. I loro governi hanno fatto della loro evacuazione una questione di principio. La Francia ha delegato un funzionario per negoziare con i ribelli. Diversi altri Stati – specialmente la Russia – ansiosi di far abbassare la tensione nel Levante, hanno offerto i loro buoni uffici.


Io ho partecipato a questo sforzo collettivo. In effetti, una giornalista francese aveva rifiutato una prima opportunità di allontanarsi con la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa siriana. Sospettando una trappola, non aveva afferrato la mano che le veniva tesa. La mia missione aveva due aspetti. Per cominciare, prendere contatto con i miei compatrioti, per informarli circa la situazione politica e militare, e facilitare la loro consegna a un funzionario francese che li mettesse sotto la protezione diplomatica. Poi, dovevo riferire a coloro che operano per la pace in questa regione l”esatto svolgersi degli eventi e valutare la buona volontà dei protagonisti.


Come sappiamo, le trattative sono fallite. I delegati dei servizi di intelligence dei diversi Stati coinvolti hanno potuto constatare che le autorità siriane e le agenzie umanitarie avevano fatto il possibile, e che il blocco era imputabile esclusivamente all”esercito “siriano” libero.

Quale non è stata dunque la sorpresa, reale o finta, per i diversi negoziatori, sapere all”improvviso che i tre giornalisti che avevamo cercato di tirar fuori da Homs, oltre a un quarto che non aveva desiderato il nostro aiuto, avevano attraversato le linee dell”esercito siriano libero e quelle dell”Esercito Nazionale, per andarsene con i propri mezzi in Libano.


Dopo un istante di confusione e dopo aver verificato che le iniziative parallele della Russia non fossero avanzate più delle nostre, abbiamo dovuto constatare che un commando armato di una grande nazione occidentale aveva fatto uscire i quattro giornalisti, e forse altre persone, mentre mettevamo inutilmente le nostre vite in pericolo.

In queste circostanze, non ho alcun motivo di tacere i retroscena di questa faccenda.


Escluderò da questo articolo unicamente i riferimenti ai funzionari e alle personalità coinvolte, per preservare la loro capacità di agire per la pace, sebbene il riferire certi dettagli avrebbe avuto un utile valore pedagogico per i nostri lettori.


Non ho dubbi che gli scampati di Bab Amr pubblicheranno la propria versione dei fatti, per rafforzare la propaganda atlantista. Continueranno a mentire come non hanno cessato di mentire. Questa è la ragione per cui ci tengo innanzitutto a testimoniare ciò che ho visto, in modo da evitare che il tessuto della disinformazione venga intrecciato su di noi.


Secondo la versione mediatica attuale, una rivoluzione sarebbe stata brutalmente repressa. Dei giornalisti occidentali, spinti dal loro mero desiderio di informarsi, sarebbero venuti a vedere e a testimoniare. Gli insorti si sarebbero sempre più trincerati nel quartiere di Baba Amr, dove sarebbero sopravvissuti per tre settimane sotto un diluvio di fuoco. Il loro centro stampa sarebbe stato bombardato con dei GRAD, o “organi di Stalin”, mercoledì 22 febbraio 2012. Nel corso di questo bombardamento, Marie Colvin (Sunday Times) e Remi Ochlik (Press IP3) sarebbero stati uccisi, mentre Edith Bouvier (Le Figaro Magazine) e Paul Conroy (Sunday Times) sarebbero rimasti feriti. William Daniels (ex Figaro Magazine e Time Magazine), sarebbero rimasti con loro, mentre Javier Espinosa (El Mundo) si sarebbe separato dal gruppo.


I sopravvissuti hanno postato quattro video sulla rete che ci raccontano una storia stranissima.

 

 

La morte di Marie Colvin e di Rémi Ochlik

La morte di Marie Colvin e Rémi Ochlik ci è nota tramite un video fornito dall”esercito “siriano” libero. I loro corpi sono stati trovati dopo la caduta dell”Emirato e sono stati identificati dagli ambasciatori di Francia e Polonia (in rappresentanza del suo omologo statunitense).

 

http://www.youtube.com/watch?v=_16WdyJya7o

 

Marie Colvin era nota per il suo abbigliamento chic e il contrasto, su cui giocava, tra la finezza dei suoi abiti femminili e la durezza della benda che copriva il suo occhio perduto. Il video, nel quale vediamo solo di schiena i due corpi che giacciono a terra, è autentico ed è stato convalidato da diversi media che l”hanno mandato in onda. I due giornalisti appaiono in tenuta da combattimento. Converrebbe domandarsi perché questo dettaglio – che contravviene sul campo di battaglia allo status di non-combattente dei giornalisti – non abbia sollevato interrogativi al pubblico, o commenti indignati dei colleghi.

 

I feriti Edith Bouvier e Paul Conroy al presidio ospedaliero

Sul secondo video, il rappresentante della Mezzaluna Rossa siriana negli Emirati, il dottor Ali, un dentista nel quartiere che si è dedicato con coraggio ai feriti, presenta Edith Bouvier e Paul Conroy sdraiati su dei lettini in quel che sembra essere una sorta di presidio ospedaliero. Poi, un soldato dell”esercito “siriano” libero che si fa chiamare “Dottor Mohammed”, con addosso un grembiule blu e uno stetoscopio, pronuncia un commento rivoluzionario.

http://www.youtube.com/watch?v=E_kbSJ_H_Yo

 

Tre elementi devono essere notati:

  • Edith Bouvier rifiuta di declinare la sua identità, che è comunque rivelata al pubblico, e cerca di nascondere il viso.
  • Paul Conroy rotea gli occhi in modo ansioso e con disapprovazione.
  • Il”Dottor Mohammed” è una star dei video dell”opposizione siriana. Recita la parte di medico rivoluzionario. Parla con un linguaggio approssimativo, senza vocaboli medici, ma con riferimenti salafiti.

Tutto ciò lascia ritenere che “Dottor Mohammed” abbia approfittato della situazione per far partecipare il medico della Croce Rossa e i due giornalisti a una piccola messa in scena, volta a drammatizzare scandalosamente la situazione.


 

Nuovo messaggio di Paul Conroy dalla sua stanza

In un terzo video, il fotografo britannico Paul Conroy è in un angolo, sdraiato su un divano, dopo aver ricevuto delle cure. Domanda aiuto. Si impegna a specificare che è un invitato e non un prigioniero.

 

http://www.youtube.com/watch?v=odi7qldWEqw.

Sembra a disagio come l”altra volta, e evita di dare indicazioni al pubblico. Chiede alle “agenzie globali” di intervenire perché «lavorano per gli stessi obiettivi sul terreno». Quali sono queste “agenzie globali” che avrebbero il potere di evacuarlo dall”Emirato? Non può trattarsi che di agenzie pubbliche, sia intergovernative come quelle delle Nazioni Unite, o nazionali come le agenzie di intelligence. Che significa «lavorare per gli stessi obiettivi sul terreno»? Non può fare riferimento a un”attività delle Nazioni Unite, dal momento che non hanno come vocazione fare giornalismo. L”unica interpretazione possibile è che si rivolge alle cosiddette agenzie di intelligence alleate, suggerendo la sua appartenenza a un”agenzia di intelligence britannica.


A differenza di Marie Colvin, che lui accompagnava come fotografo per i suoi reportages sul Sunday Times, Paul Conroy non indossa l”uniforme sul campo di battaglia, ma non ne ha bisogno per identificarsi.


Il “Dottor Mohammed” interviene per metterci da parte della sua diagnosi. Paul Conroy il giorno prima sarebbe stato ferito alla gamba da un missile GRAD. Ci mostra una gamba con una fasciatura immacolata. Nonostante l”estrema gravità della lesione e pur così recente, la gamba non è per nulla tumefatta. “Dottor Mohammed” non usurpa il suo soprannome: senza possedere formazione medica, realizza dei prodigi della medicina.


Alla fine del suo discorso, Paul Conroy aggiunge un messaggio per rassicurare «la sua famiglia e i suoi amici in Inghilterra»: «sto benissimo». Se il senso nascosto è sfuggito al “Dottor Mohammed”, coloro che sanno che Paul Conroy è nordirlandese, non inglese, non avranno impedimenti nel decifrarlo. Il “fotografo” si rivolge alla gerarchia dell”agenzia militare britannica per cui lavora e segnala che questa commedia non deve indurre in errore, lui è in buona salute.

Questa volta è Paul Conroy che sembra utilizzare la messa in scena di “Dottor Mohammed” per inviare il suo messaggio, mentre è immobilizzato per la sua ferita.

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Paul Conroy, con il giubbotto antiproiettile blu, in compagnia dei capi di “al-Qa”ida” in Libia

 

 

Nuovo messaggio di Edith Bouvier e del suo collega

In un quarto video, ripreso e trasmesso lo stesso giorno, Edith Bouvier, sdraiata sul suo letto d”infortunio, chiede aiuto. Chiede: (1) «di stabilire un cessate il fuoco» e (2) «un”autoambulanza che la conduca fino in Libano», in modo che possa essere rapidamente curata.

http://www.youtube.com/watch?v=09lyQ2ehmTg.

 

Poiché i bisogni espressi sono quelli di una tregua per consentire la circolazione di un”autoambulanza e di trasportarla in un ospedale per esservi curata, queste affermazioni sono assolutamente incongrue.

 

(1) Un cessate il fuoco è un accordo per sospendere la totalità delle ostilità tra le parti, durante un negoziato politico, mentre una tregua è l”interruzione dei combattimenti, in una zona determinata e per un periodo determinato, al fine di lasciar passare persone o materiali umanitari.

(2) Inoltre, per essere condotta in Libano è necessaria l”amnistia per il reato di immigrazione clandestina, essendo Edith Bouvier entrata clandestinamente in Siria, a fianco dei ribelli.

È giocoforza constatare che queste due esigenze non sono argomentate, ma corrispondono alla creazione di un “corridoio umanitario”, nel senso inteso dal ministro degli esteri francese Alain Juppé.


Alain Juppé è malauguratamente noto per la sua facilità di invertite i ruoli e per il suo uso dei “corridoi umanitari”. Nel 1994 aveva ottenuto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la risoluzione che autorizzava l”Operazione Turquoise, ossia la creazione di un “corridoio umanitario” che consentisse alla popolazione Hutu del Ruanda di non essere massacrata per vendetta per i crimini commessi dall”Hutu Power principalmente contro la popolazione Tutsi. Oggi sappiamo che questo corridoio non era umanitario. Consentì alla Francia di esfiltrare i genocidi nascosti tra i civili, al fine di evitar loro di dover rispondere dei propri crimini. Alain Juppé cerca questa volta di far esfiltrare i gruppi armati responsabili delle uccisioni in Siria.


Si deve pertanto constatare che Edith Bouvier non esprime necessità personali, ma che le sue richieste corrispondono agli interessi dell”Esercito “siriano” libero, così come li difende la Francia.


Non è sorprendente che la giornalista faccia da portavoce di Alain Juppé. Era stata assunta nel gruppo Le Figaro da Georges Malbrunot. Secondo le autorità siriane, quest”ultimo negli anni ”80 era l”ufficiale di collegamento della DGSE con i Fratelli Musulmani. Fu arrestato ad Hama, poi restituito alle autorità francesi su espressa richiesta del presidente François Mitterrand.


Nella sequenza successiva, “Dottor Mohammed” spiega la situazione, mentre il suo compagno, il fotografo William Daniels (freelance di Le Figaro-Magazine, e poi di Time Magazine) insiste sull”urgenza della situazione. Le dichiarazioni in arabo sono tradotte in inglese da un quarto personaggio che non vediamo sullo schermo. Infine, un quinto partecipante, il giovane Khaled Abu Saleh, offre una conclusione rivoluzionaria al breve filmato.


Mentre nei primi video sia Edith sia Paul si rifiutavano manifestamente di collaborare con “Dottor Mohammed”, questa volta lei gioca il suo ruolo di buon grado.

Il giovane Khaled Abu Saleh è il capo del Centro stampa dell”esercito “siriano” libero.


Secondo i giornalisti che hanno usato questa installazione, il Centro, pur situato in un edificio in rovina, è stato dotato nondimeno di tutto il materiale hi-tech necessario. I giornalisti potevano farvi i loro montaggi, e disponevano delle apparecchiature satellitari per le trasmissioni in diretta. Alcuni ironizzavano nel confrontare il livello informatico del Centro con quello dell”Esercito nazionale siriano, che continua a utilizzare sistemi di trasmissione arcaici.


Non disponiamo di informazioni sui generosi sponsor che hanno fornito questa installazione all”ultimo grido. Ma disponiamo di un”indicazione quando ci interessiamo delle attività professionali di Khaled Abu Saleh. Il giovane rivoluzionario è lui stesso un giornalista. È corrispondente permanente di al-Jazeera, la quale pubblica il suo blog sul suo sito internet, è un freelance di France24, in cui appare come collaboratore della rubrica “Les Observateurs”. Ora, questi due canali televisivi satellitari costituiscono l”avanguardia della propaganda della NATO e del CCG, intesa a giustificare il cambiamento di regime in Siria, come hanno fatto per giustificarne uno in Libia.


A titolo di esempio della deontologia della rete pubblica francese, il 7 giugno 2011, France24 trasmetteva in diretta un intervento telefonico emozionante dell”ambasciatrice di Siria in Francia, Lamia Shakkour, annunciando le sue dimissioni in segno di protesta contro i massacri nel suo paese. Immediatamente la macchina diplomatica francese metteva sotto pressione gli ambasciatori della Siria in tutto il mondo, affinché seguissero questo bell”esempio. Ahinoi! Benché Renée Kaplan, la vicedirettrice della redazione di France24, avesse giurato che la voce trasmessa fosse quella dell”ambasciatrice, che conosceva bene, in realtà era quella della moglie del giornalista Fahd al-Argha al-Masri. Fu un”intossicazione duratura [1].


Su impulso di Alain de Pouzilhac e Christine Ockrent-Kouchner, France 24 e RFI hanno cessato di essere degli organi d”informazione, per diventare strumenti del complesso militare-diplomatico francese. Così, il 5 luglio 2011, Alain de Pouzilhac, come amministratore delegato di Audiovisuel extérieur de la France (AEF), firmava un memorandum d”intesa con Mahmoud Shammam, ministro dell”informazione dei ribelli libici. Si impegnava a creare dei media anti-Gheddafi e a formare il personale necessario per facilitare il rovesciamento della “Guida” libica.

L”annuncio suscitò le ire dei giornalisti di France24 e RFI, furibondi per essere stati strumentalizzati in questa impresa propagandistica. Tutto lascia pensare che disposizioni analoghe siano state prese per incoraggiare il “giornalismo civico” dei “rivoluzionari siriani”.

Se questo è il caso, il ruolo di Khaled Abu Saleh non si limita alle corrispondenze e le collaborazioni, ma è un attore chiave della produzione di informazioni false per conto del complesso militare-diplomatico della Francia.


In precedenza, Edith Bouvier era restia alla messa in scena. Invece, stavolta, collabora con il suo collega di France24 e registra una richiesta d”aiuto volta a manipolare la compassione degli spettatori, per giustificare la messa in atto di un “corridoio umanitario”, come quello di cui Alain Juppé ha bisogno per evacuare i mercenari dell”esercito “siriano” libero e i loro consiglieri occidentali.

 

 

Prime conclusioni

In questa fase dello studio dei video ho fatto diverse ipotesi.

La squadra del Sunday Times (Mary Colvin e Paul Conroy), lavorava per l”MI6, mentre l”inviata de Le Figaro Magazine (Édith Bouvier) lavorava per la DGSE.

– Il “Dottor Mohammed” ha approfittato del fatto che i giornalisti fossero costretti a letto per registrare due video ulteriori, ma Paul Conroy ha colto l”occasione per inviare un messaggio di soccorso agli alleati.

In definitiva, il reporter di France24, Abou Khaled Saleh, ha messo in scena la rivendicazione di Alain Juppé.

 

 

Fallimento dei negoziati o cambiamento dei negoziati?

Nel corso dei negoziati, ho potuto apportare varie chiarificazioni che sono state prese in considerazione. Ma ogni volta che ho citato le osservazioni di cui sopra, mi è stato detto che questo non era il momento. Sembrava che l”esercito “siriano” libero si rifiutasse di lasciare uscire i giornalisti.  L”urgenza era di salvarli. Ci si occuperà più avanti del loro vero status.

 

Sabato 25 sera, i negoziati fallivano. Per ripristinare il contatto con i takfiristi, i siriani cercavano uno sceicco moderato con cui accettassero di parlare, ma tutti i religiosi contattati si ritiravano uno dopo l”altro, per paura delle conseguenze. Occorreva forse bivaccare sul posto per riprendere i colloqui quando uno sceicco si fosse presentato? O bisognava rientrare a Damasco per riposarsi al sicuro?

In definitiva fu dalle autorità militari siriane che venne la risposta. Siamo stati invitati a rientrare e ci sarebbe stato notificato quando una nuova opportunità di negoziato sarebbe emersa. Tornando nella capitale, un SMS ci informava che i negoziati erano stati sospesi per 48 ore.

Sospesi non voleva dire che avremmo potuto divertirci domenica e lunedì mentre dei connazionali e dei colleghi erano in pericolo di morte, ma che durante quelle 48 ore un”altra trattativa era in corso. Al momento, ho pensato che il testimone fosse stato raccolto dai nostri amici russi.


Martedì mattina sono stato svegliato da un”amica, reporter di un grande organo d”informazione francese, che mi telefonava per riferirmi dell”arrivo di Paul Conroy, e probabilmente degli altri giornalisti a Beirut. Ero perplesso. Ho svegliato a mia volta un alto funzionario siriano, il quale mi ha manifestato le sue perplessità. Telefonata dopo telefonata, nessuno a Damasco sapeva alcunché, o non ne voleva parlare.

In definitiva, ho scoperto che l”accordo era stato negoziato dal Generale Assef Shawkat con un”alta personalità francese e dei suoi amici, per trovare una soluzione politica a questo pasticcio. Le forze lealiste avevano aperto le loro linee, per lasciare passare di notte i consiglieri militari francesi e i giornalisti verso il Libano. Alle prime ore del giorno, l”esercito “siriano” libero ha scoperto la loro fuga. Rendendosi conto di esser stati abbandonati, i mercenari hanno deciso di arrendersi, abbandonando il loro arsenale, mentre gli islamisti si rifiutavano di trarre le conseguenze. Il Generale Assef Shawkat ha dato l”assalto finale e ha preso l”Emirato in poche ore, liberando dalla tirannia degli islamici i civili che vi erano stati intrappolati.


Dal suo quartier generale all”estero, l”esercito “siriano”libero, ora ridotto a ben poca cosa, annunciava il suo “ritiro strategico”. Dato che la natura ha orrore del vuoto, il Consiglio nazionale siriano, basato anch”esso all”estero, annunciava la creazione di un Comitato militare composto da esperti siriani e soprattutto stranieri. In quattro giorni, la questione militare si è spostata dal campo di battaglia siriano alle comode sale dei grandi alberghi parigini.

 

Continua.

 

 

[1] Cfr. Frédéric Lacastille «L”Ambassadeur de Syrie en France victime d”une tentative de déstabilisation», , InfoSyrie, 7 juin 2011.

Fonte: http://www.voltairenet.org/Les-journalistes-combattants-de.

 

 

Nota di Pino Cabras – Megachip.

Lo sguardo di Meyssan che si posa sul giornalismo occidentale legge quest”ultimo in un modo che sconvolge e scandalizza le nostre abitudini. Utilizza gli stessi nostri linguaggi, ma lo fa per una narrazione diversa, che parte da un punto di osservazione opposto a quello dominante. Da un punto di osservazione “orientale” – ma con spunti narrativi da giornalista occidentale – Meyssan ci svela un semplice dato di fatto che condiziona il rumore di fondo della quasi totalità dell”informazione che racconta il Vicino Oriente: i giornalisti di guerra dei grandi organi di informazione atlantisti e del Golfo sono parte integrante degli apparati che fanno la guerra. Dobbiamo imparare a essere realisti per non farci imbambolare dall”immagine romantica e individualista di giornalisti «spinti dal loro mero desiderio di informarsi», e concludere invece che le azioni degli inviati sono inscritte in sistemi di interessi da loro assecondati. Specialmente le grandi Tv satellitari sono altamente integrate nei sistemi di warfare e di intelligence.

Lo stesso Meyssan, su un fronte opposto, esplicita un impegno non soltanto giornalistico, ma di giornalismo e di intelligence a tutto tondo: una visione altra con interessi altri, che infatti viene demonizzata dal nostro sistema mediatico. Prendete Jean-Pierre Perrin, un giornalista di una testata francese largamente diffusa nella gauche, «Libération» (il cui azionista di riferimento appartiene alla stirpe dei Rothschild): a un lettore che gli chiedeva commenti sulle indiscrezioni diffuse dalla Rete Voltaire in merito alle vicende di Homs in Siria, rispondeva sprezzante che non intendeva commentare notizie diffuse «da un ufficio di propaganda pagato dalle dittature più abominevoli».  Inutile chiedere a Perrin se avrebbe applicato lo stesso stigma ad Al Jazeera e Al-Arabiya, sovvenzionate da regimi che non hanno mai organizzato elezioni, o al suo padrone in redazione.

Risultato? Perrin ha bucato le notizie, e senza che lui o il suo giornale ne paghino il prezzo, questo buco è quel che arriva al grande pubblico, assieme alle vergognose manipolazioni di cui riferiamo a parte.

Meyssan ha invece anticipato da settimane l”esito militare e diplomatico della battaglia di Homs, offrendo in termini anche strettamente giornalistici una panoramica più completa, nelle sue linee generali più vicina al reale svolgimento della battaglia condotta nel suolo siriano.

I suoi resoconti e le sue conclusioni sui giornalisti occidentali organici all”intervento militare clandestino in seno alla crisi siriana sono confermati dal colpo assestato in questi giorni alla credibilità delle corrispondenze dalla Siria, un colpo derivante dalla scoperta dei video manipolati, nei quali compare ovunque una compagnia di giro di falsi reporter (vedi “Come Avaaz sponsorizza la propaganda di guerra”) integrati nell”Esercito Siriano Libero.



 

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